Borletti Buitoni: «Non condanniamo i musicisti a non poter suonare»
Dalla presidente della Società del Quartetto di Milano l’invito a indicazioni precise e a scelte che guardino non solo ai numeri ma anche alle eccellenze dell’offerta in cartellone
di Stefano Biolchini e Grazia Lissi
3' di lettura
«Chiusura delle sale gioco, delle palestre, dei teatri, nessuno si è ricordato che abbiamo fermato anche le sale da concerto con le stagioni già avviate. In Italia la musica classica è come Cenerentola, sempre ignorata» racconta Ilaria Borletti Buitoni, presidente della Società del Quartetto di Milano e grande protagonista del mecenatismo milanese e non solo: «Oggi ci sono centinaia di eccellenti musicisti costretti alla loro peggior condanna: non poter più suonare!».
Cosa pensa del Dcpm?
«Non è il momento di fare polemiche, dobbiamo essere uniti; però fra le tante luci che dovrebbero spegnersi per questa pandemia, sarebbe sperabile che la cultura fosse una delle ultime, non la prima. Questo Dpcm è arrivato come una scure su un settore che aveva molto investito sulla sicurezza per il proprio pubblico e con delle fragilità estremamente profonde da sempre».
Perché, secondo lei, la musica classica è poco considerata?
«Per svariate ragioni, nell'educazione scolastica è trascurata da decenni, chi esce dai nostri licei sa chi è Verdi perché in ogni città gli hanno dedicato una piazza o una via, non per altro, e ignora gli infiniti compositori italiani che hanno arricchito il mondo con il loro talento. Tutti i conservatori sono in una situazione economica difficile, arrancano per mantenere uno standard dignitoso. Da noi si è pensato a un'offerta musicale sterminata senza premiare, ahimè, la qualità; ma nella musica colta quantità e qualità non sono due concetti compatibili. Negli ultimi vent'anni il nostro Paese ha scelto la politica opposta. Aggiungo che le istituzioni musicali sono poco abituate a unirsi e collaborare per avere una rappresentanza più forte nel comparto dello spettacolo dal vivo; anche gli eventi musicali muovono masse tecniche importanti ma questo non è percepito, nessuno se lo ricorda! Viviamo nell'epoca dei testimonial o – detta in altro modo – degli influencer e la classica ne ha pochi; nelle scuole tedesche danno in mano ai bambini sin da subito uno strumento, tutti sanno chi è Brahms, Schubert e da noi?»
Come sarà il futuro della musica?
«Adesso dobbiamo recepire il colpo, con questa pandemia convivremo fino a primavera avanzata. Spero che si assumano quelle misure pubbliche, come sta accadendo in alcuni paesi, che consentano una forma di vita anche per la cultura. Noi cercheremo con grande forza e rigore un ritorno per la stagione 2021-2022, fino all'estate proporremo incontri e concerti flessibili per poterli adattare in qualsiasi momento all'andamento di questa drammatica convivenza con il virus, nella speranza che dall'autorità pubblica arrivino indicazioni precise. Non abbiamo cancellato i concerti di dicembre, il dubbio di andare in scena resta, anche se sicuramente ci avviseranno due giorni prima e questo è un altro problema. In ogni caso, siamo sopravvissuti a due guerre ce la faremo anche questa volta!».
Il Fondo Unico Spettacolo sta dando contributi economici?
«Sono grata al ministro Franceschini per aver confermato quest'anno i contributi anche se non è stato possibile fare concerti. Mi auguro che questa terribile crisi sia l'occasione per ripensare ai criteri di attribuzione dei fondi, criteri che grazie agli algoritmi privilegiano solo i numeri, così istituzioni che producono senza criteri d'eccellenza una quantità spropositata di concerti godono di sistemi maggiori. I fondi pubblici devono invece sostenere la crescita culturale di una comunità con discernimento».
Una domanda all'imprenditrice adesso: quali ricette per far riprendere l'economia del nostro Paese? Quali soluzioni per un'efficace ripartenza? Guardare a quanto stanno facendo all'estero ci può aiutare?
«Far ripartire il Paese significa, appena sarà possibile, far ripartire le imprese e riattivare i consumi, con un particolare sguardo a quei settori che rappresentano dei traini importanti per le economie dei territori. Si tratterà quindi di passare, in modo efficace, dalla politica dei “ristori” e delle compensazioni a quella degli stimoli per una ripartenza che sia lunga e solida. Condizione fondamentale di tutto ciò sarà però la semplificazione burocratica insieme ad alcune riforme strutturali di cui il Paese ha disperatamente bisogno. A tal proposito, basta fare un rapido raffronto tra noi e il resto dell'Europa sul numero di pratiche necessarie per avviare una qualunque attività economica per capire quanto il gap sia drammatico. E questa è un'altra musica».
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