Beni pubblici europei, un modo keynesiano per ridurre l’incertezza
Il pensiero di John Maynard Keynes è tornato di attualità con la crisi finanziaria del 2008, anche se in Europa lo abbiamo riconosciuto tardi, e poi con la crisi pandemica
di Marco Buti
3' di lettura
Il pensiero di John Maynard Keynes è tornato di attualità con la crisi finanziaria del 2008, anche se in Europa lo abbiamo riconosciuto tardi, e poi con la crisi pandemica. Ma quanto è rilevante oggi che abbiamo accumulato un elevato debito pubblico e siamo investiti da uno shock d’offerta, con i conseguenti rischi di stagflazione? Il nuovo libro di Giorgio La Malfa, Keynes l’eretico, mostra che il «Maestro», come lo ha definito il suo più grande biografo, Robert Skidelsky, è ancora rilevante oggi. Ma richiede di focalizzarsi sia sulla domanda aggregata che sull’offerta. Qui, il Keynes “microeconomico” viene in soccorso al Keynes “macroeconomico”.
Il tema di fondo è quello degli investimenti, sia pubblici che privati, e il loro contributo dal lato dell’offerta.
Primo, il ruolo della spesa pubblica nel pensiero di Keynes è stato spesso equivocato, un equivoco che La Malfa chiarisce bene. Keynes non era a favore della spesa pubblica sempre e comunque. Bonus, prebende, interventi a pioggia: questa non è una politica keynesiana; gli investimenti lo sono.
La spesa pubblica è uno strumento per assicurare un ruolo anticiclico dell’intervento pubblico sia in tempi di boom economico che di recessione. Creare il margine di manovra in tempi di congiuntura favorevole è condizione per essere poi in grado di stimolare l’economia in fasi di crisi.
Questa lezione è valida ancora oggi. Rendere le nostre regole più anticicliche è uno degli obiettivi della riforma della governance economica che la Commissione europea ha presentato alcune settimane fa. La sfida degli investimenti – nella doppia transizione, nella sicurezza energetica, nell’autonomia strategica – sarà determinante per il futuro dell’economia europea dei prossimi anni.
Keynes pensava che occorresse distinguere fra spese correnti e spese di investimento. La Commissione non ha proposto una separazione del trattamento dei due tipi di spesa: non c’è una golden rule per gli investimenti. Il motivo è che in un sistema di regole multilivello come quelle che abbiamo in Europa, la questione dell’azzardo morale esiste. Escludere, sic et simpliciter, alcune poste di spesa dalla definizione del deficit di bilancio rischierebbe di incoraggiare comportamenti opportunistici volti a qualificare qualunque tipo di spesa come investimento.
C’è anche da dire che al tempo di Keynes per investimenti si intendevano quelli materiali, tangibili: ferrovie, autostrade, ponti. Oggi accanto alla dimensione materiale c’è una quota sempre più importante di investimenti immateriali, come quelli nel capitale umano, nella ricerca, nell’innovazione: sono questi che spingono la produttività totale dei fattori. Con questa definizione più ampia di investimenti, avere una golden rule finirebbe per portarci a escludere una grande parte della spesa pubblica.
Secondo, gli investimenti privati richiedono un ambiente economico stabile. Entra qui la distinzione fra rischio e incertezza. Nel Trattato sulla probabilità, Keynes sviluppa questa distinzione: il rischio è calcolabile in termini di probabilità quantitative, l’incertezza no.
Oggi, viviamo in un’epoca di eccezionale incertezza – avviata con lo scoppio della pandemia due anni fa e che, dopo una breve parentesi, oggi prosegue con l’aggressione russa in Ucraina. L’incertezza, oggi, è per certi versi persino più alta di quanto non fosse durante la pandemia. Ci troviamo di fronte a molte più incognite: la guerra, i prezzi e le scorte di energia, l’inflazione, i tassi di interesse, le catene di approvvigionamento globali e gli sviluppi economici in Cina, solo per citare le più importanti.
La difficoltà di prevedere l’evoluzione di tutte queste variabili è la causa della grande incertezza di oggi. In questo contesto è fondamentale che l’Europa persegua una strategia di rilancio degli investimenti, pubblici e privati. Uno degli aspetti più rilevanti della risposta alla pandemia, Sure e Next generation Eu, è che ha cambiato la percezione e le aspettative degli operatori economici. Questo ruolo di riduzione dell’incertezza ha contribuito alla stabilizzazione dei mercati e delle aspettative ed è stato fondamentale nel forte rimbalzo dell’economia europea nel 2021 e 2022, prima della guerra. I mercati e gli investitori hanno apprezzato il fatto che l’Europa è stata capace di adottare una risposta coesa e ambiziosa. Oggi abbiamo bisogno di nuovi strumenti e nuove soluzioni che possano ridurre l’incertezza: un rapido accordo sulla proposta di riforma della governance economica e passi concreti verso l’offerta di beni pubblici europei nel campo dell’energia, dell’innovazione e della sicurezza cambierebbero i sentimenti degli animal spirits, come definiti da Keynes. È il compito, e la responsabilità, dei policy maker europei oggi.
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