Arte “illecita”

Bellissimi e falsissimi

Leonardo, Modigliani, un incredibile Michelangelo. Ma anche zanne intagliate e “cineserie”. Nei laboratori dell'Università di Roma dove si smascherano le opere d’arte contraffatte, un mercato illegale che non conosce crisi

di Raffaella Calandra

“da Michelangelo 1978”, un falso Tano Festa anni Settanta

4' di lettura

Adagiati sotto la luce. Come corpi, ormai freddi, da sviscerare. Talvolta, è il tipo di tela a svelare l'errore; altre, è lo studio dell'artista a insospettire; altre ancora, è il microscopio a smascherare l'identità del manufatto. L'autopsia dei falsi d'autore racconta del mondo della contraffazione. Per questo, è da qui, dai tavoli dei “medici legali dell'arte”, che sempre più spesso passano le inchieste sul mercato parallelo di dipinti e sculture. Indagini in cui esperienze alla CSI si mescolano con tradizioni filologiche e intuito investigativo. Perché alla fine, come scriveva lo storico dell'arte Friedrich Winkler, «per affinare la propria capacità di distinguere ciò che è autentico, il migliore esercizio è riconoscere ciò che è falso». E allora eccoli, accatastati nei caveau del Nucleo di tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri, tutti i falsi tolti dalla circolazione e pronti per essere analizzati. Utili alla scienza. Come scheletri, a disposizione degli studenti di medicina.

Ci sono dei Modigliani, molti Schifano, non pochi Guttuso. È arrivato pure l'ultimo Leonardo e un incredibile Michelangelo. Tra gli scaffali dei depositi di Roma e delle altre sedi del nucleo dell'Arma, è stato schedato pure un Fontana; si è intravisto Pomodoro, si riconosce Giacomo Balla. Un catalogo che unisce, nella contraffazione, secoli, scuole e tecniche diverse, fino ad abbracciare statuette cinesi, zanne intagliate e ipotetiche anfore elleniche. Una promiscuità di corpi di reato, una molteplicità che conferma dimensioni e insidie del mondo della contraffazione. «Non è solo un problema di truffa al singolo collezionista», avverte Alberto Deregibus, vicecomandante del Nucleo, «si vanno a inquinare le falde acquifere dell'arte contemporanea: il crollo della fiducia allontana il collezionismo, si compra meno, l'artista produce meno e rischiamo di perdere tracce della nostra epoca». I numeri restano alti: 1.083 i falsi d'autore sequestrati nel 2019, in calo rispetto ai 1.232 dell'anno precedente; 199 gli indagati. A essere copiati sono soprattutto gli artisti contemporanei (663 i manufatti di arte contemporanea; 299 di archeologia; 121 di antiquariato), perché più facili da riprodurre. E perché, comunque, è sempre il mercato a orientare anche l'azione dei falsari. Quando le quotazioni della Pop Art italiana erano ormai schizzate, ecco apparire nuove opere di esponenti della Scuola di piazza del Popolo: Tano Festa, Mario Schifano, Franco Angeli. Tele spuntate da fantomatiche collezioni, dimenticate in soffitte o circolate nel sottobosco di mercanti e gallerie. Per Angeli, a volte è stato difficile accertare il tarocco, visto il ricorso, da parte dell'artista romano, all'uso di sagome e maschere per le sue creazioni. Ma anche in questo caso, e «come insegna la disfida sull'autenticità del papiro di Artemidoro, non basta l'esame tecnico per smascherare i falsi, serve innanzitutto una conoscenza d'insieme», rivendica Giuliana Calcani, docente del Dipartimento studi umanistici dell'Università Roma Tre, curatrice del master per esperti nelle attività di valutazione e tutela del patrimonio culturale, avviato insieme al Nucleo Tpc dei Carabinieri.

Loading...

È nei laboratori dell'ateneo che avviene l'autopsia dei falsi. Qui, gli investigatori dell'Arma fanno arrivare parte dei manufatti sequestrati. Qui, loro stessi vanno a lezione di diagnostiche scientifiche applicate ai beni culturali. «Riceviamo stimoli utili per le indagini, che puntano alla ricostruzione dell'intera filiera della contraffazione», ammette il colonnello Deregibus. In questi laboratori si può «toccare, prelevare, studiare le tecniche usate, come non può avvenire con opere autentiche», illustra la professoressa. Ecco che, per contrasto, il falso aiuta il vero. E nell'era delle indagini tecnologiche, si riscopre il valore della «prima analisi scientifica, che è sempre autoptica», rivendica Calcani. A volte, l'inganno è facile da svelare. Come avvenne per un presunto affresco romano, pronto a partire dal porto di Livorno. O com'è stato per una tavola, attribuita a un pittore fiammingo, che aveva una dozzinale pellicola a simulare una finitura. «L'abbassamento della fattura della contraffazione è indicativo del profilo di chi acquista», concordano investigatori e studiosi. Si falsifica peggio perché si allargano i circuiti. Altre volte, invece, sui tavoli di questo laboratorio, sono arrivati casi più complessi.

Un foglio di faesite riportava sul retro la firma “Futur Balla”, l'indirizzo e la data; nella parte anteriore, invece, un dipinto. Se a realizzare il quadro non poteva essere stato il futurista Giacomo Balla (l'esame dei materiali ha svelato l'uso di un componente nei colori non in commercio nel 1915, data dell'opera), le iscrizioni sembravano invece autografe. La chimica smaschera il falso di una facciata; la grafologia tutela l'autenticità dell'altra. Come se quel foglio, effettivamente firmato da Balla, fosse stato poi riutilizzato da altri e spacciato come creazione del maestro. Ma allora, come va considerato e quindi valutato? Interrogativi, riproposti anche quando il Nucleo Tpc di Ancona ha sequestrato carichi di “cineserie”: statuette, una zanna di mammut e di elefante con intagli, una radice di corallo. Sembrava tutto falso; in realtà, «se la documentazione allegata non era coerente con la data, il materiale è risultato autentico», spiega la professoressa, «e un collezionista asiatico non si sarebbe sentito truffato con l'acquisto di simili manufatti». Esempi che mostrano le diverse sensibilità culturali, aprono nuove sfide investigative e normative, ma confermano anche «i limiti del nostro approccio davanti a opere in arrivo da Paesi extraeuropei».

In un mondo sempre più ristretto aumenteranno simili manufatti, la cui autenticità andrà accertata. Dal laboratorio dell'Università di Roma arrivano preziosi input per gli investigatori, sulle tracce di chi ha realizzato il falso, del committente, della rete di mediatori (non di rado figure interne al mondo dell'arte). Un tassello importante della filiera è rappresentato da chi si occupa di «creare un passato per ciascuno di questi manufatti. Sono autentiche associazioni a delinquere», sintetizza il colonnello Deregibus. L'indagine sulla documentazione che accompagna l'opera è l'anello più complesso delle inchieste, che l'anno scorso hanno liberato il mercato dell'arte da due gruppi organizzati che si occupavano di riprodurre e smerciare falsi Schifano (tra gli artisti più contraffatti) e presunte opere di Paolo Scheggi, Franz Borghese e Luca Alinari. «Oltre ai falsari dell'opera, servono quelli capaci di riprodurre atti che attestino l'esistenza del dipinto in alcune collezioni», spiega l'investigatore. Altre volte sono invece stati sequestrati falsi d'autore senza documenti, circostanza che non impedisce di trovare comunque acquirenti, «vista anche la domanda sempre maggiore e le pene irrisorie che rischia chi favorisce la contraffazione», riflette Calcani. Pene di gran lunga più basse di quelle previste per i tombaroli, che trafugano beni archeologici. In entrambi i casi, si uccidono pezzi di cultura. Ma l'assassino lascia sempre una traccia…

“Paesaggio campestre”, artista falsificato Giovanni Fattori, epoca simulata fine Ottocento/inizio Novecento

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti