Superbonus: il conto da pagare è di 109 miliardi, 70% entro il 2027
I dettagli sono stati offerti dal sottosegretario all'Economia, Federico Freni. «Nei cassetti dell'agenzia delle Entrate ci sono ad oggi 142 miliardi di crediti ceduti – ha spiegato parlando a SkyTg Economia -; 13 sono frodi»
di Gianni Trovati
I punti chiave
2' di lettura
“La cena l'han già mangiata tutti, si sono alzati, e a noi resta da pagare il conto”. Nel suo intervento conclusivo alla 49esima edizione del Forum Ambrosetti di Cernobbio il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti aveva sintetizzato così la condizione dei conti pubblici prodotta dal Superbonus e dagli altri bonus edilizi. Ora emerge che la cifra in fondo al conto da pagare è di 109 miliardi. E cresce, di circa tre miliardi al mese.
Ipoteca pesante
I dettagli sono stati offerti dal sottosegretario all'Economia, Federico Freni. “Nei cassetti dell'agenzia delle Entrate ci sono ad oggi 142 miliardi di crediti ceduti – ha spiegato parlando a SkyTg Economia -; 13 sono frodi”, e quindi si fermano prima di impattare sui conti pubblici, “ne restano 130 e, di questi, 109 sono da portare in compensazione”. E quando il credito va in compensazione, si traduce in un minor gettito fiscale perché il contribuente sconta dalle tasse da pagare l'importo del credito. Quel mancato gettito si trasforma in fabbisogno, cioè nell'esigenza di risorse delle casse dello Stato, che diventa debito pubblico in quanto non coperto da altre entrate.
I numeri snocciolati da Freni misurano bene l'entità della strana patologia di cui soffre Giorgetti, il quale spiega che “quando penso al Superbonus mi viene mal di pancia” anche se il pasto, pantagruelico, è stato consumato da altri.
Fardello sull'intera legislatura
Per capire meglio i termini della questione bisogna riprendere una tabella presentata dal Tesoro alle Camere a giugno, quando già il Superbonus era oggetto di preoccupazioni crescenti e di audizioni parlamentari. Quelle tabelle stimano il calendario dell'impatto dei bonus edilizi sui conti pubblici, cioè gli anni nei quali i crediti d'imposta diventano fabbisogno e quindi debito pubblico. E mostrano che il 70% del costo di Superbonus, bonus facciate e degli altri sconti edilizi si concentra negli anni fra il 2023 e il 2027. Cioè negli anni di questa legislatura, ipotecando nei fatti larga parte delle possibilità di intervento da parte del governo Meloni da qui alle prossime elezioni politiche.
La ragione è nel meccanismo dei crediti d'imposta, che si fanno sentire come fabbisogno e come debito quando appunto vengono compensati, spesso dopo una breve o lunga catena di cessioni da un soggetto a un altro. In pratica, dunque, il credito può viaggiare a mezz'aria per molti mesi, prima di tagliare le tasse dell'ultimo acquirente e quindi aumentare il fabbisogno dello Stato da coprire con l'emissione di titoli di Stato.
Il problema è enorme, e si ingigantisce per il fatto che nemmeno la stretta decisa dal Governo a gennaio sembra aver tagliato del tutto le gambe al Superbonus. Che anche negli ultimi mesi ha continuato a correre a ritmi di 3 miliardi al mese. Sono tutte risorse che nei fatti vengono sottratte ad altri interventi, perché i confini del bilancio pubblico sono resi rigidi dall'impossibilità di finanziare altre misure ricorrendo a deficit ulteriore. Perché l'Italia continua ad avere il bisogno vitale di abbassare nel tempo il rapporto fra debito e Pil, anche se Superbonus e fratelli fanno di tutto per alzarlo.
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