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Big data, il mercato italiano cresce del 18%

Economia digitale. Nel 2023 il business raggiunge i 2,85 miliardi. Protagoniste le grandi aziende con l’intelligenza artificiale generativa

di Gianni Rusconi

3' di lettura

I

l mercato italiano delle soluzioni per l’analisi e la gestione dei dati (infrastrutture It, software e servizi connessi) sale nel 2023 a quota 2,85 miliardi di euro, con un consistente incremento (+18%) rispetto all’anno precedente e con una ripartizione degli investimenti che vede le grandi aziende coprire l’83% della cifra totale e le microimprese e le Pmi il rimanente 17 per cento. Il settore bancario e il comparto telco-media sono ai primi posti per volume di spesa mentre quello manufatturiero è davanti a tutti in fatto di crescita dei budget. Sulle piccole e medie imprese, il 74% delle quali svolge attività di analisi dati almeno descrittive e il 57% impiega software per la data visualization e il reporting, occorre spendere subito una precisazione: la loro incidenza sul giro d’affari è sì limitata – e comunque superiore ai numeri degli anni scorsi – ma è previsto che crescerà ancora, grazie al cloud e alla possibilità di usufruire di soluzioni as a service a costi e rischi inferiori. La fotografia dell’ultima edizione dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, che verrà presentata a Milano il 7 novembre e che il Sole 24 Ore ha visionato in anteprima, è indicativa e riflette l’ulteriore (piccolo) passo in avanti delle aziende tricolori in materia di data management.

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In un anno segnato dall’ingresso in campo dell’intelligenza artificiale generativa e la conseguente (ri)focalizzazione sulla qualità dei dataset da affidare agli algoritmi, fa quindi ben sperare la crescente maturità delle nostre imprese. Se l’obiettivo finale, come scrivono gli autori del rapporto, è costruire una data experience (intesa come l’esperienza complessiva di un utente in ogni sua fase di relazione con i dati) capace di fare la differenza, la strada imboccata sembra essere quella giusta, sebbene non manchino vari elementi di criticità e sia evidente la necessità di un’accelerazione, soprattutto a livello organizzativo e culturale.

Fra gli indicatori migliorativi a cui fare riferimento, secondo Carlo Vercellis, responsabile scientifico di questo Osservatorio, spicca la significativa diminuzione di “soggetti agnostici”, segno inequivocabile di una maggiore e generalizzata consapevolezza dell’importanza dei dati per la vita aziendale. Il 20% delle grandi imprese ha in effetti attribuito a una figura executive (il chief data officer o il chief data & analytics officer) la responsabilità di gestire e valorizzare i dati in una logica trasversale all’organizzazione e di porsi alla base di nuove forme di collaborazione extra-aziendali. Rispetto al 2022, inoltre, sono aumentate – dal 15% al 20% - le organizzazioni di classe enterprise che raggiungono lo status di “avanzate” quanto a capacità di valorizzare i dati, una tendenza che riflette la presenza ormai diffusa di figure professionali deputate a questo incarico: il 77% ha infatti in organico un data analyst, il 49% un data scientist e il 59% un data engineer. E se negli ultimi due anni sono numericamente quasi raddoppiate (dal 25% al 41% del totale) le grandi aziende con ruoli e responsabilità di data governance, circa un terzo (il 32% per la precisione) si dimostra invece ancora immaturo o ai primi passi. L’avviso che arriva da Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio, è in tal senso esplicito: «Il forte interesse non corrisponde sempre a un cambio di rotta decisivo a livello strategico, serve quindi un ulteriore salto per cogliere le opportunità offerte da tecnologie come la Gen Ai, che le aziende più mature stanno già sperimentando alla ricerca di nuove strade per estrarre insight di valore da dati non strutturati». Le applicazioni dell’Ai basata sui modelli di linguaggio di grande formato, conferma in proposito Vercellis, sono diverse e spaziano dalla creazione dei dati sintetici per aumentare la quantità (e anche la compliance) dei dati utili al contributo che la nuova Ai può dare alle attività di classificazione e catalogazione dei documenti per arrivare al potenziamento delle prestazioni dei programmatori. E non solo: l’esperienza d’uso di strumenti come Chat Gpt può entrare in azienda e mettersi al servizio delle figure di business sfruttando gli strumenti di data analytics esistenti. Il problema di fondo, semmai, sta altrove, ovvero sia nella carenza di competenze specializzate e nel mismatch evidente fra domanda e offerta di talenti. Nel 2023, solo l’11% delle aziende corporate ha introdotto almeno una figura professionale che si occupa di analisi dati o di attività connesse (per esempio l’implementazione di modelli di machine learning) e ben il 77% ha avuto seri problemi a trovare i profili richiesti.

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