Bosch in corsa con Industria 4.0
di Luca Orlando
3' di lettura
«In questo modo - sintetizza Stefano Ronchi - l’incidenza del costo della manodopera si dimezza e diventa più facile riportare le produzioni in Italia».
Il “modo” raccontato da Stefano Ronchi, product manager di Rcf, è la digitalizzazione del processo produttivo, un accorgimento che consente al costruttore di diffusori acustici di utilizzare un singolo codice per resettare l’intero impianto, consentendogli di gestire in automatico le oltre 250 referenze previste a catalogo.
Esperienza non isolata, quella del manager, ma replicata nel 2017 da numerose realtà italiane, impegnate ad approfittare dei benefici fiscali messi in campo dal Governo per gli investimenti legati ai beni di Industria 4.0.
Anche se in termini di investimenti già realizzati il primo trimestre è stato deludente, dal lato delle commesse si registra invece una crescita decisa, sia per i costruttori di impianti “connessi” che per i fornitori di soluzioni di automazione.
«Per la nostra divisione Rexroth - conferma l’ad di Bosch Italia Gerhard Dambach - la crescita del 2017 è a doppia cifra: direi che l’Italia in termini di politica industriale ha fatto un passo più lungo rispetto agli altri paesi, l’iperammortamento funziona molto bene».
Le evidenze di un mercato in fermento sono visibili nei racconti delle aziende chiamate da Bosch a raccontare la propria esperienza, con casi che spaziano dall’alta tecnologia al settore agricolo, non certo il primo che viene alla mente quando si trattano temi hi-tech.
«Eppure - chiarisce il direttore delle tenute Ruffino (70 addetti, 20mila ettolitri di vino prodotto) Maurizio Bogoni - io credo che anche operazioni tradizionali come la vendemmia possano avvantaggiarsi delle novità tecnologiche, è certamente possibile ripensare in modo nuovo le esperienze del passato». Nel caso di Ruffino l’upgrade ha riguardato una nuova metodologia di raccolta dell’uva, con una mappatura preventiva dei filari per distinguere il prodotto in termini qualitativi, raccogliendo separatamente i grappoli di alta qualità e di qualità inferiore avviandoli verso processi produttivi separati.
«Naturalmente occorre ripensare l’intero processo - spiega - ma in questo modo il livello qualitativo complessivo del prodotto si alza, così come la nostra competitività. Per ora abbiamo investito 240mila euro ma non ci fermiamo certamente qui».
Investimenti decisamente più ingenti sono invece quelli realizzati da Lamborghini, che ha costruito ex-novo un impianto per realizzare in Italia un nuovo modello di Suv, la Urus. «Il raddoppio delle operazioni -racconta il direttore delle risorse umane di Lamborghini spa Umberto Tossini - è stato un “pretesto” magnifico per inserire tutte le migliori tecnologie, dai robot collaborativi ai nuovi impianti di verniciatura. La digitalizzazione del processo ci consente ad esempio di avere un controllo assoluto sulla fase cruciale dell’avvitatura delle componenti, il che migliora l’efficienza dell’impianto ma anche la qualità globale dell’output».
La stessa Bosch, per i propri impianti, ha deciso di seguire questa strada, inserendo dosi crescenti di “intelligenza” nei processi.
«Nel sito di Bari - spiega Fabio Giuliani, direttore supply chain & logistics alla Bosch di Bari - siamo riusciti a mettere in rete tutte le macchine con un’operazione di revamping, dunque a costi limitati. Abbiamo anche inserito una logistica con carrelli automatici, e questo ha già prodotto sei punti di guadagno in termini di produttività. Per noi tutto questo è cruciale, perché una multinazionale opera con una logica complessiva, allocando le risorse in modo efficiente tra i vari paesi. Di fatto siamo in concorrenza anche con altri siti del gruppo: i posti di lavoro qui si mantengono solo restando competitivi».
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