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Borse, i catalizzatori in agenda. Tutti gli occhi sulla manovra italiana

In arrivo per diverse aree geografiche i dati macro su manifattura e servizi, su inflazione e disoccupazione. In Italia gli operatori attendono la manovra economica

di Marzia Redaelli

6' di lettura

È una settimana impegnativa per le borse, che prende avvio con la nota di aggiornamento al documento economico finanziario in Italia e si conclude con le statistiche sul lavoro americano. Sui parterre restano aperti ancora molti fronti, in grado di spostare gli equilibri per lungo tempo: la guerra dei dazi che ha focolai globali, l’inchiesta su Trump e la tenuta della crescita negli Stati Uniti, la debolezza economica tedesca che fa zoppicare tutti i paesi dell’area euro, la fiacca della produzione industriale cinese, le fiammate del greggio. Wall Street sembra immune a qualsiasi rischio e da inizio anno guadagna il 19%, come le azioni dell’area euro. Le borse cinesi da gennaio hanno fatto un balzo del 27% e pure Piazza Affari, tra un ciclone politico e l’altro e con il Pil a zero, è su del 20%.

Il cuscinetto di ottimismo però è destinato ad assottigliarsi se l’economia non migliora, se le tensioni politiche non si placano e se questi problemi si aggrovigliano a tal punto da innescare una spirale negativa. Per questo nei prossimi giorni gli investitori guarderanno con più attenzione alle potenzialità della ripresa italiana, allo stato di salute delle imprese manifatturiere e dei servizi a livello globale; infine, alla pressione che i salari Usa potrebbero imprimere all’inflazione, con buona pace di chi fa conto sui tagli dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve - la banca centrale americana -per ottenere condizioni finanziarie più agevoli per consumi e investimenti: la Fed è arrivata in soccorso della locomotiva a stelle e strisce (chiesto a gran voce dal presidente Trump, che vuole farsi rieleggere), perché di recente ha mostrato qualche segno di rallentamento dovuto all’invecchiamento fisiologico del ciclo e alle conseguenze delle frizioni politiche; ma se il pericolo di recessione fosse sventato, gli interventi espansivi della Fed potrebbero fermarsi.

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L’agenda della settimana

Lunedì 30 settembre, Def, prezzi e occupazione in primo piano

Nadef è l’acronimo di Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Delinea il quadro della manovra governativa, all’interno di un negoziato informale tra Roma e Bruxelles sulle prospettive del deficit e della crescita. Il tenore della misura può incidere sulla valutazione dei titoli di Stato da parte del mercato, che dopo il giuramento del Governo Conte-2 ha ridotto il differenziale tra Buoni del Tesoro italiani e Bund tedeschi sotto i 150 punti base (1,5%).

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Disoccupazione e inflazione di settembre in Germania (5% e 1,4% ad agosto) e in Italia (9,9% a 0,4% ad agosto)

La relazione, in teoria inversa, tra prezzi e disoccupazione è un capitolo immancabile nei manuali di economia. Questa correlazione, però, è saltata per via della crisi finanziaria, dell’abbondanza di moneta creata dalle banche centrali per contenere inflazione e tassi di interesse e anche dei cambiamenti strutturali in atto nei consumi e nella produzione, in primis la tecnologia che cambia le abitudini di acquisto e abbassa i costi di lavorazione. Inflazione e disoccupazione, tuttavia, restano agganciati quando la scarsità del fattore umano spinge i salari, quindi i consumi e infine i prezzi. Le banche centrali con le politiche monetarie espansive stanno cercando di smuovere l’inflazione, a un livello troppo basso: l’obiettivo finale di prezzi in aumento del 2% è raggiunto soprattutto attraverso la crescita della domanda grazie a condizioni favorevoli di finanziamento che spingono investimenti e spese.

LA DEBOLEZZA DELL'INFLAZIONE ITALIANA

Var% annua dei prezzi al consumo

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Pil inglese e Brexit: la misurazione di quanto ha prodotto l’economia inglese nel secondo trimestre di quest’anno (+1,2% annuo nell’ultima stima) potrebbe essere una delle ultime prima del divorzio dall’Unione europea: si avvicina il 31 ottobre, data della Brexit, ma Londra non ha ancora un accordo sulle modalità di uscita con Bruxelles. Gli scambi commerciali inglesi sono per la metà con l’area euro: sono a rischio di incaglio 327 miliardi di euro di esportazioni inglesi verso l’Unione europea e 390 miliardi di euro complessivi (11 miliardi per l’Italia) di beni e servizi europei venduti oltremanica.

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Industria di Chicago e guerra dei dazi: la National Association of Purchasing Management (Napm) di Chicago pubblica l’indice di settembre frutto del sondaggio presso i direttori degli acquisti delle aziende dell’Illinois, il più grande stato esportatore del Midwest americano e il quinto negli Stati Uniti. Ad agosto il Chicago Pmi era a 50,4 punti, appena sopra la soglia dei 50 punti che divide la zona di espansione da quella di contrazione. L’impatto delle barriere doganali e della diminuzione della domanda per timore dei dazi è un fattore critico per l’attività industriale dell’area e per i fatturati delle aziende quotate a New York.

Martedì 1 ottobre, test manifattura

La manifattura è il comparto senz’altro più sotto pressione per via del rallentamento economico e dei freni sugli investimenti e sui consumi innescati dalla guerra commerciale. Martedì è la giornata delle stime finali sulla manifattura in diverse aree: Area euro, Stati Uniti, Giappone. Nella scorsa rilevazione, la gran parte degli indici segnalava contrazione. É così per la manifattura Usa, per quella tedesca e per quella dell’intera area euro, che nella prima lettura segnavano, rispettivamente, 49,1 punti, 41,4 e 45,6. Diverso è il sistema di misurazione dell’indice Tankan giapponese, che è calcolato sottraendo la percentuale delle risposte pessimiste a quelle pessimiste sul futuro dell’economia e ha frequenza trimestrale: a giugno era a 7 punti per le grandi aziende manifatturiere e a 23 punti per quelle non manifatturiere. Anche il prossimo dato, però, non tiene ancora conto dell’accordo tra Donald Trump (presidente Usa) e Shinzo Abe (primo ministro giapponese) per la rimozione delle tariffe sull’importazione delle merci agricole americane e sulle auto giapponesi. Una bella notizia, per l’industria nipponica, che tuttavia la borsa di Tokyo non ha ancora digerito e, a dispetto del calo dello yen dai massimi dell’anno, nelle ultime sessioni è rimasta al palo. Viceversa, New York è più tonica che mai, l’S&P500 balla intorno ai tremila punti e guadagna il 19% da gennaio.

LE INDICAZIONI DELLE IMPRESE NELL'AREA EURO
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Mercoledì 2 ottobre, anteprima dell’occupazione Usa

Non ci si aspettano grandi sorprese dalle stime sull’occupazione americana fornite da Adp. Almeno non da mutare il corso della borsa. Il mercato del lavoro Usa, infatti, è a pieno regime e solo un incremento vistoso dei salari potrebbe scuotere gli investitori, perché farebbe pensare a un aumento dell’inflazione, a uno stop del taglio dei tassi di interesse, insomma a condizioni finanziarie meno favorevoli per chi investe e si indebita, ma migliori prospettive di consumo e di crescita. Ad agosto Adp aveva previsto 195mila occupati, ma Thomson Reuters si attende un calo a 140mila.

Giovedì 3 ottobre, focus sui servizi

Al contrario dell’industria, il settore dei servizi ha retto meglio alla perdita di abbrivio della crescita globale. La ripresa economica degli ultimi anni, infatti, ha stabilizzato la domanda interna di molti paesi. Ora, però, il combustibile domestico sta per esaurirsi, come testimonia la perdita di tono degli indici nell’ultimo periodo. Vedremo il responso delle imprese che partecipano ai sondaggi di Ihs Markit in Europa e di Ism negli Stati Uniti, da cui sono calcolati i relativi indicatori. In agosto erano di poco sopra la soglia di espansione dei 50 punti in Germania (52,5), nell’area euro (52), nel Regno Unito (50,6). Solo negli Stati Uniti - che dai servizi sono trainati - l’Ism non manifatturiero si mostrava abbondante a 56,4 punti.

Giovedì è anche la giornata del dato finale sugli ordinativi dei beni durevoli americani, un termometro dell’attività futura delle aziende.

Venerdì 4 ottobre, gran finale con il lavoro americano

La settimana sui mercati finanziari si chiude con le statistiche ufficiali sui nuovi occupati Usa, rilasciate dal dipartimento del lavoro, che ad agosto sono stati 130mila. Come spiegato sopra, però, l’aspetto interessante delle statistiche sul lavoro riguarda il ritmo di crescita dei salari ( costante a +3,2% annuo nella precedente lettura).

Meno interessante a livello globale, ma fondamentale per l’andamento di Pizza Affari e delle obbligazioni tricolori è il rapporto italiano deficit/Pil per il secondo trimestre. Arriva a qualche giorno di distanza dalla presentazione del documento economico e finanziario con cui il Governo promette di rilanciare l’economia senza gravare sui consumatori.

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