Bitcoin ai minimi dell’anno. Ecco perché continua il ribasso
di Pierangelo Soldavini
3' di lettura
Ormai il bitcoin non fa più notizia, ma una nuova ondata di vendite, avviata venerdì, ha portato la criptovaluta più famosa ai minimi dell’anno, con un livello più basso toccato domenica a 5.800 dollari, livelli che non si vedevano da febbraio e comunque dal picco toccato a metà dicembre a ridosso dei 20.000 dollari. Da tre giorni a questa parte si sta infatti giocando una partita tecnica attorno alla soglia di 6.000 dollari, che se sfondata al ribasso potrebbe aprire la strada a nuovi pesanti ridimensionamenti delle quotazioni.
Il bitcoin prosegue così una fase di caduta dal picco di 19.800 dollari toccato a metà dicembre: pur con qualche rimbalzo, ha proseguito una discesa ininterrotta che ha provocato un crollo di circa il 70% delle quotazioni. A dir la verità rispetto a un anno fa, quando il bticoin valeva 2.500 dollari, le quotazioni sono più che doppie.
In ogni caso la caduta ha appesantito l’intero comparto delle criptovalute, che oggi segna una capitalizzazione totale pari a 250 miliardi di dollari, quasi un quarto rispetto al picco di 800 miliardi toccato a inizio anno. In questo scenario il bitcoin ha oggi un valore complessivo di poco più di cento miliardi.
I motivi della discesa
A dare il via alla nuova ondata di vendite è stato l'intervento delle autorità regolamentari giapponesi che hanno chiesto a BitFlyer e ad altri cinque exchange di stringere i freni in fatto di misure di sicurezza, costringendo le piattaforme a non accettare nuovi clienti dal momento che per ora risultano insufficienti le misure per identificare i movimenti di riciclaggio di denaro e di finanziamento dei terroristi.
Il provvedimento, che ha coinvolto le maggiori piattaforme giapponesi di scambio di criptovalute, sembra indicare un cambiamento di rotta da parte delle autorità nipponiche in un Paese dove dallo scorso anno il bitcoin è accettato come mezzo di pagamento. Una nuova rivalutazione delle politiche di sicurezza e accesso agli exchange verrà fatta tra un mese. Ancora oggi la grande maggioranza del trading sul bitcoin è denominato in yen.
Problemi di sicurezza
La stretta operata dalla Financial Services Agency giapponese è stata avviata dopo che a gennaio un exchange nipponico, Coincheck, è stato bloccato dagli hacker che hanno “rubato” valute per 530 milioni. Il problema delle intrusioni criminali negli exchange alla ricerca dei bitcoin detenuti in custodia per conto dei clienti si ripresenta con preoccupante frequenza: l'altra settimana in Corea del Sud, altro Paese molto attivo sul mercato delle criptovalute, Coinrail, exchange relativamente piccolo, ha denunciato un attacco, episodio che aveva provocato un primo scrollone alle quotazioni dopo un periodo di relativa stabilità. E settimana scorsa un'altra piattaforma coreana, Bithumb, ha visto volatilizzare criptovalute per 30 milioni di dollari.
Anche l'italiana BitGrail è stata vittima di un attacco lo scorso febbraio con il furto di 17 milioni di Nano, per un controvalore di 200 milioni di dollari.
Mercato sempre più speculativo
Questi problemi non sono forse sufficienti a giustificare la prosecuzione del ribasso, che in gran parte rimane immotivata, così come senza motivazioni specifiche è stata l'ondata speculativa che ha spinto le quotazioni a dismisura l'anno scorso.
Se non il fatto che il mercato è altamente rischioso soprattutto per la grande concentrazione dei patrimoni in poche mani. D'altra parte la riduzione del mercato ha inevitabilmente modificato la composizione e la natura del trading, oggi dominato dalla speculazione più a breve. Secondo i dati di Chainanalysis lo scoppio della bolla ha provocato un'ondata di vendita pari a oltre 30 miliardi di dollari da parte degli investitori di lungo periodo nei tre mesi successivi al picco di dicembre. E attualmente cinque milioni di bitcoin, quasi la metà di quelli effettivamente in circolazione (al netto degli oltre sei milioni andati perduti), sono detenuti da portafogli di investitori a breve termine.
Per di più un mercato per sua natura estremamente volatile è molto concentrato: ben cinque milioni di bitcoin sono in mano a 1.600 wallet. Di fatto, quindi, il rischio di manipolazione e di movimenti gonfiati da parte degli speculatori sono ancora più elevati del solto.
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