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Bollette, in arrivo 3,8 miliardi: tutte le misure anti-rincari allo studio del Governo

L’esecutivo al lavoro su nuovi interventi per alleggerire il peso degli aumenti di luce e gas in arrivo a gennaio dopo lo sforzo messo in campo a settembre

di Celestina Dominelli

Governo: un miliardo in più nel 2022 contro caro bollette

4' di lettura

L’ultimo allarme sul rischio di nuovi rincari per le bollette di luce e gas l’ha lanciato l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera): in assenza di ulteriori correttivi del governo, si profila per il primo quadrimestre 2022 «un ulteriore, potenzialmente significativo, aumento dei prezzi per i servizi di tutela che determinerebbe criticità simili a quelle affrontate per il quarto trimestre 2021». Le previsioni più aggiornate in circolazione, ma i numeri definitivi si avranno solo nelle prossime settimane, parlano di un incremento del 50% per la bolletta del gas e di un rincaro di quella della luce compreso tra il 17% e il 25 per cento.

Il fondo anti-rincari previsto in manovra

Il governo è corso già ai ripari nel tentativo di alleggerire l’impatto dei possibili nuovi aumenti e sta recuperando risorse per definire un nuovo intervento. Ma quali misure e quanti fondi sono stati finora rintracciati? Partiamo dalle risorse. Una prima risposta, come si ricorderà, è arrivata nelle scorse settimane nella manovra licenziata dal Consiglio dei ministri che conteneva un fondo ad hoc di 2 miliardi di euro per attutire gli effetti dei nuovi rincari nelle bollette. Una dote considerata da subito insufficiente per garantire una reale boccata d’ossigeno a famiglie e aziende alle prese con il pagamento della fattura energetica.

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La dotazione complessiva

Così l’esecutivo ha lavorato a reperire nuovi fondi e ha aggiunto ai 2 miliardi altre poste. Al fondo anti-bollette, si sono così andati ad affiancare prima altri 500 milioni recuperati dal “tesoretto” del taglio delle tasse e altri 300 milioni sono stati rintracciati dalle pieghe del bilancio dopo lo stop al contributo di solidarietà sui redditi alti. A questi, nelle ultime ore, si sono poi aggiunti altri 2 miliardi per effetto di un’operazione, orchestrata dal ministro dell’Economia, Daniele Franco, profondo conoscitore della macchina dei conti pubblici, che ha consentito di anticipare al 2021 alcune spese, grazie all’avanzo di alcuni fondi a fine anno, e di liberare così ulteriori spazi fiscali per il 2022. Allo stato, dunque, ci sono 3,8 miliardi, ma le cifre definitive si conosceranno solo quando il governo avrà messo nero su bianco, con molta probabilità all’inizio della prossima settimana, l’emendamento alla manovra attesa dal passaggio al Senato.

Il doppio binario indicato dal ministro Giorgetti

Fin qui, quindi, le risorse. Ma cosa si può fare con questi fondi? Va detto che al momento non c’è un quadro definitivo e come ha ricordato venerdì il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, il problema va affrontato sotto due aspetti «uno a breve termine e l’altro a lungo termine» perché un conto «è tamponare il prossimo trimestre ma se il surriscaldamento dei prezzi continuerà nel 2022 si rischia di sconvolgere tanti settori, specie quelli che utilizzano molto l'energia; già oggi alcuni settori scontano questo peso». Come dire che bisogna lavorare anche su misure a più ampio respiro. Ed ecco le ipotesi al vaglio del governo, con il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, in prima linea sul dossier.

La misura tampone varata a settembre

Vale la pena di ricordare, innanzitutto, che lo sforzo predisposto a fine settembre per annullare transitoriamente gli oneri generali di sistema in bolletta e potenziare il bonus sociale (lo sconto nella fattura energetica per le famiglie in difficoltà), è stato pari a 3,5 miliardi di euro. L’aggiunta delle ultime ore, dunque, è servita a portare la dote complessiva a un livello confrontabile con l’impegno già assicurato dall’esecutivo a monte dell’ultimo aggiornamento trimestrale disposto dall’Arera.

L’ipotesi di un intervento per le famiglie in difficoltà

Una prima ipotesi, quindi, ruota attorno alla possibilità di allargare la fascia delle famiglie in condizioni di disagio economico che accedono al bonuns e per le quali, come noto, con l’ultimo intervento del governo è stato praticamente annullato l’impatto degli aumenti di luce e gas. Attualmente l’asticella per accedere allo sconto è fissata a un massimo di 8265 euro per l’Isee (l’indicatore che misura la situazione economica) e a 20mila euro per i nuclei numerosi (con almeno 4 figli). Con un numero di beneficiari, per via dell’erogazione automatica dello sconto, entrata a regime quest’anno, stimato in oltre 2,6 milioni di famiglie. Un numero destinato quindi ad aumentare se il livello dell’Isee fosse rivisto all’insù anche per tener conto dei nuovi poveri causati dalla pandemia e per non vanificare gli effetti della ridistribuzione sulle fasce economicamente più deboli.

Il nodo energivori

L’altro possibile binario rinvia invece alle imprese e, in particolare, a quelle aziende che hanno i consumi energetici più alti e, dunque, pagano una bolletta salatissima per mandare avanti la propria attività (i cosiddetti energivori). Va detto che l’ipotesi di alleggerire i costi sopportati da queste imprese, rimaste di fatto fuori dalle ultime misure varate dal governo, era anche spuntata in sede di conversione parlamentare dell’ultimo decreto bollette ma era stata poi accantonata per mancanza di fondi. Ora il tema è tornato alla ribalta ma è un terreno assai delicato, su cui peraltro sono puntati anche i riflettori di Bruxelles che mal digerisce misure settoriali.

Sullo sfondo la strada della riforma strutturale

Sullo sfondo resta la possibilità, senz’altro più complessa da realizzare, di una riforma strutturale della bolletta che andrebbe a toccare i cosiddetti oneri generali di sistema, vale a dire quelle voci pagate da tutti noi per sostenere attività di interesse generale per il sistema. E qui i possibili fronti di intervento sono stati delineati con grande chiarezza dall’Arera in una delle sue audizioni più recenti. Un primo binario, ha sottolineato riguarderebbe il trasferimento sotto la leva fiscale di tutte quelle componenti non strettamente legate a obiettivi generali non direttamente connessi al sistema energetico (dai costi di smantellamento delle centrali nucleari ai regimi tariffari speciali per le ferrovie, tutti raggruppati sotto la cosiddetta “Arim” che cuba circa 2,3 miliardi come gettito annuale). L’altro binario rinvia invece a una rivisitazione profonda degli incentivi alle rinnovabili che rappresentano la voce più pesante della componente Asos degli oneri di sistema. Ma questa è una partita decisamente più complicata da portare a termine in tempi relativamente brevi.

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