Birra in crisi: perdita di valore aggiunto per la filiera di 120 milioni nel primo semestre
Secondo l’Osservatorio Birra dopo un buon 2022 a metà anno il settore registra dati preoccupanti: meno 3% di «valore condiviso».
di Emiliano Sgambato
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Il 2023 si sta rivelando un anno amaro della birra, dopo i buoni risultati del 2022 e le speranze legate alla ripresa di consumi fuori casa che lasciavano presagire una maggior capacità di resistenza del comparto. La conferma, dopo l’allarme lanciato da Assobirra, arriva anche Osservatorio Birra con il 7° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys, secondo cui a metà anno si registrano «dati molto preoccupanti, che mettono a rischio l’occupazione e il valore aggiunto che la sua filiera porta al Paese».
Secondo lo studio, «l’effetto moltiplicatore del valore, che cresce per ogni passaggio nella filiera brassicola, vale purtroppo anche al contrario. In altre parole, se entrano in crisi i produttori, che rappresentano una minima parte del valore condiviso che la birra porta al Paese, ne risente tutta la filiera».
La crisi del settore (che, secondo l’Osservatorio non ha mai smesso di investire, con 250 milioni di euro negli ultimi 4 anni), incastrato tra l’aumento dei costi di produzione e la riduzione del potere d’acquisto degli italiani, mette sotto pressione agricoltura, trasformazione, produzione, logistica, trasporti, grande distribuzione e ristorazione.
Se si considerano infatti tutte le fasi della filiera (approvvigionamento materie prime, produzione, logistica, distribuzione e vendita) Althesys calcola che il settore nel 2022 ha per la prima volta sfondato il tetto dei 10 miliardi di euro di valore condiviso, (10,2 miliardi, +9,2% rispetto all’ottimo2021) con una crescita del 4,1% in volume, 3,2 punti percentuali in più conquistati dal fuori casa (horeca, dal 32,6% al 35,8%), la crescita dell’8% degli occupati (oltre 103 mila dipendenti lungo la filiera), 4,3 miliardi pagati al fisco (di cui 707 milioni di euro di accise).
Secondo lo studio «solo l’1,3% dei 10,2 miliardi circa di valore condiviso è “trattenuto” dai birrifici, il resto viene distribuito ai lavoratori della filiera e allo Stato» e «ogni euro di birra venduta ne ha generati 6,8 lungo l’intera filiera». Ne beneficiano soprattutto le fasi a valle (distribuzione e vendita, con 8.102 milioni di euro), mentre «la birra ha portato un cospicuo contributo alle casse dello Stato: 4 miliardi e 278,8 milioni di euro tra Iva, imposte e contributi sul reddito e sul lavoro». Inoltre, la filiera ha distribuito 2,8 miliardi di euro di salari, dando lavoro a oltre 100mila famiglie, generando circa 30 occupati per ogni addetto alla produzione.
Ma nel primo semestre 2023 – con l’inflazione arrivata dopo il boom del costi esposo già nel 2022 – la tendenza ha invertito la rotta. L’Osservatorio registra un calo del valore condiviso di circa il 3%, pari a circa 120 milioni di euro. «Nel quadro di un 2023 particolarmente difficile – si legge nello studio – desta grave preoccupazione per il settore il peso delle accise, destinate ad aumentare nuovamente a partire dal 1° gennaio 2024». Se entrano in crisi i produttori ne risentono anche tutta la filiera: «In particolare i canali distributivi, la grande distribuzione (1.522,9 milioni di euro) e, soprattutto il fuori casa (6.579,8 milioni di euro), e cioè i ristoranti, le pizzerie, i pub e i bar, dove la birra, in virtù della sua marginalità costituisce una parte fondamentale del giro di affari».
«Inoltre – continua l’Osservatorio – una crisi della birra tocca anche l’agricoltura italiana. E non solo perché il settore agricolo fa parte della filiera della birra. Ma perché questa bevanda è un traino decisivo per la fetta di consumi agroalimentari nei 350mila punti di consumo: uno studio Osservatorio Birra/Piepoli dimostra infatti che quando al ristorante, in pizzeria, al pub o in trattoria si ordina una birra, 8 volte su 10 viene sempre accompagnata dal buon cibo della nostra tradizione agroalimentare italiana».
E naturalmente la fine dello “sconto” sulle accise in scadenza a fine anno, si potrebbe ripercuotere sul prezzo finale, rischiando di alimentare una spirale negativa.
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