Bielorussia, la Ue non riconosce il voto e annuncia sanzioni. Nuova stretta di Lukashenko
I leader Ue non riconoscono i risultati del voto in Bielorussia e annunciano sanzioni. Lukashenko ordina alla polizia di riportare l’ordine a Minsk
di Michele Pignatelli
3' di lettura
Sanzioni ai responsabili di brogli e violenze, sostegno economico alla società civile bielorussa, un ruolo di mediazione affidato all’Osce, l’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa. Questo l’esito della teleconferenza dei leader dell’Unione europea dedicata alla crisi bielorussa, una crisi innescata dal voto - contestato e pesantemente sospettato di brogli - che ha riconfermato presidente Alexander Lukashenko e dalla violenta repressione delle proteste di piazza seguite alle elezioni.
La Ue non riconosce i risultati del voto
Le elezioni svoltesi il 9 agosto scorso - hanno sottolineato i presidenti del Consiglio Europeo Charles Michel e della Commissione Ursula von der Leyen al termine del summit straordinario - non solo non sono state libere, corrette e rispondenti ai criteri internazionali, ma anche falsificate. La Ue pertanto «non riconosce i risultati ufficiali», che hanno assegnato a Lukashenko l’80% dei consensi.
Le misure decise dai 27
Le sanzioni, peraltro già decise dai ministri degli Esteri la settimana scorsa, saranno varate «al più presto possibile», ha assicurato Ursula von der Leyen e colpiranno i responsabili della violazione dei diritti civili e delle violenze. Bruxelles inoltre - ha aggiunto la presidente della Commissione - dirotterà 53 milioni di euro stanziati per la Bielorussia dal governo ai cittadini: 2 milioni per le vittime della repressione; un milione di euro per la società civile e per i media indipendenti; e 50 per il sostegno nell'emergenza coronavirus, sia nel settore sanitario che delle Pmi. Quanto al percorso che dovrebbe portare a nuove elezioni - ma i 27 non sono arrivati a chiederle in maniera esplicita, come pure le dimissioni di Lukashenko - «sosteniamo l'apertura del dialogo tra potere e opposizione, con fiducia nel ruolo dell'Osce», ha affermato von der Leyen.
L’appello di Svetlana Tikhanovskaya
La Ue dunque risponde, almeno in parte, all’appello rivoltole prima della teleconferenza da Svetlana Tikhanovskaya, la candidata dell’opposizione considerata la vera vincitrice delle elezioni, costretta a rifugiarsi in Lituania dopo il voto. «Onorevoli leader d’Europa – era stato il suo accorato invito - vi chiedo di sostenere il risveglio della Bielorussia e di non riconoscere queste elezioni fraudolente. Lukashenko ha perso qualsiasi legittimità agli occhi della nostra nazione e del mondo». Tikhanovskaya aveva poi assicurato che il neo-costitutito consiglio di coordinamento nazionale spingerà per una transizione pacifica e per nuove elezioni sotto la supervisione internazionale
Tuttavia, se è vero che Bruxelles batte un colpo, lo fa con cautela, nel tentativo di non invadere in maniera troppo evidente la sfera di influenza della Russia, il vero deus ex machina della regione. Gli interventi esterni sono «intollerabili«, ha detto in apertura di teleconferenza il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli. E Michel, nella conferenza stampa conclusiva, ha sottolineato che «il destino della Bielorussia si decide in Bielorussia, non a Bruxelles o a Mosca».
Mosca deus ex machina
La Russia, da parte sua, a parole tiene una linea dura nei confronti dell’interventismo europeo. Un no secco alle ingerenze da parte di Paesi stranieri è stato ribadito dal ministro degli Esteri Serghej Lavrov che ha accusato l’Europa di essere mossa da motivazioni geopolitiche e di usare dunque le elezioni come pretesto per interferire in Bielorussia. Salvo poi riconoscere che il voto «non è stato perfetto». Parole che confermano la posizione cauta e in un certo senso attendista di Mosca, orientata forse a favorire una transizione di potere, mantenendo la Bielorussia nella sua orbita. Come del resto fa anche pensare l’ulteriore precisazione del Cremlino, secondo cui non c’è bisogno al momento di «sostegno russo» alla Bielorussia nel quadro del trattato sullo Stato dell’Unione e del Trattato di Sicurezza collettiva.
Lukashenko alza il tiro
Lukashenko risponde ostentando sicurezza e con un ulteriore stretta. Il presidente ha sottolineato che lo Stato in Bielorussia non è indebolito e ha «qualcuno» su cui appoggiarsi. «Voglio ribadire che se pensano che le autorità qui stiano traballando, si sbagliano: voglio sottolineare che abbiamo qualcuno su cui appoggiarci. Pertanto, non vacilleremo. Percorreremo la nostra strada, come dovremmo fare».
Quindi ha ordinato alla polizia di mettere fine ai disordini a Minsk: un pericoloso segnale di escalation dopo una settimana e mezzo di manifestazioni anti-regime già oggetto di violenta repressione, con almeno due morti e centinaia di feriti. «A Minsk non ci dovranno essere più disordini, di nessun tipo - ha detto -. La gente è stanca, chiede pace e tranquillità».
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