Cinema

Berlinale: «Peter von Kant», Ozon rielabora il capolavoro di Fassbinder

Il Festival di Berlino si è aperto con l'attesissimo lungometraggio dell'autore francese, che prende ispirazione dalla pièce portata sul grande schermo nel 1972 dal grande regista tedesco

di Andrea Chimento

2' di lettura

Ripensare Fassbinder non è cosa da poco: ci ha provato con grande ambizione François Ozon con «Peter von Kant», film che ha aperto la 72esima Berlinale.
Correva l'anno 1972 quando Rainer Werner Fassbinder portò al cinema «Le lacrime amare di Petra von Kant», tratto da una sua stessa pièce teatrale e in assoluto uno dei punti più alti della sua straordinaria produzione: dalla fotografia di Michael Ballhaus alle indimenticabili interpretazioni di Margit Carstensen, Hanna Schygulla e Katrin Schaake, il risultato fu un film semplicemente memorabile.

La sfida che Ozon si è caricato sulle spalle è di quelle titaniche, ma il suo lungometraggio, più che un rifacimento, è una vera e propria rielaborazione al maschile (fin dal titolo) del testo di partenza.Protagonista è un celebre regista, che vive in compagnia del suo assistente Karl, un uomo che il cineasta tratta male fino all’umiliazione. Tramite l’attrice Sidonie, Peter von Kant conosce un ragazzo attraente – ma economicamente umile – di nome Amir, di cui si innamora sin da subito, tanto da decidere di ospitarlo nella sua casa e provare a fare di lui un attore.Qualche mese dopo, Peter riesce nel suo intento e in breve tempo Amir diventa una star affermata del mondo del cinema. Peccato che, appena raggiunga la tanto agognata fama, il ragazzo si lasci alle spalle il suo mentore: Peter si ritroverà così a fare i conti con se stesso.

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Buona confezione e attori in forma

Tra gli autori europei più prolifici in circolazione, Ozon (di cui è uscito poche settimane fa nelle nostre sale il toccante «È andato tutto bene») sa di non potere competere con la forza di Fassbinder a livello formale, ma riesce comunque a offrire una buona confezione, curata nei dettagli e in tutta l'impostazione estetica.Rielaborare questo film al maschile è stata una trovata indubbiamente interessante, forse fin troppo calcolata e studiata a tavolino ma, nonostante una certa maniera si insinui nella narrazione, si sentono tutto il rispetto e la fedeltà al testo di partenza, al di là del ribaltamento sopra citato. Basta la prima immagine (con gli occhi di Fassbinder) per capire che ci troviamo davanti il “film di un fan”, deciso a omaggiare al meglio uno dei suoi grandi maestri.Efficace nel crescere alla distanza, «Peter von Kant» è un film capace di scavare nei meandri della psiche umana e dei rapporti tra persone particolarmente diverse: dall'ossessione per la bellezza alla necessità del controllo sugli altri, il personaggio principale è molto ben stratificato e altrettanto ben interpretato da Denis Ménochet, in una delle prove più intense e complesse della sua carriera.Anche il resto del cast, però, è in buona forma: da Isabelle Adjani a Stefan Crepon, fino alla splendida apparizione di Hanna Schygulla, che interpreta la madre del protagonista e funge da ulteriore ed esplicito collante con l'opera di Fassbinder.


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