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Biocarburanti, 9 miliardi d’investimenti appesi alle scelte Ue sull’auto

Svolta del 2035. Timori per lo stop a benzina e diesel. In Italia, sulla spinta della decarbonizzazione, filiera in crescita mentre la domanda globale aumenta

di Sara Deganello

Articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 23 marzo

Riconversione. La bioraffineria di Eni a Gela

4' di lettura

Biocarburanti: una delle strade della decarbonizzazione. Eppure la decisione europea di bandire i motori a combustione dal 2035 rischia di avere un impatto anche su questo settore dalle ampie prospettive di crescita. Secondo le previsioni dell’International Energy Agency la domanda globale di biocarburanti crescerà del 20% al 2027. Ma l’incertezza non aiuta gli investimenti.

Per il presidente di Unem, Claudio Spinaci, «è evidente che tutto ciò rappresenta un freno e non certo uno stimolo per nuovi investimenti e la recente proposta della Commissione europea sul trasporto pesante rappresenta un ulteriore ostacolo. Limitare l’impiego di questi prodotti solo ai settori hard to abate non permetterà di creare le necessarie economie di scala che consentiranno di abbattere i costi e dunque i prezzi. Non si è valutato sino in fondo, o non si è voluto farlo, il fondato rischio di determinare la delocalizzazione della raffinazione europea che avrebbe invece tutte le competenze e le risorse per favorire uno sviluppo ottimale delle diverse tecnologie di produzione dei low carbon fuels (Lcf)».

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I progressi delle tecnologie

«L’Europa, così come previsto dal regolamento sulla CO2, che solo ora sta facendo emergere dubbi in alcuni Paesi a partire dall’Italia, dovrà definire entro il 2025 un sistema di calcolo delle emissioni climalteranti basato sull’intero ciclo di vita e valutare entro il 2026 i progressi delle singole tecnologie per introdurre eventuali modifiche all’attuale disciplina. Speriamo solo che non sia troppo tardi», conclude Spinaci. Nello studio Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile, pubblicato da Confindustria Energia, a cui Unem aderisce, si stimano gli investimenti al 2030 necessari nello scenario di decarbonizzazione Fit for 55 (riduzione del 55% delle emissioni ). Idrogeno a parte, mettendo in fila esempi di progetti che interessano lo sviluppo dei carburanti rinnovabili, si toccano almeno i 9 miliardi di euro. Per impianti di co-processing e co-feeding, da realizzare nelle raffinerie per carburanti destinati a un utilizzo in miscelazione, sono necessari 2,3 miliardi di euro. Per il biometano avanzato l’obiettivo è arrivare a 6 miliardi di metri cubi. È previsto un progressivo aumento della produzione di bio-Gnl soprattutto per il trasporto pesante e marittimo: servono 45 impianti da 200mila tonnellate annue con un investimento di oltre 1,5 miliardi.

Per quanto riguarda i recycled carbon fuels, carburanti liquidi e gassosi prodotti in particolare da rifiuti non riutilizzabili, ci si aspetta prossimamente una produzione di circa 800mila tonnellate all’anno grazie a nuovi impianti e a investimenti programmati sempre al 2030 di circa 1,5 miliardi di euro. Altri 1,5 miliardi di euro andranno nella realizzazione di impianti di produzione di bio-Gpl e 2,4 in quelli di Dimetil-Etere rinnovabile (Dme), tramite processamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, prodotti destinati ai trasporti e al riscaldamento.

«Questa decisione dell’Europa avrebbe un impatto su un modello produttivo che fa parte del nostro Paese: negli anni abbiamo mostrato, infatti, che il biometano prodotto dall’agricoltura può essere utilizzato efficacemente nei trasporti», spiega Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas: «Abbiamo più di mille soci, circa 830 aziende agricole e 200 industrie fornitrici di tecnologie. Per la parte agricola, le aziende hanno investito più di 3 miliardi di euro negli ultimi 10 anni, creando filiere locali. Oggi il biometano rifornisce l’80% dei veicoli a gas naturale in Europa, con un’infrastruttura di distribuzione già presente. Fare a meno di questo patrimonio potrebbe essere un grosso limite per l’industria dei trasporti soprattutto pesanti e marittimi. Allo stesso tempo, restringere la costruzione del mercato futuro del biometano crea incertezza per chi fa investimenti di 10-15 anni».

Produzione in espansione

Per Stefano Ballista, ad di Eni Sustainable Mobility, il percorso di decarbonizzazione include diverse soluzioni che comprendono elettrico e idrogeno, ma biocarburanti e biometano hanno ruolo fondamentale: «Ci sono già e utilizzano infrastrutture esistenti. E nel settore aereo, marittimo e per il trasporto pesante al momento sono l’unica risposta». In questo contesto si colloca il nuovo piano dell’azienda che prevede un’accelerazione dei target di produzione dei biocarburanti: dagli attuali 1,1 milioni di tonnellate all’anno agli oltre 3 nel 2025, fino a 5 entro il 2030. «Nella bioraffineria di Venezia incrementeremo la capacità di 200mila tonnellate. A Livorno c’è un possibile sviluppo con progetto di riconversione allo studio, oltre a percorsi di crescita nel mondo», spiega. Un altro passo è la differenziazione dei prodotti, come l’Hvo (hydrotreated vegetable oil) in purezza, già disponibile in oltre 50 stazioni di servizio, o l’Eni Biojet, un Saf (sustainable aviation fuel): «In italia è prevista la produzione di biojet a Gela e Venezia. Arriveremo a 200mila tonnellate al 2024. Per il Saf l’Europa sta lavorando per introdurre una quota minima obbligatoria nel 2025: il 2% del totale», racconta Ballista.

Lo spazio per crescere è un comune denominatore. Consideriamo anche il bioetanolo: «Come consumo, questo mercato in Italia è a zero in questo momento. Eppure è il biocarburante più diffuso al mondo, più del biodiesel», racconta Sandro Cobror, direttore generale di AssoDistil: «Le prospettive di crescita sono interessanti: c’è una disposizione del governo per obblighi di utilizzo che valgono 55mila tonnellate nel 2023 e 320mila nel 2025. Fino ad allora potremmo soddisfare la domanda interna con la produzione nazionale. Poi saranno necessari nuovi impianti. Ma con l’eventuale bando Ue i produttori sono preoccupati che la domanda si prosciughi e gli investimenti vengano bloccati. Il bioetanolo, che pure riduce le emissioni del 76% rispetto alla benzina, va inoltre oltre i carburanti: rappresenta una chiave per sviluppare più in generale la chimica verde».

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