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Bevande analcoliche in ripresa: fatturato verso i 5 miliardi

Sventata per il momento la minaccia sugar tax, le aziende temono gli effetti del regolamento europeo sugli imballaggi e intanto guardano alla tradizione di Dop e Igp per sviluppare nuove bibite

di Silvia Marzialetti

(Marcos - stock.adobe.com)

3' di lettura

Multinazionali radicate nel Paese da decenni e piccole attività a conduzione familiare con più di un secolo di storia: resiliente e composita, l'industria delle bevande analcoliche in Italia conta su un centinaio di stabilimenti distribuiti su tutta la penisola – la concentrazione maggiore (42%) è nel Nord Ovest – per 80mila occupati e un valore di mercato di 4,9 miliardi di euro, pari allo 0,29% del Pil.

Superata la fase più buia della pandemia – il crollo verticale dell'horeca, il cosiddetto fuori casa, ha inferto un colpo ferale al settore – rimane il nodo dei costi ancora proibitivi dei principali input produttivi, ma il dato confortante è che con la vivace ripresa delle attività in ristoranti, bar e in tutti gli esercizi di ristorazione e ospitalità, i consumi sono ripartiti di slancio.

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«Finalmente vediamo la luce in fondo al tunnel» commenta Giangiacomo Pierini, presidente di Assobibe, l’associazione nazionale di categoria aderente a Confindustria.

L’obiettivo minimo, al momento, è rappresentato dai volumi del 2019 (3 miliardi di litri di venduti), ma si guarda oltre.

Il settore ha accolto con sollievo il rinvio della sugar tax, anche se l'obiettivo finale rimane l'abolizione definitiva dell’imposta. Con un aggravio fiscale del 28%, la tassa rischierebbe di impattare enormemente sul comparto e a risentirne sarebbero soprattutto le piccole e medie imprese, che costituiscono il 64% del tessuto produttivo.

Il pronunciamento della Consulta sui due ricorsi proposti da Assobibe e da Sibeg sull’articolo 1 - commi 661-667 - della legge 160/2019, nella parte in cui ha assoggettato ad imposta sul consumo le sole bevande analcoliche ottenute con l’aggiunta di edulcoranti (il Tar Lazio ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e ha disposto l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale) è attesa per fine anno, ma il presidente di Assobibe si dice ottimista. «Sono venuti meno i presupporti, in più in questo nuovo Governo leggiamo la volontà di sostenere lo sviluppo dell'industria», commenta.

È allerta massima invece rispetto alla bozza di regolamento europeo sugli imballaggi che, secondo Assobibe «impone una omologazione a sistemi dei Paesi del Nord Europa molto distanti dall'Italia, quando invece soluzioni quali il riuso o il riciclo dovrebbero essere parametrati sulle realtà locali, sugli investimenti fatti e sul livello di efficienza raggiunta».

Un cambio di modello di business sulla falsariga di quanto stabilito dal provvedimento impatterebbe sul comparto in Europa per 18,7 miliardi di euro (di cui 12,5 miliardi di euro di spese di capitale aggiuntive e 6,2 miliardi di euro di spese operative aggiuntive) e ricadrebbe su milioni di posti di lavoro e miliardi di euro di investimenti. «In questa fase storica le aziende possono concentrare risorse solo su ciò che realmente ha un senso e un beneficio dimostrato da evidenze e analisi costi-benefici - conclude Pierini - e proprio la forza delle nostre imprese nei tempi di pandemia è stata continuare a investire in innovazione e ricette».

Prova ne è il fatto che accanto alle icone del settore (aranciate, bibite gassate, chinotti, cedrate, spume, aperitivi) si è andato sempre più sviluppando, negli anni, un filone di prodotti Igp, Dop, Slow Food legati alla tradizione, al territorio e capaci di evocare ricordi e sapori antichi: anice, estratti naturali di rosmarino e di sambuco, infusi naturali di bacche di mirto selvatico, alloro, fico d'India, agrumi calabresi e siciliani, peperoncino, estratto di melangolo, genziana delle Alpi, assenzio maggiore piemontese.

Complessivamente il comparto investe nelle materie prime nazionali 1,4 miliardi di euro ed utilizza il 50% di frutta italiana, un dato che ne accresce l’appeal anche sul mercato estero tradizionale (Europa, Stati Uniti, Canada) e non (Perù, Cile, Australia, Hong Kong, Azerbaigian, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Filippine). La quota complessiva di export ammonta a 421 milioni di euro.

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