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Biennale di Venezia: riparte la grande macchina dell’arte contemporanea

Dopo la pausa forzata, apre a Venezia la 59. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale, curata da Cecilia Alemani. Un grande affresco della realtà artistica contemporanea che è soprattutto femminile

di Silva Menetto

3' di lettura

La potenza della figura femminile: donna, madre, natura. E poi il rapporto tra l'essere umano e la terra, e quello con la tecnologia, la metamorfosi e la fluidità dei generi. È fatto di questi ingredienti “Il latte dei sogni”, la 59. edizione della Biennale Arte di Venezia curata da Cecilia Alemani, prima italiana alla guida della più grande manifestazione d'arte contemporanea.
La Biennale della post pandemia è stata costruita tra colloqui a distanza e riunioni via zoom, però si distingue per numeri da record: 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni, 180 prime partecipazioni, 1433 opere esposte, 80 nuove produzioni.

Molti degli artisti presenti hanno creato opere appositamente per questa edizione: hanno sfruttato il tempo sospeso del lockdown per ideare e realizzare i loro lavori, e il segno dei tempi certo si sente. L'arte contemporanea non è consolatoria, è nata per sollevare quesiti, aprire la strada alla molteplicità dei significati. Quello che ci troviamo di fronte, attraversando le Corderie dell'Arsenale e il Padiglioni Centrale ai Giardini è un mondo in trasformazione continua, in cui i generi si fondono, il senso – anche dell'esistenza in sé - diviene fluido, la natura è matrigna e benigna al tempo stesso e il corpo umano perde di identità e deve fare i conti con l'incombente tecnologia.

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Venezia: immagini di una Biennale al femminile

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La Biennale donna

La Biennale di Cecilia Alemani è tutta al femminile, a cominciare dai due leoni d'oro alla carriera: Cecilia Vicuña e Katharina Fritsch. È suo l'elefante iperrealistico che apre la mostra “Il latte dei sogni” nella sala Chini del Padiglione Centrale, tra specchi e stucchi, richiamo ai pachidermi esibiti vivi nei circhi o imbalsamati nei musei di Storia naturale. Perfetto, se non fosse per quel colore verde scuro dell'epidermide che lo rende onirico, anti-naturalistico.

All'Arsenale invece, ad aprire l'esposizione, ci accoglie una gigantesca scultura di Simone Leigh: un busto di donna (dal volto senza occhi) che sembra una enorme capanna in cui essere accolti. Le donne in questa Biennale sono in netta maggioranza: Alemani ha prediletto nella scelta artiste meno note e provenienti per lo più da paesi che un tempo avremmo definito “in via di sviluppo”.

Se Delcy Morelos ci fa camminare in mezzo a blocchi di terra per ricordarci che siamo noi stessi esseri terreni, le sculture cinetiche di Mire Lee sono fin troppo simili a organi di un corpo in continuo movimento, in cui le funzioni corporali non si fermano mai. Natura, corpo e macchina, in tutte le loro declinazioni, si ritrovano anche nelle “capsule del tempo”, cinque micro-mostre storiche sparse lungo il percorso espositivo che la curatrice ha voluto creare per collegare passato e presente attraverso le tematiche affrontate e il confronto tra artisti vecchi e nuovi.

La Biennale e la guerra

Ma quella del 2022 è anche la Biennale che ha affermato il proprio impegno a sostegno dell'Ucraina brutalmente invasa dalle truppe russe. La Russia quest'anno non partecipa all'Esposizione Internazionale d'Arte: i cancelli del Padiglione ai Giardini di Sant'Elena sono rimasti chiusi perché il curatore (di origini lituane) e i due artisti designati hanno scelto di non partecipare per protesta contro il conflitto.

A pochi passi di distanza è stata creata Piazza Ucraina, nello Spazio Esedra, ideata dall’artista e architetta ucraina Dana Kosmina per accogliere le testimonianze di artisti ucraini e degli altri paesi per esprimere solidarietà alla popolazione ucraina. Al centro della Piazza, un monumento coperto da una montagna di sacchi di sabbia, procedura in uso in tempi di guerra nelle città per proteggere l’arte pubblica dai bombardamenti. Nelle Sale d'Armi dell'Arsenale intanto ha preso forma il Padiglione Ucraina: l'artista Pavlo Makov è riuscito a realizzare la sua “Fountain of Exhaustion”, la “Fontana dell'esaurimento”, grazie all'aiuto di Maria Lanko (una delle curatrici del padiglione, assieme a Borys Filonenko e Lizaveta German) che ha caricato i pezzi dell'installazione nella sua auto e ha guidato coraggiosamente da Kiev a Milano per poi raggiungere Venezia. Sono 78 imbuti di bronzo disposti a piramide: ogni imbuto ha due terminazioni che fanno cadere l'acqua negli imbuti sottostanti: a terra arrivano solo poche, esigue gocce. Una metafora della situazione in cui versa l'umanità.

Biennale Arte dal 23 aprile al 27 novembre 2022 Sedi: Giardini e Arsenale di Venezia

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