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Borse giù, corsa all’oro e ai titoli di Stato rifugio (ma non c’è stato panico)

Milano perde lo 0,46%, il metallo giallo sale dell’1%, dollaro più forte sull’euro

di Vito Lops

(Lemonsoup14 - stock.adobe.com)

3' di lettura

Acquisti su petrolio, oro, dollaro e obbligazioni. Vendite moderate sull’azionario. Questa la reazione del lunedì dei mercati al terribile fine settimana nel Medio Oriente. In attesa di novità - la più temuta sarebbe un aperto appoggio dell’Iran agli attacchi palestinesi contro Israele - gli investitori hanno preferito mantenere un atteggiamento guardingo.

I capitali nell’ultima seduta hanno premiato il petrolio (la qualità Wti scambiata a New York è tornata a 86 dollari al barile grazie a un balzo del 4%) che ovviamente risentirebbe direttamente, in termini di produzione, di eventuali attacchi a raffinerie.

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Il (moderato) “flight to quality”

Per il resto è stata una seduta da moderato “flight to quality”. I flussi si sono spostati sulle classi di investimento più difensive. Come l’oro (salito dell’1% a 1.850 dollari) che ha ritrovato verve dopo le ultime difficili sedute in cui era stato penalizzato dalla concomitante accelerazione del dollaro e dei rendimenti dei titoli di Stato americani. Come da copione si è rafforzato anche il dollaro, la valuta di riserva globale, con il dollar index - che ne raffronta l’andamento con un basket di divise internazionali - salito di mezzo punto percentuale oltre i 106 punti. L’euro è sceso sotto 1,055 nei confronti del biglietto verde.

Capitali verso le obbligazioni

La fuga verso la qualità ha portato capitali anche verso le obbligazioni, letteralmente zavorrate nelle ultime settimane a causa della narrativa “higher for longer”, in base alla quale al momento non v’è luce sulla fine delle politiche monetarie restrittive delle principali banca centrali. Le tensioni mediorientali hanno però ricordato che le obbligazioni, in caso di aumento della volatilità, possono rappresentare un rifugio. Così, il rendimento dei titoli di Stato Usa a 2 anni è sceso sotto il 5%, per la prima volta da un mese a questa parte.

Acquisti anche sul decennale il cui rendimento è scivolato al 4,65% dopo aver sfiorato nei giorni scorsi il 4,9%. Anche il Bund in un certo qual modo ha esercitato il suo traino da bene rifugio: il tasso del decennale tedesco è sceso al 2,77%, più lontano dal quel 3% sfiorato la scorsa settimana. Il BTp ha visto scendere il tasso, al 4,85%, ma meno in proporzione. Di conseguenza lo spread Italia-Germania resta sopra i 200 punti base (207).

Gli acquisti sui bond hanno però placato le vendite sulle Borse, di questi tempi estremamente sensibili al tema tassi. In Europa l’indice Eurostoxx 50 ha ceduto lo 0,77% mentre il Ftse Mib di Milano è arretrato dello 0,46%. Bassi volumi a Wall Street per l’occorrenza del Columbus Day. In una seduta ovattata l’S&P 500 ha vacillato intorno alla parità dopo una partenza in rosso mentre il tecnologico Nasdaq ha limitato il ribasso al mezzo punto percentuale.

L’aumento della volatilità

Nessun panico sui mercati che da qualche ora però devono sintonizzare le antenne su quel che accade in Medio Oriente e questo ha di per sé causato un aumento della volatilità con l’indice Vix statunitense salito del 6% a 18,5 punti. Siamo ancora sotto la soglia dei 20 punti, quella che separa un mercato relativamente tranquillo da un ambiente agitato.

Questa settimana occhio alla stagione delle trimestrali - che ha preso il là tra le quotate americane - e, giovedì, al dato sull’inflazione generata negli Usa nel mese di settembre. Come sistematicamente accaduto negli ultimi mesi, potrebbe rivelarsi un autentico market mover.

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