POLITICA MONETARIA

Bce, Draghi pronto ad annunciare tempi e modalità di riduzione del Qe

di Riccardo Sorrentino

(EPA)

3' di lettura

È probabilmente il momento giusto. Nella sua riunione di ottobre, il board della Bce potrebbe davvero dare le attese indicazioni sul futuro del quantitative easing (qe) nel 2018. Non soltanto perché mancano due mesi alla scadenza di dicembre, quando finirà l’attuale fase che prevede acquisti di titoli per 60 miliardi sino a fine anno; ma anche perché le incertezze che i banchieri centrali nutrivano fino a settembre sembrano svuotarsi.

EURO PIÙ STABILE

Fonte: Bce

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Il rialzo dell’euro si è fermato. Non c’è alcun bisogno quindi di contrastare il temuto conseguente irrigidimento delle condizioni monetarie e finanziarie. Il cambio effettivo in questa ultima fase sembra essersi stabilizzato intorno alla media di lungo periodo (1999-2017) e almeno al momento non dà segnali di voler salire ancora.
La Federal reserve, che “governa” i tassi del secondo partner commerciale di Eurolandia (il primo è la Cina) e della principale valuta internazionali, manifesta incertezze crescenti sulla diagnosi dell’economia, ma non certo sul percorso del rialzo, che – almeno per il breve termine – non è stato corretto e dovrebbe sostenere il dollaro.

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LA CURVA DEI RENDIMENTI SPOT-BREVE TERMINE

Fonte: Bce

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Allargando lo sguardo alla curva dei rendimenti, anche in questo caso non emerge alcun irrigidimento. Anzi la curva è apparsa piuttosto stabile in questi mesi in cui la ripresa di Eurolandia si è consolidata a ritmi relativamente robusti; e nel breve termine si assiste a una moderata “inversione”: i tassi a un anno – interessati, per la componente corporate, direttamente dal qe – sono più bassi, per esempio, di quelli a tre mesi.
In circostanze normali questa inversione potrebbe non essere un buon segno, ma oggi la politica monetaria incide molto sui rendimenti. La Banca centrale europea nega che la sua strategia – tassi negativi e acquisti di titoli – crei una forma di repressione finanziaria (sui rendimenti), ma qualche dubbio può venire in questa fase in cui l’inflazione - che in teoria dovrebbe compensare la “spinta” della politica monetaria -non risponde in modo sufficiente allo stimolo ricevuto.

L’INFLAZIONE IN EUROLANDIA

Fonte: Eurostat

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È tempo – d’altra parte – che gli investitori sappiano cosa accadrà da gennaio in poi. Le attese si concentrano quindi tutte sulla forward guidance della banca centrale, l’indicazione sulle possibili mosse future della banca centrale. Per quanto riguarda il qe è ampiamente prevista una riduzione degli acquisti e si parla dunque di tapering, ma è molto probabile che il rallentamento sarà piuttosto graduale, almeno in una prima fase.
L’inflazione però non dà ancora segnali chiari di voler salire, ed è possibile che siano altre considerazioni – per esempio una forma di risk management, in questo caso relativo al rischio di inflazione finanziaria – a guidare la Bce. Nelle sue dichiarazioni ufficiali, il board della Bce continua a puntare tutto sulla possibilità che la crescita e la conseguente riduzione della disoccupazione creino un po’ più di inflazione.

UNA RELAZIONE AFFIDABILE?

Rapporto tra disoccupazione e inflazione

UNA RELAZIONE AFFIDABILE?

La relazione tra mercato del lavoro e prezzi è elusiva, molto variabile nel tempo ma nel breve termine può mostrare qualche stabilità: dal 2015 è appare anzi piuttosto forte, persino troppo ripida per poter davvero durare. La speranza però è che le aspettative – ben più importanti della disoccupazione nel definire l'inflazione - e le conseguenti rivendicazioni salariali si adeguino progressivamente alle spinte dell'economia reale e rendano la dinamica dei prezzi un po’ più sostenuta.

COSA ACCADE AI PRESTITI ALLE AZIENDE?

Dati in milioni di euro (Fonte: Bce)

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È quindi molto probabile che la Bce si attenga a quel criterio di “prudenza” che ha posto al centro della sua attuale strategia. Anche perché i prestiti alle aziende non sembrano aver reagito con la dovuta forza allo stimolo ricevuto. Al di là delle variazioni stagionali – ad agosto il totale è stato il più basso dall'avvio del quantitative easing, se si esclude dicembre 2015 – i crediti sembrano restare stabili attorno ai 4.300 miliardi di euro senza mostrare trend al rialzo (fenomeno dal quale, però, è possibile ipotizzare che non esiste relazione tra prestiti e qe).
È probabile quindi che gli acquisti scendano verso i 40 miliardi al mese, livello dal quale potrebbero tornare verso l’alto senza troppi strappi nel caso in cui la Bce intravvedesse un peggioramento della situazione. Molti analisti pensano che la nuova fase possa durare sei mesi, per poi passare al vero tapering e all'azzeramento del qe entro fine 2018.

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