La fabbrica del futuro

Bergamo, l’Istituto italiano di tecnologia disegna i robot su misura dell’industria

Il parco scientifico Kilometro Rosso, a Bergamo, ospita giovani scienziati che assieme alle aziende del territorio progettano il futuro della fabbrica

di Cristiana Gamba

3' di lettura

Una stanza del parco scientifico Kilometro Rosso, a Bergamo, ospita giovani scienziati che progettano il futuro della fabbrica, quella capace di sopravvivere alle pandemie, produrre a orari non definiti e con operatori che gestiscono attività ad alto valore aggiunto da remoto. Qui prendono forma robot antropomorfi e cobot realizzati tailor made, su misura, in base alle esigenze delle aziende che hanno scelto di partecipare al progetto Joiint Lab.

La squadra degli scienziati

La squadra è capitanata da Francesca Negrello, 33 anni, laurea in ingegneria meccanica e dottorato in bioingegneria robotica. Lo stanzone in realtà è un gioiello di laboratorio nato dalla collaborazione dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) e il consorzio di ricerca per la meccatronica Intellimech, Confindustia Bergamo, Università di Bergamo e Kilometro Rosso. In prima linea anche nove imprese del territorio: Abb, Brembro, Cosberg, Elettrocablaggi, Fassi, Giovenzana International, Sdf, Siad e Valtellina.

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«Abbiamo trascorso lunghi mesi a interloquire con le aziende per capirne le esigenze, mostrando loro quello che la robotica è in grado di offrire, proprio perché lo spirito di Joiint Lab è quello di fare trasferimento tecnologico, creare sinergia tra la ricerca sviluppata in Iit e le nuove necessità industriali».

Mani meccaniche, visori, sensori sono posati accanto a pc di ultima generazione, lo strumento di lavoro dei ricercatori. Qui si creano robot collaborativi, basi mobili, sensori laser, interfacce uomo-macchina: ora la squadra è al lavoro su un prototipo antropomorfo in grado di realizzare compiti di precisione come ruotare una chiave o aprire una porta, oppure prendere un cavo. Joiint Lab lavora sul prototipo laboratoriale, che viene testato su scenari reali verificandone la bontà direttamente con le aziende. La fase di ingegnerizzazione e messa sul mercato viene demandata alle aziende.

Joiint Lab e il robot antropomorfo

«Nel prossimo futuro vedremo lo sviluppo di sistemi sempre più evoluti, capaci di interagire con l’uomo e di condividerne gli spazi grazie alla combinazione della robotica collaborativa con gli algoritmi di intelligenza artificiale», continua Negrello. Un robot che preleva un oggetto da uno scaffale in magazzino e lo ripone su un piano ancora non esiste, così come una macchina che trafora laminati e viene guidata da un cellulare. Anche il robot avatar, un alias dell’operatore, non è ancora utilizzato in ambito industriale. «Abbiamo integrato bracci industriali su basi mobili con un collo progettato da noi estremamente simile a quello umano. La figura antropomorfa consente al pilota, quando muove la testa, di avere un feedback molto coerente e questo aiuta nell’esperienza dell’immersività a ridurre i cosiddetti fenomeni di motion sickness», continua Negrello. E così l’avatar, pluririchiesto dalle aziende, potrebbe essere in grado di assemblare, girare valvole o muoversi in un ambiente pensato per gli umani. Anche se il meglio di sé, spiega la scienziata, lo darà in contesti per natura remoti, i data center per esempio, o in quelli ad alto livello di pericolosità come le piattaforme offshor e, magari, nel fondo degli oceani. Che sia solitario, collaborativo o avatar il robot è ormai integrato nella vita di fabbrica, ma ciò non toglie che in questo nuovo salto, spiega la responsabile, l’obiettivo rimanga quello di «tenere la persona al centro e valorizzarne le competenze. L’insieme macchina e uomo valorizza il meglio di entrambi: il robot non può sostituire ma può supportare e questo è il nostro obiettivo. Accompagnare e integrare la tecnologia in quello che è il flusso normale del lavoro, preservando la competenza dell’operatore che controlla monitora ed eventualmente collabora».

Bisogna rendere la fabbrica attraente

«Robot e automazione - aggiunge Stefano Ierace, responsabile operativo del Consorzio Intellimech, intervengono andando a migliorare alcuni processi, eliminando alcune attività che sono ripetitive». Il tema tuttavia per Ierace rimane quello delle competenze: l’offerta qui non riesce a soddisfare la domanda, mancano profili che riescano a portare avanti questo tipo di progettualità in azienda. «La questione - commenta - non è la riduzione del personale ma come riconvertire alcune competenze per riuscire a introdurre questo tipo di tecnologie in azienda». E conclude: «Chi non conosce la fabbrica ha l’idea che sia un posto brutto, sporco, che offre un lavoro estremamente faticoso, ma questa realtà non esiste più. Lo sforzo deve essere quello di fare conoscere il nuovo manifatturiero, rendere la fabbrica attrattiva per i giovani».

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