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Bias, un segnale di umanità nel mondo dell’intelligenza artificiale

Di solito, consideriamo i bias - pregiudizi mentali inconsci - come qualcosa da eliminare, un ostacolo alla nostra aspirazione di razionalità. Eppure sono anche un tratto distintivo della nostra capacità di pensare e sentire

di Luca Lisci *

(AFP)

3' di lettura

In un’era in cui l’intelligenza artificiale (IA) affina incessantemente la sua capacità di imitare il pensiero umano, siamo portati a riflettere sul ruolo dei cosiddetti “bias” nel nostro processo decisionale. Di solito, consideriamo i bias come qualcosa da eliminare, un ostacolo alla nostra aspirazione di razionalità. E se invece ci fermassimo un attimo a considerare i bias come un segnale della nostra umanità, un tratto distintivo della nostra capacità di pensare e sentire?

Il nostro cervello e i bias

Di fatto, i bias sono comuni nelle attività mentali più diverse, dall’identificazione dei target, alla stima euristica, al giudizio sociale. Questi bias cognitivi sono radicati nel modo in cui i nostri cervelli elaborano naturalmente le informazioni e possono persino essere problematici per i bot e gli algoritmi, come nell’IA. Ma non è tutto negativo. I bias possono offrire vantaggi significativi come accelerare l’analisi e migliorare il rilevamento dei target in situazioni mutevoli o incerte, aiutare una rapida scelta di piani pratici a breve termine piuttosto che ottimali a lungo termine, permettere una valutazione di un mondo funzionante creando categorie abbastanza stabili, e motivare l’esplorazione e la risoluzione dei problemi che altrimenti potrebbero essere abbandonati troppo presto.

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Allo stesso modo, l’IA, che sta diventando sempre più intelligente, deve affrontare questi stessi bias. È interessante come l’IA possa subire gli stessi limiti umani se si avvicina al livello di intelligenza umana. Le tecniche di apprendimento come il mimetismo, che gli esseri umani utilizzano per acquisire molte delle conoscenze che hanno oggi, come il linguaggio e la matematica, sono state adottate anche dall’IA.

Scorciatoie decisionali

I bias sono dunque strumenti di allineamento sulla decisione. Chiamiamoli “scorciatoie” che possono portarci a destinazione prima e meglio, o possono condurci in un vicolo cieco. Prendiamo, ad esempio, il bias della conferma, la tendenza a cercare, interpretare e ricordare le informazioni in modo da confermare le proprie credenze preesistenti. Mentre questo bias può portare a errori di giudizio, può anche accelerare il processo decisionale in situazioni di emergenza.

Nel campo dell’IA utilizzata come strumento di abilitazione alle decisioni, un tipo di bias cognitivo noto come euristica della disponibilità può guidare il processo decisionale in modo poco ottimale. L’euristica è una sorta di scorciatoia mentale che usiamo per semplificare le decisioni, in particolare quando dobbiamo gestire molte informazioni. L’euristica della disponibilità, ad esempio, ci porta a dare più peso alle informazioni facilmente disponibili o recenti. Quando un sistema di IA si affida troppo a quest’euristica, può finire per basare le sue decisioni su dati obsoleti o irrilevanti.

L’unicità del pensiero umano

Nonostante l’IA stia diventando sempre più sofisticata, non sarà mai in grado di replicare completamente il processo decisionale umano, a causa della sua complessità e unicità. Questo sottolinea la fallibilità umana, ma anche la singolarità e l’irriproducibilità del nostro processo decisionale. Così, il bias, che una volta era visto come un mero ostacolo alla razionalità, può essere considerato un segnale di umanità, un riflesso della complessità e dell’unicità del nostro pensiero. E a differenza del processo di perfezionamento infinito dell’IA, il bias può servire come un promemoria che, nonostante la nostra imperfezione, c’è una certa bellezza nell’essere umani, con tutte le nostre peculiarità, compresi i nostri bias.

Mentre continuiamo a migliorare, ottimizzare e affinare gli algoritmi attualmente utilizzati nell’IA, dobbiamo ricordare di conferire ad ogni aspetto del sistema una qualità umana. In conclusione, i nostri bias non sono solo un limite, ma possono anche essere considerati come un segnale distintivo della nostra umanità. Sono un promemoria che la nostra unicità e la nostra capacità di pensare e sentire sono ciò che ci distingue nel mondo dell’intelligenza artificiale. E, forse più importante, ci ricordano che nonostante i progressi tecnologici, c’è ancora un posto per l’umano nel processo decisionale.

I bias come testimonianza di umanità

In un’epoca in cui gli strumenti di decision making stanno diventando sempre più sofisticati, forse è il momento di riconsiderare il nostro rapporto con i nostri bias e di vedere in essi non solo un ostacolo, ma anche una testimonianza della nostra umanità.

Alla luce di queste riflessioni, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di integrare il meglio delle tecnologie emergenti con la complessità e la ricchezza del pensiero umano, piuttosto che cercare di eliminare ogni traccia di “bias” nel nostro processo decisionale. La sfida, dunque, non è tanto quella di eliminare i bias, ma piuttosto quella di comprenderli, di lavorare con essi e, in ultima analisi, di utilizzarli come un ponte tra il mondo dell’intelligenza artificiale e l’umanità. Perché, alla fine, i nostri bias potrebbero essere il segnale più forte della nostra umanità in un mondo sempre più dominato dall’intelligenza artificiale.

* Amministratore delegato e fondatore di Next Present

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