Bioterapie, in Europa Novartis investe 300 milioni di dollari
Vas Narasimhan, ceo della multinazionale svizzera, ha avviato una trasformazione mirata per trasformare la società in una “focus medicine company” concentrata su cinque aree terapeutiche
di Francesca Cerati
4' di lettura
Più snella e focalizzata sui farmaci biologici. Nella nuova visione di Vas Narasimhan, ceo di Novartis dal 2018, c’è anche il trasferimento della sede italiana da Origgio al centro di Milano - dove lo abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione - che diventa così più vicina all’ecosistema dell’innovazione e della ricerca.
La sua visione, fin da quando ha assunto il ruolo guida in Novartis, è stata quella di trasformarla in un’azienda farmaceutica alimentata dalla scienza dei dati e dalle tecnologie digitali. Dopo 5 anni, quali sono i risultati e su cosa si concentra oggi la strategia di Novartis?
«Negli ultimi 5 anni la società ha impegnato 100 miliardi di dollari in operazioni per rendere Novartis una medicine company basata sulla scienza dei dati e sulla tecnologia. Oggi l’obiettivo è di essere una focus medicine company, concentrata su 5 aree terapeutiche. In particolare, i dati di R&S ci aiuteranno a identificare nuove opportunità di farmaci, a svolgere gli studi clinici più velocemente e a raggiungere più rapidamente i pazienti. Da 5 anni a questa parte siamo usciti da tutta una serie di aree: dal consumer, dall’oculistica e ormai anche dai generici, per focalizzarci sulla terapia genica, a Rna, i radioligandi (prodotti in Italia) e terapie innovative».
Pochi giorni fa ha dichiarato di investire milioni di dollari in Slovenia e Austria per implementare le vostre sedi. Pensa di investire anche in Italia? E quali sono le criticità che il nostro paese ha nell’incentivare gli investimenti delle multinazionali del farmaco?
Abbiamo annunciato un investimento di 300 milioni di dollari in biotecnologie in Svizzera, Austria e Slovenia. In Italia sono due i principali campi d’interesse: a Torre Annunziata, dove produciamo piccole molecole per le malattie cardiovascolari per il resto del mondo, e a Ivrea, dove abbiamo la produzione di radioligandi per le patologie tumorali, soprattutto per il mercato americano e europeo. Il terzo campo d’investimento riguarda gli studi clinici e l’Italia è un paese estremamente importante per noi a livello globale. Ci aspettiamo di continuare a investire in questi tre ambiti. Penso che nel futuro, per continuare ad attirare investimenti, l'Italia debba dimostrare di sostenere la medicina innovativa, con un ambiente fiscale e normativo favorevole, oltre che essere attrattivo per i talenti.
In tema di innovazione, volete creare un hub di terapie biologiche nel campus di Basilea?
Fa parte dei nostri investimenti l’aggiunta di un centro per le biotecnologie e sempre nello stesso campus stiamo creando un Bio Park aperto anche ad aziende di settori diversi.
Parliamo della pipeline. Anche voi state sviluppando molecole a base di Rna?
C’è un intero mondo di possibilità terapeutiche che stanno emergendo oltre all’mRna, che oggi è una tecnologia molto potente contro i virus come abbiamo visto con il Covid, ma serve raccogliere ulteriori dati per vedere se è possibile applicarla anche in altri ambiti. Noi, invece, ci concentriamo sulle terapie a piccoli Rna interferenti (siRna), che sono in grado di interferire con la produzione di proteine che causano malattie. È una tecnologia innovativa che ha tra i vantaggi il fatto di essere assunta due volte all’anno. L’esempio è l’ipolipemizzante Inclisiran (iniezione sottocutanea), che riduce gli alti tassi di colesterolo nel sangue, prima causa di mortalità nel mondo. Non ha il meccanismo d’azione del vaccino ma può previene gli eventi cardiovascolari, e in futuro prevediamo di impiegare questa tecnologia anche nel trattamento di altre malattie. Inclisiran ha già ricevuto l’approvazione sia in Europa che negli Stati Uniti, mentre in Italia siamo nella fase finale del negoziato con Aifa, ed entro la fine dell’anno dovremmo avere l'approvazione.
L’area cardiovascolare è già molto ricca di soluzioni farmaceutiche e il vostro nuovo farmaco rispetto alle esistenti potrebbe essere più costoso. Qual è il razionale?
Novartis è stata uno dei leader nella lotta contro le malattie cardiovascolari per 50 anni. In più, solo il 25-30% dei pazienti che ha avuto un attacco cardiaco o un ictus è compliance con la terapia, quindi, è chiaro che ci sono grandi vantaggi dal punto di vista della salute pubblica nell’avere un farmaco che può essere somministrato solo due volte all’anno. Per quanto riguardo il costo, abbiamo fatto per esempio un accordo di collaborazione con il sistema sanitario inglese che tiene conto del rapporto prezzo/volume. A oggi prevediamo di raggiungere 350.000 pazienti, domani potremmo arrivare a 1.800.000 pazienti. Vorremmo applicare questo approccio di medicina di popolazione anche con altri paesi.
Porterete all’approvazione oltre 20 potenziali altri farmaci a partire dal 2026. Di quale categorie di farmaci stiamo parlando?
Ci stiamo concentrando su 5 aree terapeutiche: cardiovascolare, immunologia (dermatologia e reumatologia), neuroscienze e oncologia (tumori solidi e liquidi). In ognuna di queste aree prevediamo di sviluppare nuovi farmaci e di investire anche in piattaforme tecnologiche per i radioligandi e le terapie geniche.
Pensate di sfruttare anche la tecnologia Crispr?
La tecnologia Crispr viene applicata per la cura dei tumori e noi la stiamo sviluppando in collaborazione con due biotech: Sangamo Therapeutics e Crispr Therapeutics.
Rispetto al Crispr c’è un contenzioso sul brevetto, secondo Lei, questo tipo di controversie possono ostacolare l'innovazione e quindi rallentare l’arrivo di farmaci innovativi?
No, nella storia dell’industria farmaceutica non abbiamo mai osservato che queste dispute mettano in pericolo o comunque ostacolino l’arrivo dei farmaci sul mercato. Molto spesso si risolvono con il pagamento di royalties.
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