Finanza e imprese

Bond societari, l’anno dei primati. In Italia emissioni a 57,3 miliardi

di Maximilian Cellino

(Imagoeconomica)

3' di lettura

Il debutto di Esselunga con un’emissione da 1 miliardo di euro in due tranche, l’operazione di Wind Tre, che si è rifinanziata con una combinazione di obbligazioni in euro e in dollari per complessivi 7,3 miliardi e il riacquisto effettuato da Snam, che ha ritirato titoli per un valore nominale di 607 milioni da scambiare con uno nuovo da 650 milioni. Il fermento visibile in giornate come quella di ieri sul mercato primario non è certo casuale per l’Italia. Se si sommano i dati relativi a emittenti corporate e finanziari raccolti da Dealogic per Il Sole 24 Ore il valore nominale emesso da inizio 2017 arriva infatti a 57,3 miliardi: una cifra che, pur non comprendendo i collocamenti Esselunga e Wind Tre, a questo punto dell’anno non si vedeva addirittura dal 2009.

È una sorta di boom (o di revival) quello delle obbligazioni societarie che l’Italia spartisce con il resto dell’Europa, almeno con i Paesi che restano sotto il cappello monetario dell’euro. Un fenomeno in parte controtendenza nei confronti di ciò che avviene negli Stati Uniti, dove il ritmo delle nuove emissioni corporate diminuisce (sotto i 20 miliardi di dollari nelle ultime settimane rispetto ai 45 miliardi medi registrati in precedenza) man mano che la Federal Reserve procede verso la riduzione del bilancio e un ulteriore aumento dei tassi. E anche per la prospettiva che la riforma fiscale targata Trump possa favorire il rientro dei fondi che le aziende Usa detengono all’estero, riducendo quindi le necessità di ricorrere al mercato dei capitali.

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Anche nel Vecchio Continente è la politica monetaria tuttora ultra espansiva della Bce a indurre le società ad allungare il passo: «Gli spread creditizi dei corporate e dei finanziari sono ai minimi da 10 anni e il livello generale dei tassi è ancora molto basso», osserva Angelo Dipasquale, responsabile Fixed Income desk di Equita, spiegando che «le aziende approfittano del momento molto favorevole per ridurre l’indebitamento bancario o per sostituire i vecchi bond con nuovi titoli con durata più lunga e cedole più basse».

Nei primi otto mesi dell’anno, secondo Equita, il 31% delle 477 nuove emissioni a livello europeo sono servite alle società per rifinanziare il debito esistente a condizioni più vantaggiose, proprio come hanno fatto Wind Tre e Snam. Quest’ultima ha in pratica sostituito vecchi titoli con rendimento compreso tra il 2,5 e il 3% e durata residua di 4,4 anni con una nuova emissione a 10 anni e cedola dell’1,375%, incrementando così la scadenza media del debito a medio-lungo termine di circa 0,3-0,4 anni. Un po’ come lo stesso Tesoro, che negli ultimi tempi ha approfittato per aumentare la vita residua media dei titoli di Stato italiani fino a sfiorare i 7 anni.

La politica della Bce, e la riunione di giovedì prossimo ormai alle porte, serva anche a spiegare l’accelerazione delle ultime settimane: «L’incertezza che avvolge la decisione sul futuro del quantitative easing e la fase di volatilità che i mercati potrebbero attraversare nei mesi a venire - sottolinea Dipasquale - spinge le aziende ad anticipare i tempi delle emissioni e a cercare di sistemare anche il piano di funding per i prossimi anni». In altre parole si cerca di sfruttare «finestre» come quella di questi giorni, in cui anche tensioni legate a fattori politici come la crisi catalana sembrano dissolversi, per piazzare i titoli sul mercato.

In questo contesto gli emittenti italiani giocano un ruolo di primissimo piano, ma non perché attorno al nostro Paese si respiri un clima particolare. Una promozione del debito pubblico da parte delle agenzie di rating (sarebbe la prima in 15 anni) è anzi fuori discussione e non più di due giorni fa Moody’s ha destinato parole non certo lusinghiere alle nostre banche. C’è poi la zavorra dell’incertezza politica a condizionare le scelte sui mercati, un fattore che però potrebbe aver paradossalmente favorito la rincorsa a cui stiamo assistendo. «L’incognita delle elezioni rischia di pesare nei prossimi mesi sulla volatilità dei Btp e di “contagiare” il mondo corporate, per questo gli emittenti potrebbero anticipare alla fine di quest’anno parte dei rifinanziamenti previsti per il 2018 incrementando ulteriormente i volumi italiani sul primario», conferma Marco Copaitich Head Dcm Corporate di Barclays. L’appetito degli investitori del resto non manca: lo conferma la fila per i bond Esselunga, richiesti ieri oltre 9 volte l’ammontare collocato.

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