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Stato e Regione Lombardia corrono per tappare una falla legale sul tema bonifiche aperta dalla Corte costituzionale a fine luglio.
La sentenza 160 del più alto tribunale italiano, depositata il 24 luglio, si è espressa a favore del ricorso di una ditta privata contro il provvedimento del Comune di Monticelli Brusati, 4500 abitanti in provincia di Brescia, che «aveva imposto all’impresa, proprietaria, la rimozione dei rifiuti interrati e la bonifica del sito contaminato in cui aveva svolto, dal 1966 al 1999, attività di fusione della ghisa per la produzione di componenti per radiatori».
La decisione ha provocato un allarme amministrativo generale perché dal 2006 una legge lombarda, simile a quella di quasi tutte le altre amministrazioni regionali, attribuiva alle amministrazioni comunali le funzioni amministrative in materia di bonifica dei siti inquinati. Quindi il ricorso presentato al Tar bresciano contro l’articolo 5 della legge 30 della Regione Lombardia del 27 dicembre 2006 rischiava di bloccare tutto il rodato sistema di gestione delle bonifiche: in poche settimane sul tavolo della Regione sono arrivate 1.140 pratiche dai Comuni lombardi interessati.
Giorgio Maione, assessore regionale lombardo all’Ambiente, aveva avvertito: «Di fatto da oggi i Comuni non possono più esercitare le funzioni relative alle procedure operative e amministrative, come la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione e l’autorizzazione all’esecuzione del piano della caratterizzazione, l’approvazione del progetto di bonifica di aree contaminate di ridotte dimensioni o l’approvazione della relazione tecnica per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica».
Il governo nazionale ha colto l’allarme e con l’articolo 22 del Decreto Asset pubblicato a inizio agosto ha stabilito che fosse necessario «intervenire con urgenza al fine di garantire e fornire una copertura normativa ad un assetto procedimentale ormai consolidato e dimostratosi più che funzionante, in assenza del quale si rischierebbe di bloccare lo svolgimento delle attività di bonifica». Anche perché «a livello nazionale, la decisione rischia di avere effetti significativi. Infatti, deve considerarsi che, in questi anni, la quasi totalità delle Regioni italiane ha delegato agli enti territoriali le competenze in materia di bonifica dei siti inquinati e che, proprio tale delega, ha permesso la realizzazione degli interventi di bonifica favorendo sia la rigenerazione urbana che la riqualificazione del territorio», precisava il decreto.
Sistemato l’ombrello statale, l’assessore lombardo Maione ha subito ringraziato il governo «per l’intervento. Le interlocuzioni con il ministro Pichetto Fratin hanno portato a un risultato immediato che ci consente di superare le criticità portate dalla sentenza della Corte Costituzionale che non permette ai Comuni di esercitare le funzioni relative alle procedure operative e amministrative di bonifica ambientale».
La giunta regionale ha subito approvato una delibera su proposta dell’assessore Maione per istituire un Tavolo tecnico regionale per la gestione delle urgenze: il tavolo tecnico prevede 16 componenti, designati da 8 soggetti, due per ente o istituzione. Nelle nomine sono coinvolte le direzioni generali di Regione Lombardia Ambiente e Clima, Welfare, Territorio e Sistemi Verdi, Sviluppo Economico, insieme a Anci Lombardia, Up Lombarde, Arpa Lombardia e Aria s.p.a. Tavolo che ha raccolto 1.147 istanze così suddivise: Bergamo (89), Brescia (142), Como (22), Cremona (14), Lecco (7), Lodi (10), Monza (15), Milano (649), Mantova (60), Pavia (72), Sondrio (6), Varese (54).
Durante l’incontro promosso e organizzato da Motore Sanità dal titolo ’Impatto delle bonifiche ambientali sul Global Health’ a Palazzo Lombardia, il presidente lombardo Attilio Fontana è tornato sul tema spiegando che la giunta ha prodotto «una proposta di legge da trasmettere al Consiglio, che tiene conto del decreto-legge». Un documento presentato all’aula l’ultima settimana di settembre.
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