Scenari finanziari

Borse care e bond in bolla: se i tassi salgono, investitori senza paracadute

Tra gli effetti collaterali delle espansioni monetarie che le banche centrali hanno messo in piedi dal 2009 c’è quello di aver alimentato una bolla sulle obbligazioni

di Vito Lops

(Adobe Stock)

4' di lettura

Le Borse globali continuano a macinare record: valgono 115mila miliardi di dollari, il 131% del Pil globale. Non lontane dai massimi anche le obbligazioni globali il cui valore si aggira intorno ai 65mila miliardi di dollari. Nel 2009, prima che la Federal Reserve inaugurasse la “moda” del quantitative easing, il valore dei bond in circolazione sul pianeta era inferiore ai 20mila miliardi, mentre le Borse ne valevano 30mila.

Questi numeri raccontano di quanto oggi entrambi questi mercati siano stati gonfiati dalle politiche espansive delle banche centrali e di quanto oggi sia complesso per un investitore, nel momento in cui ci si avvia verso un trend di rialzo dei tassi e di tapering (ovvero riduzione degli stimoli monetari), attuare un ribilanciamento equilibrato del proprio portafoglio.

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Addio agli schemi del passato

La difficoltà risiede nel fatto che sono saltati gli schemi del passato: prima dell’era del quantitative easing investire era più semplice. Quando le azioni erano troppo care ci si copriva aumentando l’esposizione in obbligazioni. Al contrario quando i tassi erano molto bassi - e quindi i prezzi dei bond, che si muovono in direzione opposta ai rendimenti, erano alti - si trovava terreno fertile nel mercato azionario. Azioni e bond hanno spesso agito come due vasi comunicanti in cui spostare la liquidità in funzione del contesto macro-economico.

Il mercato dei bond è andato in bolla

Questa antica e consolidata correlazione inversa tra azioni e obbligazioni è però saltata. Perché da quando le banche centrali hanno iniziato ad utilizzare il mercato obbligazionario come lo strumento principe per immettere liquidità nel sistema per provare a mettere una toppa alle varie crisi - prima Lehman Brothers, poi i debiti sovrani dell’Eurozona e in ultima istanza il Covid - il mercato dei bond è andato in bolla.

Se per ipotesi le banche centrali decidessero domani di uscire da questo mercato e di riportare i loro bilanci sui livelli pre-Lehman la bolla dei bond scoppierebbe. Basti pensare che ad oggi la Bce ha un bilancio, composto perlopiù di bond governativi, vicino agli 8mila miliardi di dollari, pari al 77% del Pil dell’Eurozona.

Anche la Fed è vicina alla soglia degli 8mila miliardi che per l’economia statunitense corrispondono al 37% del Pil. Fa scuola a parte ormai da tempo il Giappone dove la BoJ detiene titoli pari al 133% del Pil e ha addirittura iniziato a comprare azioni attraverso la porta degli Etf.

Le difficoltà per l’investitore

Per l’investitore, chiamato oggi a scegliere dove allocare i propri risparmi, è pane duro. Perché i mercati azionari sono cari in termini di multipli - soprattutto Wall Street - e comunque sui massimi storici (come il Dax 30 di Francoforte o lo Stoxx 600), ma le obbligazioni, che in altri tempi avrebbero rappresentato una naturale valvola di sfogo e di ribilanciamento di portafoglio, sono un campo minato. Addirittura più pericoloso del mercato azionario. Tanto che Ray Dalio, il più grande gestore hedge al mondo, ha dichiarato che preferisce Bitcoin ai bond.

Perché non bisogna confondersi: quando i tassi salgono e sono visti in ulteriore rialzo nei prossimi anni in vista del recupero di Pil e inflazione - è questo lo scenario che parte dagli Usa e poi a rilento potrebbe arrivare in Europa - comprare bond vuol dire esporsi a una perdita pressoché matematica sul prezzo (che scende proprio quando i rendimenti salgono). Dipende dalla scadenza ma si tenga a mente questa semplice formula: il prezzo di un titolo con durata decennale, laddove il mercato percepisca un possibile incremento dei rendimenti di un punto percentuale, può diminuire di circa otto punti.

«Non ho dubbi sul futuro difficile per chi investe in emissioni obbligazionarie a cedola fissa. È come trovarsi tra due fuochi: le scadenze brevi offriranno ancora rendimenti negativi mentre le scadenze medio lunghe soffriranno - spiega Angelo Drusiani, consulente finanziario di Edmond de Rothschild -. Basti pensare che la quotazione dell'ultimo BTp futura emesso ad aprile, con scadenza 16 anni, è scesa in non molte sedute di circa 2,5 punti percentuali. Il mercato azionario, invece, potrà essere più resiliente ed assorbire futuri rialzi dei tassi. Perché questi saranno accompagnati da una crescita del Pil e perché i comparti tradizionali potranno essere supportati dalle innovazioni tecnologiche, consentendo agli uni e agli altri di beneficiare di possibili incrementi delle quotazioni, o, nel caso meno ottimistico, di una sostanziale stabilità».

Più l’obbligazione è lunga, più il rischio è elevato

Anche per Tommaso Federici, deputy general manager & Cio di Banca Ifigest, tra bond e azioni sono i primi ad essere più rischiosi. «I tassi d'interesse prima o poi saliranno, ma crediamo che, anche se il Treasury a 10 anni, fermo da qualche mese intorno all'1,60%, dovesse arrivare al 2,50% non sarebbe per gli investimenti in azioni- commenta Federici -. Per quanto riguarda il rischio sul mercato del reddito fisso, suggeriamo di fare attenzione alla duration dell'investimento, in quanto più l'obbligazione è lunga più il rischio è elevato. Le long duration di titoli statunitensi sono sicuramente da limitare nei portafogli e per quelle dei titoli di Stato europei non c'è molto premio».

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