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Bce, la politica della Sibilla e quella del sughero

Esattamente un mese fa la Bce, dividendosi tra falchi in maggioranza e colombe, prendeva la decisione di innalzare per la decima volta i tassi di interesse

di Donato Masciandaro

(Adobe Stock)

3' di lettura

Esattamente un mese fa la Bce, dividendosi tra falchi in maggioranza e colombe, prendeva la decisione di innalzare per la decima volta i tassi di interesse. Oggi, con il dramma per le popolazioni coinvolte, spirano venti di guerra nel Medio Oriente. Il nuovo evento consiglierà la prudenza, che è invece mancata a settembre?

Per comprendere quello che è accaduto nel consiglio della Bce l’ultima volta, è utile leggere il verbale della loro ultima riunione. Con una premessa: quello era il momento di fare il bilancio della svolta di politica monetaria decisa nel luglio 2022.

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La Bce aveva deciso di passare dalla politica di Ulisse alla politica della Sibilla. La politica di Ulisse è quella che ai banchieri centrali è consigliata dalla migliore analisi economica. Nelle economie di mercato, il motore è rappresentato da aspettative di mercati, imprese e famiglie che sono guidate da una banca centrale che svolge la funzione di bussola: annunzia il sentiero futuro dei tassi di interesse, assumendo un doppio impegno. Da un lato mantenere la promessa, dall’altro rivedendola, se la congiuntura economica cambia in maniera rilevante.

La politica di Ulisse è quella seguita dalla Bce durante il mandato di Draghi, e proseguita anche all’inizio del mandato della Lagarde. Ma appunto nel luglio 2022 la Bce compie l’inversione: adotta la politica della Sibilla. L’annunzio viene seguito dal silenzio: la strategia è quella delle decisioni “riunione per riunione”, sulla base dei dati di volta in volta disponibile.

È il pilota che guida guardando esclusivamente nello specchietto retrovisore. La banca centrale si trasforma da bussola in sughero: non guida l’economia, ma va a rimorchio dei mercati finanziari. La fine degli impegni sui tassi viene surrogato da allusioni, con una comunicazione resa vieppiù ambigua dalle dichiarazioni personali dei singoli banchieri, vuoi falchi, vuoi colombe, ed addirittura - è il punto più basso - corvi: dichiarazioni anonime, destabilizzanti.

Un fenomeno intollerabile, che ha finito per costringere la presidente - dicono le cronache - ad inibire la funzionalità dei telefoni durante le riunioni. Il risultato finale è appunto la politica della Sibilla: la Bce deve essere interpretata, con la confusione che ne risulta.

Ad esempio, è lo stesso verbale della Bce che ricorda come alla vigilia della scorsa riunione le aspettative dei mercati sulle decisioni di Francoforte fossero esattamente spaccate a metà: il 53% si attendeva una pausa, il 43% un ulteriore ritocco verso l’alto dei tassi.

Ma soprattutto, i verbali mostrano che la politica della Sibilla non ha funzionato: nonostante i precedenti nove ribassi sui tassi le aspettative sull’inflazione non si sono abbassate, mentre specularmente i rischi di recessione sono aumentati.

È significativo che i verbali inizino proprio con il racconto di cosa pensano i mercati: il sughero racconta cosa le onde gli suggeriscono. Ma nonostante le onde dicano che la politica della Sibilla è fallita, ed una maggioranza, ancorché risicata, delle onde stesse, suggerisca di fermarsi, quel giorno la Bce ha deciso, invece con una maggioranza “solida”, di perseverare.

Perché? Dopo una stretta cumulata di 450 punti base, che non ha prodotto gli effetti sperati, si insiste nella politica della Sibilla perché l’incertezza è ancora alta, soprattutto per nuove pressioni, provenienti dal fronte dei prezzi dell’energia.

La politica del sughero è fallita, ma si persevera, perché c’è incertezza. Ma l’incertezza aumenta, se la Bce continua a fare la Sibilla. Il cortocircuito logico è evidente. La minoranza avrebbe preferito un orientamento più prudente.

Ma a settembre ha vinto l’opportunismo: rialzare ancora i tassi è la scelta meno rischiosa, per un consiglio accusato di aver aspettato troppo, prima di iniziare la fase restrittiva. Il problema ora è che i venti di guerra possono ulteriormente destabilizzare i prezzi dell’energia. Se ciò avvenisse, continueranno ad avere la maggioranza quelli che guidano senza guardar la strada?

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