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Le bolle finanziarie esplodono senza preavviso, cominciano a gonfiarsi in sordina, crescono a dismisura per poi immancabilmente raggiungere ed oltrepassare i propri limiti di sostenibilità e poi esplodere, complice spesso il massiccio uso di derivati e cartolarizzazioni. Il cigno nero è per definizione imprevedibile, statisticamente non rilevabile, compare spesso a causa di un evento esogeno: una guerra, una pandemia….
Questa volta, però, è diverso: nessuna bolla speculativa sta esplodendo, nessun cigno nero all'orizzonte, piuttosto un candido cigno bianco, candido come il sereno atteggiamento delle principali banche centrali nell'interrompere i piani di acquisto di titoli obbligazionari e contemporaneamente innalzare repentinamente i tassi a breve termine. Candido come la mancanza di alcun segno di allerta da parte degli organi di vigilanza alle porte di una possibile trappola finanziaria che i mercati azionari sembrano per ora non vedere.
I portafogli obbligazionari globali hanno perso, nel 2022, un valore medio intorno al 15% (Bloomberg Global Aggregate Bond) riducendo drasticamente il valore di mercato dei portafogli di banche, assicurazioni, fondi pensione, aziende, famiglie; Il tasso d'inflazione in molti paesi è salito fino ad oltre al 10% riducendo il potere d'acquisto con l'aumento esponenziale (ancorché temporaneo) dei costi energetici; le banche centrali hanno aumentato i tassi con una rapidità che vede pochi precedenti, con il tasso dei Fed Funds tornato ai livelli del 2007 in meno di anno; le curve dei tassi dei maggiori paesi industrializzati sono quasi tutte invertite negativamente, chiaro indicatore di recessione. Negli USA è fallita una banca (SVB), il secondo fallimento bancario di sempre; in Europa, il fallimento di Credit Suisse è stato evitato con l'intervento della Banca Centrale Svizzera, che ha favorito di fatto la fusione con UBS, permettendo l'azzeramento di 3 miliardi di equity e 17 miliardi di obbligazioni, tutto a carico degli investitori. In Italia, nel nostro piccolo, la faccenda Eurovita ha messo in evidenza tutta la fragilità delle gestioni separate che, pur non obbligate al mark to market, hanno visto deteriorarsi velocemente gran parte degli assets mettendo a rischio la capacità di rimborso.
Il paragone con il 2008 è inevitabile, diversi i fattori, ma simile la situazione, con l'unica differenza che tutto è stato accuratamente previsto se non pianificato: esplosione dell'inflazione favorita dalla guerra in Ucraina per ridurre il valore nominale dell'enorme debito dei principali paesi industrializzati, Interruzione delle politiche espansive delle banche centrali con un conseguente rialzo dei tassi di proporzioni eccezionali, alleggerimento dei bilanci delle banche centrali di un quantitativo esorbitante di carta obbligazionaria per tornare ad una situazione di “normalità” di mercato. Insomma, il flusso ininterrotto di liquidità e interventi sistemici a favore di aziende e gruppi troppo grandi per fallire doveva ad un certo punto terminare e questo è il modo con il quale si è deciso di farlo. Analizzando la situazione del mercato italiano, composto in gran parte da piccole e medie imprese, possedute generalmente da privati, storicamente legate alle banche o al mercato sotto forma di debito, la stessa si presenta quantomeno preoccupante, a causa dell'aumentare del già citato costo del denaro, della minore attitudine delle banche a prestare denaro, dell'aumento dei costi alla produzione e soprattutto di un prevedibile aumento di rischio liquidità. Uno scenario verosimile è quello di una maggiore polarizzazione del mercato con, da una parte, aziende sane con buoni margini operativi e limitato ricorso al debito, alcune delle quali anche ricche di liquidità, e, dall'altra, aziende indebitate, con margini operativi ridotti, in difficoltà per accedere o rinegoziare il debito. In tale situazione potrebbe essere prevedibile un aumento delle operazioni straordinarie con fusioni, acquisizioni e aumenti di capitale necessari a conservare la piena operatività delle imprese e a rilanciarle. Il ricorso alla quotazione in borsa potrà sempre essere una buona soluzione, a patto che il mercato continui ad accettare le recenti valutazioni e multipli. La trappola finanziaria è stata dunque innescata e le uniche autorità in grado di gestirla sono proprio quelle banche centrali che ne sono concausa.
Il mercato per ora scommette nella volontà e capacità di intervento in caso di crisi sistemica, liquidità pronta ad essere di nuovo iniettata nel sistema in favore di grandi gruppi o aziende, ma anche dei più piccoli: il tessuto italiano delle PMI potrà dimostrarsi resiliente sostenuto da un sistema bancario solido, la grande qualità e specializzazione dei prodotti e servizi, operazioni sane di M&A e quotazione sul mercato di riferimento. Sempre di più rimane evidente il fatto che il sostegno a questo mercato, fatto di aziende in buona parte resilienti e de-correlate da assets speculativi, debba venire dal risparmio domestico permettendo una migliore patrimonializzazione e conseguenti migliori ritorni per gli investitori.
Carlo Pecchinotti
General Risk Manager di EnVent Capital Markets
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