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Borse, quel rialzo da 10mila miliardi di dollari da inizio anno pieno di incognite

La capitalizzazione delle azioni globali è lievitata da 80mila a 90mila miliardi di dollari nei primi sette mesi del 2023. Ora però comincia il difficile perché alcuni valutazioni sembrano troppo estese

di Vito Lops

(vlntn - stock.adobe.com)

3' di lettura

Ad inizio anno la capitalizzazione delle Borse globali ammontava a 80 miliardi di dollari. Ora siamo oltre quota 90mila. Nei primi sette mesi di questo spiazzante 2023 - in cui di recessione si è tanto chiacchierato ma nei fatti non vi è stata - il valore dei listini globali è aumentato di 10mila miliardi di dollari. più del Prodotto interno lordo di Giappone e Germania messe insieme. Da gennaio l'indice S&P 500 di Wall Street è salito del 19%, il tecnologico Nasdaq del 38%. In Europa il Ftse Mib di Piazza Affari ha corso di quasi il 20% sfiorando i 30mila punti mentre al Dax 30 di Francoforte è “bastato” un +12% per aggiornare i massimi storici. Massimi storici anche per l'indice aggregato Eurostoxx 50.

Va però detto che il mese di agosto è stato inaugurato ieri con un netto ribasso. In media i listini europei hanno perso l'1,5% e Piazza Affari l'1% mentre il rosso a Wall Street non è andato oltre il mezzo punto percentuale. Semplici prese di beneficio dopo la grande corsa oppure il segnale che qualche crepa possa minare le fondamenta della struttura rialzista? Per ora è presto per dare una risposta ma non va trascurato che le vendite dell'ultima seduta sono state accompagnate da altrettante vendite anche sul mercato obbligazionario, con conseguente rialzo dei rendimenti.

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LA CORSA DEI LISTINI
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I BTp a 10 anni sono tornati al 4,2% mentre i corrispettivi titoli statunitensi hanno nuovamente superato la barriera del 4%, importante livello psicologico. Un po' di nervosismo e di incertezza alle porte di un periodo dell'anno - agosto e settembre - statisticamente poco favorevole all'appetito al rischio. Ci sono però statistiche che remano a favore della continuazione del trend favorevole: l'indice S&P 500 ha messo a segno cinque mesi consecutivi di rialzo. Dal 1928 è riuscito ad inanellare una serie del genere per 37 volte: nell'80% dei casi è salito anche nel mese successivo, stando ai calcoli di Bespoke investment group.

I mercati azionari stanno certamente scontando uno scenario di soft landing, quello in cui l'inasprimento della politica monetaria attuato dalle banche centrali per contrastare l'inflazione non dovrebbe sfociare in una recessione economica, ma causare solo un rallentamento economico da cui ripartire. Si tratta in ogni caso di una scommessa piena di incognite. A cominciare dal prosieguo del processo di disinflazione, componente fondamentale per l'ipotesi di soft landing.

I dati dei prezzi al consumo a luglio nell'Eurozona, ad esempio, hanno evidenziato un' inflazione “core” (depurata per i prezzi dei beni energetici ed alimentari) al 5,5%, sopra le attese (5,4%). È uno dei tanti segnali che indicano che la lotta all'inflazione non è così scontata, mentre arrivano dati aggiornati (tanto in Europa quanto negli Stati Uniti) in base ai quali le banche starebbero attuando una stretta al credito.

E anche qui le statistiche possono aiutare a inquadrare il contesto: dal dopoguerra ad oggi la Federal Reserve ha alzato i tassi in 12 occasioni: solo in quattro i casi la stretta monetaria non è sfociata in una recessione. In quei quattro casi però la stretta del denaro all'ingrosso (rialzo dei tassi della Fed) non fu accompagnata dalla stretta del denaro al dettaglio (riduzione dei prestiti da parte delle banche commerciali). Ecco perché per capire come andranno le Borse nei prossimi mesi probabilmente sarà opportuno dare un'occhiata al comportamento degli istituti di credito.

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