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«Now and then», la tecnologia che ha reso possibile l’ultima canzone dei Beatles

Il documentario «The last Beatles song» ricostruisce la genesi della traccia di John Lennon rimasta fuori dalle session di «Anthology», poi recuperata da Paul McCartney e Ringo Starr. Con un piccolo aiuto dell’Ai

di Francesco Prisco

Arriva "Now and then", l'ultima canzone dei Beatles

3' di lettura

In principio fu una musicassetta, sulla quale John aveva buttato giù un melodia con un testo, pianoforte e voce. Poi arrivò l’intelligenza artificiale. La storia di Now and then , l’ormai celeberrima «ultima canzone dei Beatles», può essere in un certo senso intesa come una storia tecnologica della popular music dagli anni Settanta a oggi. È forse questa la chiave di lettura più interessante di Now and then - The last Beatles song, mini documentario di 12 minuti di Oliver Murray che ricostruisce la genesi del singolo in uscita il 2 novembre in formato digitale, il 3 in formato fisico e il 10 in 1967-1970, il «best of» blu dei quattro di Liverpool che sarà ripubblicato assieme al rosso 1962-1966.

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La cassetta di Yoko

Nel film ci sono le voci di Paul, Ringo, George, Sean Lennon e Peter Jackson, regista del video di Now and then, qualche immagine di repertorio inedita e un espediente narrativo che farà impazzire i fan più accaniti: la timeline del Sea of Time che nel cartoon di Yellow Submarine (1968) spostava i Beatles avanti e indietro nel tempo. Stavolta però, siccome parliamo di vita vera, si viaggia solo in avanti: è il 1970 e assistiamo allo scioglimento della band, poi arriva il 1980, perdiamo Lennon e maturiamo la consapevolezza che, rispetto a eventuali fantomatiche ipotesi di reunion della band, a quel punto della storia - dice McCartney - «era davvero finita». O quasi: perché la vedova Yoko Ono negli anni Novanta consegnerà a Macca dei nastri registrati da John intorno alla fine dei Settanta, pezzi appuntati alla sua maniera - ah, quel vecchio vizio beatlesiano di non saper leggere il pentagramma! - che non avevano trovato spazio nell’ultimo Double Fantasy (1980) e rappresentavano, nel bene e nel male, una specie di suo testamento.

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George e Paul nella reunion anni Novanta

Quello che il progetto «Anthology» non riuscì a fare

Nel 1994 McCartney, Harrison e Starr tornano in sala d’incisone per lavorare al progetto The Beatles Anthology: hanno (in cassetta) tre inediti scritti da Lennon da rielaborare, uno per ciascuno dei tre doppi album programmati dal 1995 al 1996. I primi due, Free as a bird e Real love, escono effettivamente su Anthology 1 e 2 ma il terzo non trova spazio su Anthology 3. Motivo: la traccia originale di Now and then è rovinatissima, troppo difficile da ri-contestualizzare nella reunion di Friar Park, considerate le tecniche di registrazione del periodo, meglio abbandonare definitivamente il progetto. O almeno accantonarlo per un po’. Perché passano altri 29 anni, più di quanti ne fossero trascorsi dallo scioglimento dei Fab Four al ritorno in sala d’incisione anni Novanta, cambiano mille altre volte il mondo e la fruizione della musica, muore anche George (2001) ma di certo non l’amore del pubblico per i Beatles. E intanto nascono nuove rivoluzionarie tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa.

La reunion anni Novanta dei Beatles

Con un piccolo aiuto dell’intelligenza artificiale

McCartney e Starr la sperimentano sul set di Get back (2021), il documentario di Peter Jackson per Disney+ che rielaborava il materiale del film Let it be del 1970. Esistono infatti processori e software evoluti che puoi addestrare a depurare tracce audio apparentemente irrecuperabili: tolgono i rumori di fondo, separano più fonti di suono finite anche per caso nello stesso file sonoro, correggono eventuali imperfezioni. La chiave per riuscire a utilizzare finalmente Now and then è quella: sottoporre la canzone alla cura della Ai. E poi rimettersi in studio per aggiungere ancora basso, batteria, chitarre, pianoforte, orchestra d’archi e voci, quell’elemento umano del quale oggi forse si potrebbe fare a meno ma dal quale in casa Beatles non si vuole comunque prescindere.

Paul suona la linea di basso di «Now and then»

Se Caruso canterà con la pulizia di Pavarotti

A conti fatti, non fa una grinza: i Beatles sono quelli che sono arrivati sempre prima di tutti su tutto, bello che siano stati loro i primi a sperimentare l’applicazione «industriale» del machine learning alla forma canzone. Non stiamo certo parlando di diavolerie deepfake su cui sarebbe venuto qualche scrupolo morale in più. Nel più ampio dibattito sull’utilizzo dell’Ai generativa nelle arti, viene comunque da chiedersi che mondo abbiamo davanti quando parliamo di musica. Considerando le sole tecnologie usate per i Beatles oggi, se volessimo, potremmo dare alla chitarra di Charlie Patton il suono nitido di quella dell’Unplugged di Eric Clapton, rendere cristallino un Dixieland degli anni Venti, addirittura far risuonare la voce di Caruso con la stessa pulizia di quella che Pavarotti registrava negli anni Novanta. Se volessimo, potremmo insomma grattare via la patina del tempo da tutta la musica di ieri e dell’altro ieri che abbiamo in archivio. Siamo sicurissimi che, volendo, si potrebbe fare. Siamo però altrettanto sicuri di volerlo?

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