la reazione degli investitori

Bond e spread, ecco chi detiene il debito pubblico italiano

di Andrea Franceschi

Non ci sono scorciatoie per ridurre il debito

3' di lettura

Una delle argomentazioni più gettonate da analisti e addetti ai lavori per spiegare la relativa calma dei mercati dopo il voto italiano è stata il fatto che Movimento 5 stelle e Lega avessero ridimensionato di molto le loro aspirazioni di uscita dall’euro. La prima bozza del contratto di governo pubblicata l’altro ieri ha spazzato via in un colpo queste certezze e, nonostante le smentite, provocato l’impennata dello spread. Agli investitori non sono piaciute le parti dell’accordo in cui si parla esplicitamente di «introdurre procedure tecniche per consentire l’uscita dall’euro». Per non parlare della proposta di chiedere alla Bce un condono di 250 miliardi di titoli acquistati nell’ambito del Qe.

Nonostante i contenuti di questa bozza non compaiano nell’accordo finale reso noto nella serata di ieri la loro pubblicazione ha provocato un drastico cambio d’umore da parte degli investitori. Nei commenti di analisti e addetti ai lavori si percepisce una certa preoccupazione emersa dalla lettura della bozza di programma anticipata l’altroieri dall’Huffington Post. Non tanto per la prospettiva immediata di un’uscita del Paese dall’euro, che continua ad essere percepita come improbabile «quanto - si legge in una nota di Capital Economics - per il rischio che questa minaccia possa essere messa sul tavolo in caso di probabile scontro con la Commissione europea sui conti pubblici». Alla luce di questa e altre considerazioni gli analisti della casa d’affari stimano un rialzo fino al 2,5%, se non oltre, dei rendimenti dei titoli di Stato italiani a 10 anni.

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Il rischio politico, che finora era stato prezzato relativamente dai mercati, potrebbe tornare tornare a influenzare le quotazioni dei titoli di Stato. C’è il rischio di un nuovo attacco speculativo contro l’Italia? Secondo Nomura molto dipenderà da come decideranno di comportarsi gli investitori stranieri «perché, a differenza dei cosiddetti “residenti” (banche e assicurazioni italiane ndr.) hanno meno incentivi a mantenere la loro esposizione». Questo da un certo punto punto di vista ci rende potenzialmente meno vulnerabili che in passato al rischio di attacchi speculativi dell’estero. Ad oggi infatti - stima Nomura - solo il 31,3% del nostro debito pubblico è detenuto da investitori esteri. Di questi appena il 5% risulta in mano a soggetti extra-europei (a inizio anni 2000 questa percentuale era del 10%). I fondi americani risultano avere appena l’1% del debito mentre quelli giapponesi risultano esposti sull’1,5 per cento. Secondo la banca d’affari sono soprattutto questi ultimi a muovere i mercati. Lo hanno fatto prima e dopo le elezioni francesi dell’anno scorso, provocando l’impennata dello spread Oat-Bund e lo hanno fatto in misura minore anche con l’Italia visto che a marzo, mese del voto, risultano aver ridotto la loro esposizione sui titoli di Stato italiani ed aumentato quella sui Bonos spagnoli.

Il fatto che sia cresciuta la quota di creditori domestici è dovuto in gran parte all’ingresso della Bce come compratore nell’ambito del Qe. Per il tramite della Banca d’Italia, la Bce ad oggi risulta titolare di ben 340 miliardi di euro di debito pubblico italiano. Ben più dei 250 miliardi che, nella prima bozza di contratto Lega-5 stelle pubblicata dall’Huffington Post si proponeva di farsi «cancellare». Il fatto che la banca centrale sia oggi titolare di una fetta così importante del debito pubblico ha numerosi vantaggi. Primo tra tutti il fatto che il suo intervento ha permesso di abbassare il costo di rifinanziamento del debito pubblico italiano e che questo effetto si farà sentire anche una volta finito il Qe dato che è previsto che la Bce continui a reinvestire i titoli in scadenza.

Il contesto di mercato, che resta favorevole grazie al Qe, resta in ogni caso condizionato dalla variabile politica. Non tanto per i destini di velleitarie proposte di cancellazione del debito, quanto per l’impatto sui conti pubblici che rischia di avere la politica economica dell’esecutivo giallo-verde. «È probabile - segnala Stephanie Kelly, economista di Aberdeen Standard Investments - che il programma politico dia luogo a un potenziale stimolo fiscale a breve termine, a scapito però dei bilanci pubblici in un contesto di debito pubblico già elevato. Il rischio che ciò comporta non è solo quello di accumulare problemi da affrontare in un secondo momento, non affrontandoli in maniera adeguata, ma anche di aggravarli»

CHI DETIENE I TITOLI DI STATO ITALIANI

Esposizione in BoT e BTp per Paese. (Fonte: Nomura)

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