Black friday, ricerca del risparmio o piacere dell’offerta?
Secondo l'economia classica, la spinta primaria al consumo è la riduzione dei prezzi
di Lorenzo Dornetti**
2' di lettura
Secondo l'economia classica, la spinta primaria al consumo è la riduzione dei prezzi. La leva che spinge le persone a comprare è lo sconto, in una massimizzazione dell'utilità. La finanza comportamentale ha dimostrato, in maniera incontrovertibile, che la logica è insufficiente nella comprensione delle decisioni umane. E infatti, la razionalità non spiega da sola il successo del venerdì nero. L'attivazione all'acquisto non si associa al reddito. Una recente ricerca di mercato pubblicata da Kantar evidenzia che il 70% della popolazione comprerà durante il black friday, senza distinzioni sostanziali per fasce di reddito. Perché chi non ha problemi economici dovrebbe aspettare un momento confuso per acquistare? Cosa c'è di razionale nel correre il rischio di non trovare il prodotto o servizio desiderato quando l'impatto dello sconto è una percentuale infinitesimale del proprio reddito o patrimonio? Anche un'analisi delle categorie merceologiche coinvolte nel Black Friday non si associa alla ricerca del miglior prezzo. Tecnologia, moda, articoli di design e profumi sono beni voluttuari, non necessari. Il successo di questo fenomeno planetario è radicato in uno dei meccanismi psicologici più studiati da Richard H. Thaler ed affonda le sue radici nell'affettività, nell'autostima e nell'emotività.
Lo psicologo, premio Nobel per l'economia, ha dimostrato che, oltre al piacere per l'acquisto, esiste un piacere aggiunto legato all'idea di aver fatto un affare. Immagina un cliente che sta valutando l'acquisto di una nuova TV al costo di 500 euro. Comprerà? Secondo l'economia classica si, se il piacere connesso al possesso del bene supera il dolore del pagamento. E' la massimizzazione dell'utilità nel rapporto costi/benefici. Il cervello umano però non è una calcolatrice razionale. Se il cliente sa che quella TV fino a 2 settimane prima aveva un prezzo di 600 euro, si attiva un'ulteriore dinamica legata all'aver scovato l'affare. La logica imporrebbe una decisione determinata dal rapporto tra costi sostenuti e benefici. Il piacere del possesso del bene si dovrebbe confrontare razionalmente con la spesa sostenuta. Thaler ha dimostrato in moltissime ricerche che sapere di comprare ad una cifra più vantaggiosa, genera nel consumatore un piacere ulteriore, che si somma a quello connesso all'acquisto. Scovare l'affare aumenta l'autostima e fa stare meglio. Il cliente si sente più scaltro ed intelligente per aver comprato al momento giusto ad un prezzo inferiore. E proprio questo piacere aggiunto è la spinta definitiva all'acquisto. Questa “ricerca dell'affare” spiega perché il black Friday coinvolge anche le persone più benestanti e soprattutto categorie merceologiche non di prima necessità.
È diffusa on line l'abitudine di annotarsi i prezzi già dai primi di ottobre per misurare la riduzione dei prezzi. Dietro questo comportamento apparentemente razionale, si nasconde la ricerca di una dose di piacere aggiuntivo, il piacere dell'offerta.
Il Black Friday si chiama Nero per il colore dell'inchiostro sui libri contabili su cui si segnavano i ricavi. Oggi è il rituale simbolo dello shopping. Lo sconto è solo la superficie razionale. Gli studi di Neurovendita dimostrano che il cervello che acquista non attua una lucida valutazione tra costi e benefici. Dinamica affettive come la crescita dell'autostima connessa alla ricerca dell'affare spinge alla decisione d'acquisto. La mente è irrazionale quando compra, anche quando sembra non esserlo.
** Direttore del Neurovendita Lab
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