Bene la nuova normativa, ma serve aiuto ai piccoli centri
L’aumento del costo del lavoro si inserisce in un contesto di rincari
di Margherita Ceci
2' di lettura
Ben venga un intervento normativo nel mondo sportivo, fino a oggi disciplinato solo per il settore professionistico, ma da solo non basta: le Federazioni chiedono certezze e trasparenza per dissipare i molti dubbi che ancora rimangono.
«Il settore dilettantistico finora è stato oggetto di provvedimenti fiscali, più che di interventi giuslavoristici – commenta Antonello Panza, segretario generale di Federnuoto –. Nei confronti della riforma non abbiamo espresso alcuna riserva: le migliaia di allenatori e tecnici che formiamo, oggi sono professionisti a tempo pieno, non si tratta più di appassionati che hanno un altro lavoro e poi a latere fanno gli istruttori. Quindi ben venga la riforma. L’unica questione che abbiamo sollevato, oltre alla mancata chiarezza delle norme, è il costo datoriale che va a creare. Questo, sia chiaro, è inevitabile, ma in particolare nel nuoto – ma lo stesso discorso vale per le altre attività sportive – quest’aumento arriva in una situazione che già era in equilibrio precario a causa dell’aumento dei costi».
Sono molte infatti le società che negli ultimi due anni hanno chiuso o stanno per chiudere, tra l’emergenza Covid prima e la crisi energetica poi. Ora viene ad aggiungersi un altro aumento, quello dei costi del lavoro. Il rischio, soprattutto per le piccole società, è quello di non riuscire a sostenerlo. «Mantenere gli impianti e portare avanti una società costa – spiega Panza –, e soprattutto per lo sport dilettantistico questo diventa un problema. Le agevolazioni fiscali di cui le società beneficiano sono pensate per tenere i costi contenuti, e quindi permettere l’accesso all’attività sportiva a prezzi calmierati. Questo perché ancora oggi l’accesso alla pratica sportiva passa per il territorio, ed è importante che questi accessi siano distribuiti in modo capillare. Ma se i costi del lavoro portati dalla riforma si riveleranno troppo pesanti, l’equilibrio economico che fino a ieri era garantito dalla defiscalizzazione verrà meno. Bisognerebbe trovare quindi un sistema di sostegno».
Un discorso, quello dell’importanza della capillarità dell’accesso sportivo sul territorio, che riguarda anche il vincolo sportivo presente nel Dl Pa 2. Tolto dal Dl 36/2021, il vincolo sportivo legava l’atleta alla società per due anni. Ora torna in vigore per le sole associazioni e società sportive dilettantistiche, nell’ottica di tutela nei confronti delle realtà più grandi. «Il vincolo sportivo serve proprio a tutelare le giovanili e le piccole società dai grandi gruppi. Se la società piccola non ha un sistema di protezione che ne tuteli il vivaio, succede che si trova costretta ad abbandonare l’agonismo. Con una ricaduta sull’offerta territoriale, che smette di essere capillare».
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