Biden ricuce con Parigi: vertice a ottobre in Europa con Macron
Il presidente Usa si chiarisce con il capo di Stato francese dopo il caso dei sottomarini. L’incontro al G20 in Italia o alla Cop26 di Glasgow oppure in un summit ad hoc
di Riccardo Sorrentino
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In visita in Europa. Dopo la crisi dell’Aukus, l’alleanza tra Stati Uniti,Australia e Gran Bretagna, il presidente Usa, Joe Biden, incontrerà Emmanuel Macron a fine ottobre: forse ai margini del G20 di Roma o al vertice sull’ambiente di Glasgow oppure ancora in un vero e proprio vertice a due. Questo l’esito della telefonata che Biden aveva sollecitato e che si è svolta ieri. La Francia, da parte sua, invierà di nuovo il suo ambasciatore a Washington per «iniziare un lavoro intenso con i funzionari statunitensi», ha spiegato una nota congiunta emessa dalla Casa Bianca.
I due leader - spiega la nota - hanno riconosciuto «che la situazione avrebbe beneficiato di aperte consultazioni tra alleati su questioni di interesse strategico per la Francia e i nostri partner europei». È stato quindi deciso di aprire «un processo di consultazioni in profondità» per creare «condizioni di fiducia e proporre misure concrete verso obiettivi comuni».
Il presidente Biden inoltre «riafferma l’importanza dell’impegno francese ed europeo nell’Indo-Pacifico, anche nel quadro della strategia dell’Unione Europea, recentemente pubblicata, per la regione. Gli Stati Uniti riconoscono anche l’importanza di una difesa europea più forte e più capace che contribuisca posivitamente alla sicurezza transatlantica e globale e sia complementare alla Nato». Gli Stati Uniti, infine, «si impegnano a rinforzare il sostegno alle operazioni antiterrorismo condotte dai Paesi europei nel Sahel».
È un elenco che risponde alle richieste francesi, che andavano al di là del semplice «chiarimento» e chiedevano di ovviare alla ferita alla reputazione di Parigi, oltretutto a pochi mesi dalle elezioni presidenziali. Poco prima della telefonata e della diffusione del comunicato - quando probabilmente il documento era però già in bozza - l’Eliseo aveva indicato, tra le domande francesi, il pieno riconoscimento «dell’importanza strategica dell’impegno francese e europeo nell’Indo-Pacifico» e «da parte degli alleati americani della necessità di rinforzare la sovranità europea, insieme all’importanza dell’impegno crescente degli europei per la loro difesa e sicurezza» e dell’«impegno comune nella lotta al terrorismo». Le stesse parole, o quasi, del comunicato congiunto.
Parigi può essere soddisfatta. I 18 mesi di trattative segrete dell’Australia, sfociate a giugno - durante la visita di Scott Morrison all’Eliseo - nel vago annuncio dell’intenzione di Canberra di rivalutare l’ordine di 12 sottomarini al Naval Group avevano pesato molto; ma allo stesso tempo avevano fornito un’opportunità importante per ridefinire i rapporti tra Francia (ed Europa, che la sostiene) da una parte e Stati Uniti dall’altra. Anche perché, è emerso ora, sembra che la Francia avesse compreso le mutate esigenze dell’Australia, avesse offerto una rivalutazione dell’ordine e avesse anche aperto la porta - come sembra abbia fatto ora con l’India - alla vendita di sommergibili nucleari, e non più i diesel-elettrici preferiti da Canberra. Lo sgarbo, oltre al danno, c’era tutto.
Hanno un po’ sorpreso intanto le parole di Boris Johnson. Parigi ha evitato di richiamare l’ambasciatore a Londra, a sottolineare che sono gli Stati Uniti e l’Australia l’obiettivo della sua offensiva diplomatica. Eppure il premier britannico, in un breve intervento tv, si è rivolto ai francesi: «Io penso che sia il momento, per alcuni dei nostri più cari amici nel mondo, di darsi una regolata su questa vicenda e di darci un taglio», Parole forti, rese ancora più sgradevoli dall’uso intermittente del francese. Invece di «get a grip», Johnson ha detto «prenez a grip», invece di «give a break», «donnez-moi a break».
È chiaramente una risposta alla sgarbata idea, fatta trapelare dai francesi, che Londra fosse una «ruota a di scorta» di un accordo che interessava soprattutto Usa e Australia e che non meritasse uno schiaffo diplomatico. Johnson ha anche voluto sottolineare che l’intesa «non intende escludere nessuno. Non è ostile, per esempio verso la Cina»; ed è «un passo in avanti per la sicurezza globale».
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