Belle e ribelli, prese per i capelli
«Crowns» di Sandro Miller propone decine di scatti di donne afroamericane raccontate attraverso le loro estrose e imponenti capigliature
di Maria Luisa Colledani
I punti chiave
3' di lettura
Su queste chiome costruirò la libertà. Le fotografie di Sandro Miller sono capolavori che parlano di libertà e diritti, di donne e storie di schiavitù lontana. Sono le capigliature nere, architetture di bellezza delle donne afroamericane. Il suo progetto Crowns è diventato libro e raccoglie decine di scatti di volti che si fanno tridimensionali, bucano la pagina e arrivano dritti al nostro cuore. Capelli intrecciati o sciolti, comunque capelli che fotografano diritti raggiunti e strade ancora da conquistare.
Come è nato il progetto
Spiega il fotografo americano, di origini italiane (la famiglia veniva da Frosinone) e autore di progetti sontuosi anche con l’attore John Malkovich: «Questo lavoro è un focus intimo dedicato a persone di ogni colore, genere, nazionalità e religione. Volevo esplorare la loro storia, cultura, ideologie, origini e convenzioni sociali nello sforzo di costruire e completare un loro ritratto psicologico, inteso sia come fatto che come immaginazione». Un lavoro di ricerca estetica e storica che prende forma in questi capolavori di intrecci, fra identità e serialità. Prima musa ispiratrice del progetto è stata Claude-Aline Nazaire, la donna di colore originaria di Haiti che il fotografo ha sposato in seconde nozze: «I miei capelli sono la manifestazione della mia anima presente, passata e sempre in movimento».
La denuncia inizia dai capelli
Come nell’antica Roma le acconciature segnavano il passare dalla repubblica all’impero, e da un imperatore a un altro, così i volti intensi fotografati da Miller testimoniano le strade accidentate che hanno portato le donne di colore a fare la storia, a cambiare marcia al corso della vita per raggiungere una libertà sconosciuta anche solo fino a qualche decennio fa. Nell’America multirazziale, ma che guarda di sottecchi i capelli intrecciati di una ragazzina a scuola o di una giovane donna a un colloquio di lavoro, ogni ritratto del grande artista riconosce e onora il potere e la bellezza delle donne, celebrando allo stesso tempo la loro resistenza sociale e la loro memoria culturale, che sa andare oltre biologia e genetica. Le grandi pagine, che anche al tatto mostrano una consistenza fuori dal comune - sembra di sfiorarli quei capelli, di sentirne la grana -, alternano immensi occhi che inchiodano ognuno di noi a domande eterne sulle nostre origini, i nostri diritti e Melody, uno dei volti che si racconta anche con le parole, confessa: «I miei capelli sono la mia gloria, sono l’essenza della mia bellezza di donna. Sono l’infinita ricchezza della mia cultura di donna di colore».
I pensieri, i volti iconici, le acconciature, che si fanno corone di libertà, prendono forza anche dalla scelta di Miller di farli emergere da tessuti di colori sgargianti. Quei gialli, quei verdi, quei rosa così vividi danno volume ai capelli, ai lineamenti che si trasformano in sculture di orgoglio e indipendenza.
Oltre l’odio razziale
Tra i capelli sono impigliati le storie del singolo e il lungo percorso per superare episodi di odio razziale e di oppressione sociale. Questo hanno patito le donne afroamericane. Miller fa storia, prima che fare fotografie. E i volti, incorniciati da trecce o da dreadlock, annunciano un new normal, esibendo con fierezza silenziosa e potente un mondo nuovo: «ora, per le donne di colore, i capelli sono forse il più tangibile, duraturo e ovvio veicolo che parla di memoria».
I loro ritratti sono così un libro aperto sugli ultimi due secoli di storia e di costume degli Stati Uniti. Nel 1786, la Louisiana aveva votato una legge che obbligava le donne di colore, schiave o libere che fossero, a coprire i capelli in pubblico. Altrove era frequente che potessero perdere il lavoro o che glielo negassero perché i loro capelli erano considerati non in ordine: «Ecco alcune delle ragioni per cui ho creato questo progetto - dice Miller -. Crowns dimostra la comprensione, l’affetto, l’abbraccio storico, l’ottimismo oltre che il perdono».
Il poema di Patricia Smith
Accanto alle immagini anche un testo di Angela Bassett e un commovente scritto, Nap unleashed, firmato dalla poetessa e drammaturga Patricia Smith, che pare farci sentire l’eco di Martin Luther King, Toni Morrison o James Baldwin, voci che hanno ribaltato la storia dei neri d’America. I suoi versi trasudano sangue e orgoglio: «I nostri capelli sono lame. I nostri capelli non possono essere educati … le nostre corone, vivide e arroganti, stordite nella loro inclinazione, turbinano, devastano e irritano, sono il nostro vangelo, il nostro biglietto da visita, sono la nostra aureola, il modo in cui raggiungiamo il cielo». Per concludere che «nemmeno la storia può distorcere questa verità: nessuna donna porta la corona, tranne la regina». Ma questo è il libro delle regine, belle, fiere e coronate di libertà.
Crowns. My hair, my soul, my freedom
Sandro Miller, Angela Bassett, Patricia Smith
Skira, pagg. 168, € 65
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