Boris Johnson fa la Brexit anche al British Museum: “epurata” la studiosa filo Ue
di Simone Filippetti
3' di lettura
LONDRA - I turisti che nei fine settimana si riversano a frotte sotto l'affascinante cupola in vetro cemento del British Museum, hanno preso d'assalto la mostra su “Troia: mito e realtà”.
È l'esibizione più di successo degli ultimi anni al museo: record di visitatori e durata posticipata per accontentare l'enorme richiesta di biglietti. Vuoi che la Guerra di Troia e l’Iliade a scuola la studiano tutti, vuoi che lo scontro tra Ettore e Achille fa parte della cultura popolare. Tra crateri attici del V secolo a.C. e quadri rinascimentali che raffigurano Elena la donna più bella del mondo, i visitatori trovano una ricostruzione del Cavallo di Troia, l'emblema dell'inganno e del nemico in casa per antonomasia.
E proprio al cavallo devono aver pensato dentro agli uffici di 10 Downing Street, il Palazzo Chigi di Londra la sede del Governo di Sua Maestà: il previsto arrivo della venerata classicista Mary Beard dentro al museo è la classica serpe in seno. E dunque, nomina bloccata.
Boris dichiara guerra al British Museum
Dentro al museo fondato nel 1753 di Sir Hans Sloane, sta andando in scena un'altra “Guerra di Troia”, altrettanto sanguinosa, quella tra Boris Johnson, il Donald Trump d'Europa, il primo ministro conservatore della linea politica, “Hard Brexit”, e la Fondazione del Museo. A dicembre, ma lo si è appreso solo ora, Boris ha bloccato la nomina nel board della fondazione della signora Beard, la più rinomata classicista inglese, accademica di gran prestigio, docente a Cambridge, rea di essere filo-europea.
Whitehall contro la cultura
La politica entra a piedi pari dentro l'attrazione più visitata di Londra. Va in scena un'epurazione con tutti i crismi nella massima istituzione culturale del paese, uno dei templi mondiali del sapere.
Il grecista Boris, che tiene nel suo ufficio a Downing Street un busto di Pericle, copia di un marmo conservato proprio al British Museum, vara anche la Brexit della cultura. Il motivo della bocciatura è puramente politico: la signora Beard è troppo esposta su posizioni anti-Brexit.
Per essere una studiosa, la signora passa molto tempo anche sui social, dove manca di manifestare la sua appartenenza politica e il suo spirito europeo. L'ultimo suo post su Facebook è un'immagine rifatta della famosa bambina col palloncino di Banksy, artista inglese senza identità anche lui contrario alla Brexit, ma con la bandiera della UE. Decisamente troppo per il Governo, in procinto di nominarla come “trustee” del museo.
Vecchie ruggini
Il dietrofront ha fatto infuriare la fondazione: “La politica deve restare fuori, i membri del board vanno giudicati per i loro meriti e competenze. La Fondazione esiste per garantire indipendenza della cultura”.
Ma Boris tira dritto. La plebiscitaria elezione del 12 dicembre ha incoronato Johnson come sovrano incontrastato del paese: il suo potere è assoluto. E a farne le spese è stata la Beard, con la quale peraltro il primo ministro ha della vecchia ruggine di matrice “classica”. Anni fa, quando Boris era ancora sindaco di Londra partecipò a un dibattito televisivo tra l'ex primo cittadino e la studiosa sul primato tra Grecia e Roma: Boris difendeva Atene, Beard era schierata con l'impero dei latini, e alla fine vinse la professoressa di Cambridge.
Alla prima occasione, Boris si è “vendicato”. L'intellighenzia liberal, quella rappresentata dalla voce del Guardian, ha gridato a un abuso, a un abuso di potere.
Solo Spoil System
Da Downing Street non hanno commentato la decisione, ma ambienti vicini ai conservatori fanno notare come lo spoil system sia una prassi; e come la governance del museo prevede anche un potere di nomina da parte del Governo. Dunque nulla di illegittimo, solo una prerogativa del Primo Ministro.
Tuttavia proprio sullo statuto del museo si apre lo scontro: al Governo spetta la scelta di 20 membri sui 25 che compongono il board; il resto alla Fondazione. E dunque gli accademici del museo, che hanno fatto di Mary Ber una martire delle liste di proscrizione dei Tory, preparano una contromossa. Fare entrare dalla finestra quello che è stato buttato fuori dalla porta: il board vuole usare il suo diritto di nomina, tra le quote di sua spettanza, per eleggere proprio la bocciata Beard.
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