Borghi e Bagnai, perché la coppia no-euro ha fatto salire lo spread
di Andrea Franceschi
2' di lettura
L’impennata dello spread non è nient’altro che la reazione del mercato che vede il concretizzarsi di un rischio e, come si dice in gergo, «lo prezza» richiedendo rendimenti più alti a fronte di rischi più alti.
Tutta la speculazione sullo spread che c’è stata tra la fine di maggio e l’inizio di giugno si spiega come una reazione di mercato al concretizzarsi di un rischio: quello di una possibile uscita dell’Italia dall’euro. Eventualità che, per quanto remota, non può essere trascurata.
Così come non può essere trascurato il tema della tenuta dei conti pubblici a fronte di una politica economica, come quella dell’esecutivo giallo-verde, che prevede misure estremamente costose come l’abolizione della riforma delle pensioni, la flat tax o il reddito di cittadinanza a fronte di coperture ignote.
Dal punto di vista di un investitore istituzionale oggi l’Italia è un fattore di instabilità perché, come spiega il capo economista del fondo Ostrum Philippe Waechter, «da una parte abbiamo un ministro dell’economia come Giovanni Tria che si è mostrato molto rassicurante sul tema della gestione dei conti pubblici e dell’appartenenza alla zona euro, dall’altra abbiamo un contratto di governo che manda segnali in tutt’altra direzione».
Bisogna credere alle rassicurazioni del ministro Tria o ai contenuti del contratto? Ancora oggi il ministro è tornato a fornire rassicurazioni sull’appartenenza dell’Italia all’euro ma i mercati più che alle sue parole sembrano aver reagito soprattutto al segnale arrivato dalla nomina a capo delle commissioni bilancio di Camera e Senato di Alberto Bagnai e Claudio Borghi. Due esponenti della Lega che hanno fatto dell’uscita dall’euro dell’Italia la loro battaglia da anni.
Prevarrà la linea dell’ortodosso Tria o quella dell’anima più euroscettica della coalizione di governo? Il tema dell’appartenenza alla moneta unica, cavallo di battaglia dei due politici leghisti, non è nell’agenda di governo ma la loro nomina fa comunque pendere la bilancia dalla loro parte. Il rialzo dello spread, al netto della speculazione di giornata, non è altro che una reazione di un mercato che, a fronte di un maggior rischio (il maggior peso degli euroscettici nelle scelte di politica economica), richiede una maggior remunerazione.
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