ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe prospettive

Bilanci Esg e parità: la diversity apre spazi inediti

Gli aspetti ambientali e sociali richiedono anche ai legali di sviluppare specializzazioni ad hoc

di Serena Uccello

2' di lettura

Ci sono innovazioni che per decollare hanno bisogno di una spinta normativa, che la “legge” cioè scenda in campo per sostenere il cambiamento. Quando ciò si verifica si innesca una trasformazione che ha effetti plurimi. È quanto sta accadendo con la certificazione della parità di genere, introdotta dalla legge 162/2021. Un intervento che, soprattutto per le grandi aziende, ha in parte ridefinito l’agenda dei direttori Hr. Con un impatto a cascata sull’operatività e sulla formazione dei giuslavoristi.

«Per ogni studio legale – spiega Emil Bertocchi, fondatore e partner dello studio LabJus di Torino – gli effetti ci sono non tanto sul piano dell’incremento del contenzioso su questioni riguardanti le discriminazioni sui luoghi di lavoro, quanto piuttosto per l’aumento dell’attività di consulenza. Soprattutto da parte di aziende medio-grandi sta crescendo infatti la richiesta di chiarimenti. Sono aziende che evidenziano la necessità di avere risposte sulle innovazioni normative in materia di diversity o appunto della certificazione di parità».

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Una tendenza confermata anche da Giulietta Bergamaschi, managing partner di Lexellent: «Sono senz’altro emerse nuove esigenze da parte delle aziende: in particolare, ci è stata chiesta specifica assistenza con riferimento sia alla fase prodromica (assessment preliminare, redazione di policy, codici) che, in senso stretto, all’iter di rilascio della certificazione della parità di genere. In tale contesto, le competenze giuslavoristiche devono entrare in sinergia con quelle più marcatamente attinenti alla gestione aziendale; pertanto, ci stiamo trovando a interagire anche con esperti in altri campi, ad esempio l’ingegneria gestionale».

Ma la novità più importante arriva dal futuro, ovvero quando si amplierà la platea delle aziende che dovranno redigere il bilancio Esg o di sostenibilità: dal 1° gennaio 2026 l’obbligatorietà riguarderà tutte le aziende con più di 250 dipendenti, un fatturato superiore a 50 milioni di euro e un bilancio annuo pari almeno a 43 milioni. Tra gli elementi che contribuiranno a comporre le performance Esg ci sono aspetti che chiameranno in causa i giuslavoristi, «in particolare l’aspetto della governance e quello sociale – spiega Guglielmo Burragato senior partner dello Studio Ichino, Brugnatelli & Associati – di cui la tutela della parità di genere e della diversity sono componenti importanti». Dalle norme contro il lavoro nero o sottopagato agli interventi sulla sicurezza che diventano materia del bilancio, aggiunge, «ci potranno essere spazi concreti». Un esempio? I casi di aziende che dovranno tutelarsi rispetto al rischio che i propri fornitori impieghino manodopera sottopagata. Questo richiederà un investimento in termini di formazione: «Le prospettive – prosegue Burragato – sono importanti. Ma devo dire che i più giovani dimostrano notevole sensibilità su questi temi».

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