CREATO PER ENI

Biocarburanti, l’economia circolare applicata alla mobilità

3' di lettura

Sebbene il concetto di economia circolare non sia nuovo, i primi riferimenti nel pensiero economico spuntano già dalla metà degli anni Settanta, è soltanto nell’ultimo ventennio che ha acquisito concreta rilevanza, in conseguenza della scarsità delle materie prime, dell’espansione della popolazione mondiale ad un ritmo sempre più accelerato e degli altissimi livelli di inquinamento raggiunti. Oggi è di cruciale importanza a livello europeo e globale coniugare un uso efficiente delle risorse con la salvaguardia dell’ambiente.
Nel processo di transizione è divenuta quindi essenziale la conversione ad una “economia senza rifiuti” (no-waste-economy), che “si nutre” di ciò che produce, con vantaggi non solo ambientali, ma anche economici e sociali. Per citare la Ellen Mc Arthur Foundation creata proprio allo scopo di promuoverla, l’economia circolare è “pensata per potersi rigenerare da sola, (...) un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi.” Oggi sono molte le declinazioni pratiche di tale assunto, dal pieno recupero dei rifiuti generati, siano essi industriali, agroalimentari o urbani, alla produzione di biocarburanti per la decarbonizzazione dei trasporti, attraverso la conversione delle raffinerie.
Sul fronte dei rifiuti urbani vale senz’altro citare l’Olanda, dove negli ultimi anni sono stati sviluppati alcuni dei progetti europei più interessanti in ambito di bioeconomia e sostenibilità. L’amministrazione di Amsterdam ha varato un ciclo ad alto valore del rifiuto organico, basato su un sistema di bioraffinerie municipali. Si è stimato che se le 50 maggiori città europee ne seguissero l’esempio, potrebbe essere generato un valore aggiunto per l’economia di 12 miliardi di dollari all’anno, evitando nello stesso periodo emissioni di CO2 per 50 milioni di tonnellate e creando nel lungo periodo circa 100.000 nuovi posti di lavoro.

Futuro dei trasporti, l’Italia punta sulle bioraffinerie Eni
Guardando al futuro dei trasporti europei in termini di sostenibilità gli occhi sono puntati sul 2026, quando la Commissione Ue dovrà votare la clausola di revisione degli obiettivi del pacchetto Fit for 55, che potrebbe ridisegnare l’impianto normativo complessivo dell’automotive nel Vecchio Continente. Bruxelles dovrà infatti verificare se le alternative all’elettrico – efuels, idrogeno e biocarburanti – avranno ridotto o azzerato le emissioni nel ciclo di vita. La Germania punta tutto sugli efuels, i carburanti sintetici che mescolano idrogeno e rinnovabili. L’Italia con Eni scommette invece sui biocarburanti, attraverso un’operazione di circular economy altamente competitiva. Il colosso energetico ha infatti investito nella valorizzazione di asset strategici destinati alla dismissione, salvaguardando intere aree industriali e assicurandone una maggiore sostenibilità economica e sociale: è il caso dei siti Eni di Venezia e Gela. Quella di Porto Marghera, attiva dal 2014, è il primo esempio al mondo di conversione di una raffineria tradizionale in bioraffineria per la produzione di biocarburanti e può utilizzare, così come il sito siciliano di Gela, operativo dal 2019, fino al 100% biomasse di scarto. Entrambi gli impianti sono oggi palm oil free e la produzione di biocarburanti è alimentata da scarti e residui della lavorazione di oli vegetali, da grassi animali e da oli vegetali estratti da coltivazioni in terreni degradati e a scarso consumo d’acqua, che la Società sta implementando in Africa. La conversione si basa su una tecnologia proprietaria sviluppata da Eni in collaborazione con Honeywell UOP, un importante fornitore internazionale e concessore di licenza di tecnologie.

Sbarca in Usa il modello delle bioraffinerie Eni
Oltre a lavorare per raddoppiare la capacità delle bioraffinerie esistenti per raggiungere più di 5 milioni di tonnellate/anno entro il 2030, Eni Sustainable Mobility, la società di Eni dedicata alla mobilità sostenibile, è nella joint venture St. Bernard Renewables (SBR) per la bioraffineria oggi operativa a Chalmette in Louisiana (USA), ed ha intrapreso studi di fattibilità per la possibile realizzazione di due nuove bioraffinerie. La prima all’interno del sito industriale di Eni a Livorno e la seconda a Pengerang, in Malesia, in collaborazione con i partner Euglena e Petronas. La bioraffineria toscana consentirebbe di massimizzare le sinergie con le infrastrutture già disponibili e di assicurare un futuro produttivo e occupazionale al sito; la progettazione dei nuovi impianti sarà ultimata entro l’anno e la realizzazione potrebbe avvenire già nel 2025.
Altri investimenti sono in corso nella bioraffineria di Porto Marghera, per la nuova sezione BTU (Biomass Treatment Unit) che consentiranno di ampliare la gamma di materie prime di scarto che la alimentano. Attualmente gli impianti hanno una capacità di lavorazione di 400mila tonnellate/anno e dal 2024, grazie a un ulteriore upgrading, passeranno a 600mila tonnellate/anno. Una volta ottenute le autorizzazioni è previsto infatti anche un impianto steam reforming per la produzione di idrogeno. L’obiettivo del cane a sei zampe è raggiungere la decarbonizzazione di tutti i prodotti e i processi entro il 2050.

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