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Bollette, il nuovo decreto raddoppia la dote contro i rincari a 3,8 miliardi

Sul piatto anche le coperture per la decontribuzione da 1,5 miliardi prevista il prossimo anno per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro

di Marco Mobili e Gianni Trovati

A Natale 110 miliardi consumi ma paura caro bollette

3' di lettura

Il contrasto al caro-bollette, che la settimana scorsa aveva perso per strada i 270 milioni (a rate mensili) del contributo di solidarietà, guadagna 1,8 miliardi in più, raddoppiando quasi i 2 miliardi già inseriti in manovra. Lo prevede il decreto legge approvato giovedì 9 dicembre dal Consiglio dei ministri, che mette sul piatto anche le coperture per la decontribuzione da 1,5 miliardi prevista il prossimo anno per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 35mila euro.

Il provvedimento varato dal consiglio dei ministri-lampo poggia su una mossa tecnica, che in pratica anticipa al 2021 spese fin qui previste per il prossimo anno. In questo modo, sui conti del 2022 si aprono nuovi spazi, che servono appunto a finanziare la lotta al caro-bollette e il taglio una tantum ai contributi.

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Lo spostamento tecnico da 3,3 miliardi sul 2021

Per evitare di perdersi nella girandola delle cifre è bene andare con ordine. Il decreto del 9 dicembre vale 3,3 miliardi (anzi: 3.299,104 milioni, a essere precisi), che si spostano appunto dal 2022 a quest’anno. Di questi, 1,85 miliardi incrementano il fondo 2021 destinato all’acquisto di vaccini e farmaci contro il Covid-19. Altri 1,4 miliardi alimentano invece il fondo di Rete ferroviaria italiana, che li utilizzerà anche per alleggerire la propria esposizione nei confronti delle banche. Restano 50 milioni, dedicati al finanziamento dei compiti aggiuntivi assegnati a Polizia e forze dell’ordine nei controlli delle misure anti-pandemia. Una quota di queste risorse, 1,94 milioni, andrà anche alla Polizia locale (con almeno 1.500 unità secondo i calcoli governativi), che è da mesi in prima linea in queste verifiche ma fin qui è stata trascurata dagli aiuti statali.

A rendere possibile questi rifinanziamenti sono le mitologiche «pieghe del bilancio». Cioè, in pratica, i risparmi su una serie di uscite messe in preventivo in questo nuovo anno di emergenza ma non effettuate. Fra queste spicca la nuova tornata di mancate spese per i contributi a fondo perduto alle partite Iva che sono state colpite dagli effetti economici del Coronavirus.

Fra questi, 300 milioni arrivano dagli aiuti misurati sulle perdite di fatturato, come prevedeva il primo decreto Sostegni del governo Draghi; gli altri 815 sono stati invece “risparmiati” all’interno dei 4,4 miliardi previsti per il contributo «perequativo», legato cioè alla flessione dei risultati d’esercizio delle imprese.

Dai fondi per l’aiuto-ponte ai lavoratori autonomi che quest’anno ha anticipato l’assegno unico ai figli a regime da marzo 2022 arrivano invece 497 milioni. Altri 200 vengono invece pescati nel fondo per la disabilità, istituito dalla legge di bilancio 2020 ma mai attivato. Un altro miliardo viene pescato dai fondi speciali per i «residui passivi perenti», e a completare il quadro intervengono le risorse prese dagli avanzi per la Cassa integrazione straordinaria e il cashback.

La destinazione dei fondi “liberati” sul 2022

Il 54% dei 3,3 miliardi liberati in questo modo sul 2022, quindi 1,8 miliardi, va alle bollette, aggiungendosi quindi ai 2 già previsti in manovra. Il decreto permette quindi di tradurre in pratica gli annunci delle scorse settimane, sui 500 milioni seguiti da altri 300 da destinare al caro-energia, e aggiunge al conto un miliardo nuovo. Cifre che fanno impallidire i 270 milioni ipotizzati con il contributo di solidarietà che avrebbe azzerato i mini-risparmi fiscali offerti dalla nuova Irpef ai redditi da 75mila euro lordi in su. E che, per di più, sarebbe arrivato a rate mensili da meno di 25 milioni, a partire da marzo prossimo, in linea con il meccanismo operativo della nuova Irpef.

Sul tramonto di quel contributo si è giocato un pezzo importante dello scontro con i sindacati che ha portato all’annuncio dello sciopero generale da parte di Cgil e Uil. Per venire incontro alle richieste dei sindacati, poi, il governo ha proposto la decontribuzione per i redditi medi e bassi, che viene appunto finanziata con gli altri 1,5 miliardi del nuovo decreto.

Tra le novità del provvedimento ce n’è anche una ordinamentale. Che, in pratica, chiarisce la mancata applicazione delle verifiche preventive di fedeltà fiscale ai pagamenti dei contributi a fondo perduto. Che, di conseguenza, potranno andare anche a chi ha debiti con il Fisco, senza incappare nel blocco previsto dalle regole ordinarie quando l’assegno della Pa supera i 5mila euro.

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