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Black Lives Matter in cima alla Power 100 di ArtReview

La 19ª edizione della classifica dei personaggi più potenti dell'arte premia per la prima volta un movimento. Escono i nomi dell'establishment per fare spazio a collettivi e iniziative non convenzionali

di Silvia Anna Barrilà

4' di lettura

Per la prima volta, in cima alla Power 100 della rivista inglese ArtReview non c'è una personalità influente del mondo dell'arte, ma un movimento: il Black Lives Matter . La 19ª edizione della classifica dei personaggi più influenti dell'arte, pubblicata il 3 dicembre 2020, conferma una tendenza anti-establishment e anti-eurocentrica già avviata l'anno passato e incorona artisti, collettivi, movimenti, personalità impegnate ad affermare un mondo più equo. Quest'anno, l'accento è posto ancora di più sulla circolazione di idee e valori quali la giustizia, l'uguaglianza, la sostenibilità, i diritti umani, e il modo in cui essi influenzano il nostro modo di concepire l'arte. Certamente il movimento Black Lives Matter ha risuonato forte nel mondo dell'arte: ha spinto i musei a riconsiderare le loro collezioni, le gallerie ad includere artisti neri nelle loro liste, ha messo in discussione statue e monumenti pubblici. Ed ora domina la lista degli influencer. Al secondo posto si piazza il collettivo indonesiano ruangrupa , che nel 2019 è stato chiamato a curare Documenta 15 (è entrato in classifica l'anno scorso al 10° posto) e promuove una pratica artistica basata sulla collaborazione e la collettività. Al numero tre ci sono i due accademici francesi Felwine Sarr e Bénédicte Savoy, paladini delle restituzioni degli artefatti africani sottratti dai paesi europei durante il colonialismo. Il movimento #MeToo, entrato in classifica nel 2018 al terzo posto, è ora al quarto posto, seguito dal filosofo Fred Moten , figura di riferimento per i Black Studies e per artisti come Arthur Jafa, in sesta posizione.

ruangrupa

La scena italiana

L'energia rivoluzionaria si riflette sulla stessa composizione della lista che contiene 46 nomi nuovi, il turnover più alto degli ultimi 15 anni. Ma se è vero che, a livello di artisti, teorici e istituzioni, ci può essere maggiore varietà, in quanto a gallerie ricorrono ogni anno gli stessi nomi. Anche il mondo dell'arte italiano da anni è rappresentato unicamente da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Miuccia Prada, il trio di Continua , Massimo De Carlo, anche se qualche novità c'è: Cecilia Alemanni, curatrice della prossima mostra della Biennale di Venezia , ha preso il posto del marito Gioni, mentre una new entry è Alessio Antoniolli (87ª posizione), direttore di Gasworks a Londra e Triangle Network . Nel 2019 è stato parte della giuria che ha assegnato il Turner Prize a tutti e quattro i nominati in nome della solidarietà e della collaborazione.

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Saidiya Hartman

I nuovi ingressi

Alcuni dei nuovi nomi sulla lista non saranno forse noti a tutti. Entra, per esempio, in posizione 11°, Darren Walker , direttore della Ford Foundation , che ha indirizzato la vasta ricchezza della sua organizzazione (13 miliardi di sovvenzioni) a favore delle categorie sottorappresentate nelle organizzazioni culturali e nella società civile. La studiosa Saidiya Hartman (9°) ha influenzato una generazione di artisti con il suo lavoro sulla storia e l'identità nera. Le politiche di genere sono al centro anche degli scritti di Legacy Russell (100°). Kourtrajmé (80°) è una scuola di cinema e collettivo di artisti in Francia che apre il mondo elitario dell'arte e del cinema ad un pubblico più ampio attraverso programmi di formazione gratuiti. Le questioni globali di giustizia politica e climatica sono alla base del lavoro dei collettivi Forensic Architecture (14°) e Feral Atlas (15°). Apprezzato anche il lavoro della biennale antiistituzionale ungherese Biennale-OFF, fondata da Hajnalka Somogyi (96°) o lo spazio gestito da artisti di Manila Green Papaya Art Projects (99°). Alcuni artisti sono “premiati” per il loro impegno a sostenere i colleghi in un periodo di crisi economica dovuta alla pandemia, come Matthew Burrows (37°), che ha fondato un gruppo di vendita di opere d'arte su Instagram, e Cosmin Costinas (38°) attraverso l'istituzione Para Site a Hong Kong.

Glen Lowry

Chi è fuori

Ma per fare entrare tanti nuovi nomi impegnati in quest'anno difficile, altri sono stati rimescolati o eliminati. Accanto a Marc Spiegler c'è ora James Murdoch, che ha salvato il gruppo Mch da una situazione complicata, così come accanto a Barbara Gladstone c'è Gavin Brown, che ha chiuso la sua galleria e si è unito alla collega. Fuori, invece, artisti come Yayoi Kusama (era all'8° posto) Kara Walker, Kerry James Marshall, Theaster Gates, Pierre Huyghe, Philippe Parreno, Olafur Eliasson, William Kentridge, Kader Attia, Liam Gillick, Trevor Paglen, così come galleristi come Jay Joplin, Thaddaeus Ropac, Sprüth Magers, Esther Schipper, Marian Goodman, Daniel Buchholz, Sadie Coles, Hyun-Sook Lee di Kukje Gallery . Non sono più in classsifica collezionisti come Bernard Arnault, Francois Pinault, Eli e Edith Broad, Patricia Phelps de Cisneros; direttori di musei come Manuel Borja-Villel del Reina Sofia ; curatori come Ralph Rugoff (la Biennale di Venezia oramai è passata e si guarda alla prossima) e Ute Meta Bauer. Insomma, è guerra all'establishment, ma attenzione perché la fortuna su queste classifiche è passeggera. Basta un attimo e la gloria svanisce. Tuttavia la rivista inglese quest’anno manda un segnale forte: anche il mondo dell’arte sta cambiando velocemente. La pandemia sta mettendo in discussione le posizioni di potere dell’establishment così come i modelli culturali e di business sottesi. Una nuova energia sta emergendo e porta nomi collettivi e una cultura non convenzionale. Manca forse dall’elenco la rappresentazione del potere asiatico che sicuramente nei prossimi mesi accrescerà la sua influenza.

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