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Borse, con fine stretta Bce risale ottimismo. Ma preoccupa la crisi in Medio Oriente

Per il 65% degli operatori è da mettere in preventivo un impatto sull'economia europea, soprattutto per quanto riguarda l'aumento dei prezzi dell'energia in un contesto di crescita anemica

di Corrado Poggi

3' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - La decisa frenata dell’inflazione e la decisione della Bce di mettere fine, almeno per il momento, alla manovra di stretta sul costo del denaro, ridanno fiato a quanti puntano sui guadagni dei mercati finanziari nel corso dei prossimi mesi. E’ quanto emerge dal sondaggio di ottobre condotto da Assiom Forex fra i suoi associati in collaborazione con Il Sole 24 Ore Radiocor. Sale infatti dal 22% al 31% la percentuale di quanti prevedono rialzi nei prossimi sei mesi, rialzi che per il 3% potrebbero essere in doppia cifra (dal 2% di un mese fa) mentre scende dal 48% al 34% il campione di quanti si attendono mercati stabili. Sul fronte opposto si attestano al 35% dal 30% di un mese quanti vedono all’orizzonte ribassi, anche per il timore che la crisi mediorientale possa avere ripercussioni sulle attività in Europa. «La diminuzione delle probabilità circa ulteriori aumenti del costo del denaro da parte di Fed e Bce – spiega il presidente di Assiom Forex Massimo Mocio - e i primi segnali di rallentamento dell’economia (soprattutto nel settore immobiliare) forieri di un’inversione di politica monetaria negli Stati Uniti contribuiscono ad apportare maggiore ottimismo sui mercati. Come si evince nelle rilevazioni di ottobre, la maggior parte degli operatori finanziari ritiene pertanto che da qui ai prossimi sei mesi non solo le Borse non scenderanno dagli attuali livelli ma, confortate anche dal buon andamento delle trimestrali, per un terzo degli intervistati potrebbero anche mettere a segno ulteriori guadagni».

Per 78% operatori euro stabile o in rialzo sul dollaro

Dopo l’indebolimento delle ultime settimane, l’euro dovrebbe riuscire a consolidare le proprie posizioni nel corso dei prossimi mesi con la possibilità anche di guadagnare terreno nei confronti del dollaro. Secondo la maggioranza degli operatori, esattamente il 52% contro il 42% di un mese fa, il cross fra le due valute rimarrà infatti stabile nei prossimi mesi mentre per il 26% la valuta comune riuscirà a riguadagnare posizioni rispetto al dollaro (da 29% un mese fa). Nel complesso, dunque, il 78% degli operatori vede un euro stabile o in rialzo rispetto al dollaro. Sul fronte opposto scende dal 29% al 22% la percentuale di quanti vedono un euro in flessione rispetto alla divisa americana. «La percezione di essere ormai arrivati alla fine del ciclo di rialzi più intenso della storia – spiega Mocio - rafforzata anche dall’avvicinamento alle elezioni presidenziali americane del 2024 che tradizionalmente diminuiscono gli spazi di manovra della Fed, sembra portare sollievo anche ai cambi, con previsioni di un eurodollaro più favorevole alla moneta unica per il 78% degli operatori».

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Spread: 38% operatori (da 15%) lo vede stabile sopra i 200

L’aumento del costo di servizio del debito come conseguenza della stretta Bce e la rinnovata attenzione delle agenzie di rating ai conti pubblici italiani potrebbero portare lo spread a oscillare in maniera stabile fra i 200 e i 250 punti base. Sale infatti dal dal 38% al 52% la percentuale di quanti si attendono che lo spread rimarrà stabilmente fra i 200 e i 250 punti con un ulteriore 2% di operatori che vedono un ulteriore allargamento oltre la soglia dei 250 punti base. Scende di conseguenza dal 55% al 44% il campione di quanti ritengono che il differenziale possa rimanere fra i 150 e i 200 punti con un ulteriore 2% che invece punta su un restringimento sotto quota 150 punti. Un mese fa questa opzione era stata votata dal 7% dei rispondenti. «Gli operatori appaiono maggiormente preoccupati per il livello che potrebbe raggiungere lo spread tra Btp e Bund, che per oltre la metà (52%) si posizionerebbe ormai stabilmente nella forchetta 200-250 punti anche per i prossimi sei mesi – spiega Mocio -. Il fatto che l’Italia sia di nuovo sotto la lente delle agenzie di rating, (Moody’s e Fitch si devono ancora esprimere) che potrebbero ritoccare il loro giudizio sulla sostenibilità dei conti pubblici e sull’impegno del governo ad una politica di bilancio prudente, non sembra lasciare indifferenti».

Il 65% vede ripercussioni per economia Ue su crisi Gaza

La crisi medio-orientale, che ha ulteriormente scosso equilibri geopolitici già messi alla prova dalla guerra in Ucraina, minaccia di provocare conseguenze di ampia portata anche per l’economia europea.. Secondo il 65% degli operatori di mercato che hanno preso parte al sondaggio, infatti, sono probabili ripercussioni che andranno in primo luogo a colpire i prezzi dell’energia e ad aggiungere incertezza a un quadro economico che già denota una fase di grande debolezza. Secondo il rimanente 35% tuttavia, il conflitto resterà probabilmente in larga misura contenuto in Israele e a Gaza, limitandone l'impatto su economia e finanza in Europa. «Per il 65% degli operatori – conclude Mocio - l’attuale crisi mediorientale non potrà che aggravare l’incertezza macroeconomica con il rischio concreto di conseguenze di ampia portata anche per l’economia del Vecchio Continente, soprattutto per quanto riguarda i costi dei beni energetici».

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