Bce verso un secondo rialzo da 25 punti base
La stretta incide su tassi e prestiti ma la banca centrale resta preoccupata della politica fiscale e della «gara» tra salari e profitti
di Riccardo Sorrentino
3' di lettura
Troppo presto per fermarsi. Gli analisti si aspettano che la Banca centrale europea aumenti ancora il costo ufficiale del credito, di 25 punti base, nella riunione di giugno, portando il tasso di riferimento al 4% – un livello storicamente non altissimo – lasciandosi ancora mani libere per il futuro. Altri due rialzi, a luglio e settembre, non sono per nulla improbabili. La stessa Bce indica nel suo bollettino che le misure di mercato delle aspettative di inflazione a un anno puntino al 2,2%: i tassi reali nella parte a breve della curva sono quindi vicini all'1,8% ma le aspettative dei consumatori puntano più in alto, al 2,9% per il 2026.
Curva dei rendimenti ancora in rialzo
Anche in Eurolandia i mercati hanno sottovalutato la determinazione della banca centrale a contrastare l'inflazione – hanno immaginato che il rialzo potesse fermarsi presto e pensano ancora che i tagli arriveranno in tempi relativamente rapidi – mentre la politica monetaria sta affrontando rischi divergenti. Le condizioni finanziarie di Eurolandia hanno risposto relativamente bene ai rialzi. I rendimenti continuano a salire, mentre l'inversione delle medie scadenze potrebbe essere un'indicazione della attese di rallentamento dell'economia o, anche, di prossimi, e quasi sicuramente prematuri. tagli dei tassi.
Euro di nuovo in flessione
L'euro – che pesa molto meno sulle condizioni finanziarie – ha ripreso in realtà a perdere terreno e si è allontanato dalla media di lungo periodo che è un indicatore “ingenuo” del valore di equilibrio: un'ulteriore prova di come il cambio non possa essere un obiettivo della politica monetaria, soggetto com'è a molti altri fattori, come le scelte di altre giurisdizioni.
Il rapido rialzo del costo del credito
Il costo del credito è salito rapidamente, anche se resta lontano dai massimi storici di Eurolandia, a fronte di un'inflazione record. In Germania, non a caso in recessione tecnica, è stato ai massimi – rispetto agli altri grandi paesi – per diversi mesi (in passato il record era italiano), ma i tassi del nostro paese, che nel 2022 erano inferiori a quelli delle altre economie, sono saliti molto rapidamente e sono ormai a livelli tedeschi.
Prestiti fermi dopo la flessione
I prestiti alle imprese finanziarie – nel dati non destagionalizzati della Bce – restano quindi sostanzialmente stabili (i numeri sono aggiornati ad aprile) dopo la flessione di dicembre, ma al momento continuano a segnare ritmi di crescita annuali decisamente elevati. Solo dopo agosto potrà essere più chiara la nuova tendenza.
L’accelerazione dei salari negoziati
La politica monetaria sta quindi incidendo sul credito e, per questa via, sugli investimenti, che hanno accusato il colpo nell'ultimo trimestre del 2022 (-0,8% trimestrale), restando poi stabili nel primo del 2023 (+0,1%). A preoccupare la Bce, così come altre banche centrali, è però l'andamento dei salari e, parallelamente dei margini di profitto. I salari negoziati sono in decisa accelerazione e sono saliti nel primo trimestre del 4,3% annuo, ben più dell'inflazione e della produttività. Come avviene spesso, lo hanno dimostrato negli anni scorsi alcune ricerche della Bce, l'inflazione derivante da prezzi energetici determina una sorta di “gara” tra aziende e lavoratori, che cercano di recuperare il terreno perduto, scaricando sui prezzi il loro gioco. Non a caso la Bce “chiede” da tempo una moderazione soprattutto dei profitti (più flessibili dei salari e quindi più in grado di recuperare in futuro). Il rischio di una spirale prezzi-salari-profitti-prezzi è quindi reale e preoccupa la Bce.
Il gioco politico tra falchi e colombe
A complicare le cose, c'è il confronto tra “falchi” e “colombe” che – come sempre – si concentra sul tema della politica fiscali e sugli incentivi e i disincentivi che la politica monetaria può mandare ai governi. Soprattutto in questi mesi, in cui il patto di stabilità è ancora sospeso. È un tema complesso: tassi più alti possono sia spingere i governi a fermarsi, sia ad accelerare le spese pubbliche a sostegno della domanda, con il rischio di generare futuri disavanzi primari e prolungare per questa via l'agonia dell'alta inflazione.
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