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Bce: «Più investimenti green danno maggiore stabilità finanziaria»

I risultati del secondo stress test climatico condotto da Francoforte: il rischio di credito peggiora e la probabilità di default aumenta tanto più la transizione verde viene rallentata e rinviata

di Isabella Bufacchi

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3' di lettura

Agire immediatamente, non posticipare ma anticipare e accelerare gli investimenti nella transizione verde e nelle energie rinnovabili, mirare con più ambizione agli obiettivi dell’accordo di Parigi e alla neutralità climatica: solo così si aumenterà la stabilità finanziaria, si ridurranno i costi a medio termine e si abbasseranno i rischi fisici, per imprese, famiglie, banche e investitori istituzionali. È questa la conclusione del secondo stress test climatico di rilevanza macroeconomica, senza finalità dirette per la vigilanza bancaria, condotto dalla Bce e focalizzato sul rischio di transizione verde nell’arco dei prossimi otto anni.

Il rapporto

Il rapporto, pubblicato mercoledì e rafforzato da un blog a firma del vicepresidente della Bce Luis de Guindos, analizza per la prima volta con un approccio “top-down” tre scenari focalizzati sulla sola transizione verde (accelerata, differita e ritardata) e i loro impatti sulle famiglie (principalmente mutui ipotecari residenziali), sulle imprese (prestiti e debiti nei vari settori industriali), sulle banche e sugli investitori istituzionali (principalmente spread e portafogli a reddito fisso). Il rischio di credito peggiora e la probabilità di default aumenta tanto più la transizione verde viene rallentata e rinviata: anche se nel caso della transizione accelerata imprese e famiglie devono far fronte a costi maggiori immediati perché anticipati.

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«Dobbiamo raggiungere la neutralità carbonica per evitare rischi esistenziali alla natura, alle persone, alle nostre economie», sollecita de Guindos nel blog. «Procrastinare può essere più facile e meno costoso nell’immediato, ma significa che pagheremo di più dopo».

Investimenti tra 2.500 e 3.200 miliardi

La Bce con questo rapporto indica chiaramente i vantaggi di una transizione più rapida verso un’economia a zero emissioni, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e gli svantaggi di una transizione meno incisiva, più lenta e più lunga. Il punto di partenza è comunque dato dalle cifre esorbitanti dei costi della transizione: gli investimenti verdi nei tre scenari analizzati fluttuano tra 2.500 e 3.200 miliardi di euro nell’arco dei prossimi otto anni. Lo stress test climatico guarda unicamente avanti per stimare costi e rischi in prospettiva in tre differenti scenari.

I tre scenari

La “transizione accelerata” ipotizza un’anticipazione degli interventi, anche in risposta a un rapido e ripido aumento dei prezzi dell’energia. Gli investimenti in energia rinnovabile (2.000 miliardi da parte delle imprese nell’area dell’euro entro il 2025) portano a una riduzione delle emissioni entro il 2030, centrando gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (aumento di +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali). Negli altri due scenari, le attuali condizioni macroeconomiche e geopolitiche portano a un ritardo negli sforzi di transizione verde fino alla fine del 2025: per questa data, sono stimati solo 500 miliardi di investimenti verdi. Nella “transizione differita” cioè con un’accelerazione tardiva, la transizione verde inizia in maniera molto intensa dal 2026 e riesce a centrare gli obiettivi di emissione entro il 2030 con un costo totale di 3.000 miliardi. La “transizione ritardata” inizia nel 2026 come nel secondo scenario ma è più graduale e più lenta e non riesce a raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. E questa alla distanza è la più costosa.

L’impatto sulle banche

Il rischio di credito, il volume delle perdite attese e la probabilità di default aumentano nei tre scenari di transizione, e di conseguenza lievitano anche gli accantonamenti per le banche entro il 2030 (ma a livelli gestibili, non preoccupanti). L’impatto peggiore è nello scenario ritardato, in quanto nello scenario accelerato i benefici della transizione velocizzano anche il miglioramento nel mondo del credito. Il rapporto stima un aumento medio delle perdite attese nel 2030 rispetto al 2022 del 48% nello scenario accelerato, del 78% nello scenario a spinta differita e del 48% nello scenario a transizione ritardata (le perdite attese erano pari allo 0,7% del volume totale dei prestiti nel 2022), un aumento medio delle probabilità di default a livello di debitore tra il 40% e l'80%, e un aumento degli accantonamenti delle banche tra 19 e 61 punti base fino al 2030 solo a causa del rischio di transizione, a seconda dello scenario. Il rapporto evidenzia l’eterogeneità dell’impatto della transizione verde, in quanto alcuni settori saranno più colpiti di altri, come nel caso dell’industria manifatturiera, mineraria ed elettrica.

Questo secondo stress test climatico differisce in maniera sostanziale dal primo che è stato realizzato nel settembre 2021. I due esercizi analizzano tempi diversi (8 anni il secondo, 30 anni il primo), contesto macroeconomico differente (solo il secondo scenario tiene conto dell’impennata dei prezzi dell’energia). Infine il secondo stress analizza il solo rischio di transizione mentre il primo esercizio è stato esteso anche al rischio fisico.

Riproduzione riservata ©
  • Isabella Bufacchivicecaporedattore corrispondente dalla Germania

    Luogo: Francoforte, Germania

    Lingue parlate: inglese, francese, tedesco, spagnolo

    Argomenti: mercato dei capitali, ECB watcher, fixed income e debito, strumenti derivati, Germania

    Premi: Premio Ischia Internazionale di Giornalismo per l’analisi economica, Premio Q8 per giovani giornalisti economici

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