Sport e impresa

Bracco: per Milano-Cortina ritardi ancora da colmare ma sarà un successo come Expo

Colloquio con l’imprenditrice milanese tra Olimpiadi e sport di base, «fondamentale nella crescita formativa dei nostri ragazzi»

di Dario Ceccarelli

Pechino, si chiudono le Olimpiadi: il testimone passa all'Italia

5' di lettura

«Adesso tocca a noi. Io sono ottimista, non vedo l'ora. So che bisogna colmare dei ritardi e che quattro anni passeranno in un lampo. Ma noi italiani, e lo si è visto con l'Expo, di cui sono stata presidente, in queste situazioni siamo unici. Abbiamo dei valori vincenti e siamo anche simpatici. I Giochi di Pechino mi sono piaciuti: bella la cerimonia di chiusura, sobria e affascinante. Mi ha divertito l'idea di Marco Balich di far parlare in cinese i presidenti di Veneto e Lombardia, Zaia e Fontana. L'importante che a Milano-Cortina 2026 si parli la lingua universale dello sport e dell'ospitalità, in un contesto paesaggistico unico al mondo».

Diana Bracco, presidente e ceo di un Gruppo farmaceutico leader mondiale nella diagnostica per immagini (con un fatturato di un miliardo e mezzo e 3600 dipendenti sparsi nel mondo), è una imprenditrice molto attenta alla pratica dello sport in una società come la nostra che pretende di essere moderna ed evoluta. Purtroppo la nostra chiacchierata, sui temi dello sport e dei futuri Giochi invernali che si terranno in Italia, si svolge mentre arrivano le drammatiche notizie dell'attacco russo all'Ucraina. «Mai come in questi momenti - dice Diana Bracco - ci accorgiamo come i valori della pace e della fratellanza siano alla base di qualsiasi attività e manifestazione sportiva. Per questo sono convinta che lo sport sia fondamentale nella crescita formativa dei nostri ragazzi. Ti allena alla vita perchè ti educa al rispetto degli altri. E al rispetto di regole condivise. E soprattutto non ammette scorciatoie. Per emergere ci vogliono volontà e impegno costante».

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Un impegno che ci sta premiando. Veniamo da un periodo straordinario per i nostri azzurri...
«Sì, davvero. Adesso lo sport italiano sta vivendo un vero Rinascimento. Ne sono felice. Lo si è visto anche a Pechino, soprattutto con le ragazze. Bravissime, determinatissime, sempre sul pezzo. Una valanga rosa, come si diceva qualche anno fa. Con una capacità di soffrire, e non parlo solo della coraggiosa Sofia Goggia, davvero ammirevoli. Ma non si arriva a questi risultati senza partire dalle scuole, dall'infanzia. È un luogo comune che studio e sport non siano compatibili, anzi. Il nostro Gruppo da anni organizza un concorso (Donna sport- l'atleta più brava a scuola) che premia le atlete capaci di distinguersi tanto nello sport, quanto nello studio. C'è anche una sezione ad hoc per la disabilità».

A proposito di disabilità: in questo anno straordinario anche gli atleti paralimpici a Tokyo hanno fatto un figurone. Segno di un cambiamento di mentalità o è stato solo un caso?
«No, non è un caso. Una volta forse si faceva poco, adesso la situazione è migliorata. C'è più consapevolezza e meno ipocrisia. Si fa abbastanza, ma si può fare di più. Al nostro concorso, all'ultima cerimonia di premiazione prima della pandemia, abbiamo avuto due madrine d'eccezione che alle Paralimpiadi di Tokyo avevano stupito il mondo: la nuotatrice Arjola Crimi, oro nei 50 dorso, e Martina Caironi, due argenti nei 100 metri di atletica e nel salto in lungo. Due esempi straordinari per i più giovani. Lo ha detto anche il presidente Mattarella incontrando al Quirinale Bebe Vio e gli altri atleti svantaggiati: grazie allo sport la disabilità è finalmente vista con occhi diversi…».

Diana Bracco, quando parla di sport e di giovani, si entusiasma come se dovesse anche lei scendere in pista. Eppure sta uscendo da un intervento chirurgico al ginocchio, ma lo spirito, a sentirla, sembra quello di Sofia Goggia: mai mollare. Provarci sempre. Anche a costo di esporsi alle critiche.

«Sì, mai mollare», risponde. «Vita e sport in questo senso si assomigliano. Per questo tengo all'educazione sportiva dei giovani. Li fa diventare dei buoni cittadini. Ne abbiamo bisogno. Vuole uno slogan d’attualità? Più sport, meno baby gang. Impegnarsi in una disciplina ti allontana dai cattivi pensieri e dalla cattive compagnie. Questa attenzione è sempre stata nel codice genetico della mia famiglia. Ed è parte essenziale del nostro modo di intendere la responsabilità sociale d'impresa. Siamo stati lo sponsor della Geas, storica squadra di basket femminile di Sesto San Giovanni. E adesso nell’atletica abbiamo uno straordinario team di ragazze, ben guidate da un grande uomo come Franco Angelotti, che l'anno scorso ha totalizzato 10 titoli italiani. Questa passione per lo sport viene da mio padre, Fulvio, che era anche un ottimo praticante di canottaggio e di vela. E infatti ha trasmesso a tutta la famiglia anche la passione per il mare».

Questa sua sensibilità sulla responsabilità sociale dello sport non è però altrettanto diffusa nel mondo imprenditoriale. Tra i suoi colleghi si parla molto di calcio, di scudetto, di campioni da ingaggi faraonici, meno però di sport di base. O no?
«In parte è vero. Ci sono delle eccezioni come Armani e Della Valle, però il calcio nel nostro mondo la fa da padrone. Ma anche qui la mentalità sta un po' cambiando. Sono fiduciosa…».

Lei è fiduciosa anche per i Giochi invernali di Milano- Cortina 2026. Non sarà facile, però, prendere il testimone dai Giochi di Pechino. Il confronto sarà duro. In Cina tutto è funzionato alla perfezione con orari rispettati al secondo, campi di gara perfetti, impianti modernissimi che verranno riciclati nel mercato interno del tempo libero. Noi abbiamo ancora tanto da fare, soprattutto nelle infrastrutture e nella logistica. Mentre lavorano i cantieri, già ci sono i ricorsi al Tar. Insomma, l'Italia è magnifica, ma la sua burocrazia molto meno. O no?
«Lo ripeto. Io sono ottimista. Bisogna esserlo per forza, altrimenti non si farebbe mai nulla. Le difficoltà certo non mancano, ma alla fine, come al solito, saremo all'altezza. Tutto il mondo vedrà Cortina, le Dolomiti, Milano nel suo splendore. Sarà uno spettacolo. Come per l'Expo. Purtroppo in Italia vediamo sempre il bicchiere mezzo vuoto, dando anche un'immagine fuorviante del nostro Paese. Bisogna lavorare, soprattutto sugli impianti, ma io credo negli individui e nella nostra fantasia. Una qualità che alla fine farà la differenza…».

Sullo stadio di San Siro, che ospiterà la cerimonia di inaugurazione, siamo ancora fermi al dibattito. Che cosa ne pensa? Meglio un impianto nuovo o un usato sicuro?
«Non voglio influenzare nessuno. Però credo che lo stadio di San Siro abbia una sua storia da rispettare. È conosciuto in tutto il mondo. Penso sia meglio mantenerlo e rinnovarlo per renderlo adeguato alle nuove esigenze. Sarebbe un bello spot per l'immagine dell'Italia e di Milano nel mondo».

Donne e giovani sono al centro della sua attenzione. Al di là dei discorsi rituali, non è un momento facile. La pandemia li ha colpiti sia nella scuola che nell'occupazione. Ora i giovani sono tornati a farsi sentire con cortei e occupazioni. Hanno ragione? Che cosa ne pensa?
«Le dico la verità. Non mi piacciono queste proteste. Le capisco, perchè le ho fatte anch'io alla loro età, ma non le condivido. La pandemia li ha colpiti, anche duramente, certo, ma io credo sempre nella capacità dell'individuo di darsi degli obiettivi, in ogni circostanza, anche quelle più difficili».

Si dice che questa sia una generazione di “sdraiati” o comunque di giovani poco disposti a mettersi in gioco. Lo pensa anche lei?
«Assolutamente no. Non penso che questa sia una generazione di sdraiati, o rassegnati al meno peggio. Tanti giovani che conosco sono bravissimi. Vanno a studiare all'estero, si mettono in gioco, lasciamo amici e famiglie. Ci vuole coraggio e in questo li stimo».

Ultima domanda: ma lei la prova scritta della maturità l'avrebbe fatta?
«Certo che l'avrei fatta, pandemia o non pandemia. Guai se non me l'avessero fatta fare. Sarebbe stata una dequalificazione, una maturità regalata. E nella vita, come nello sport, bisogna abituarsi a capire che niente ti viene regalato. E che se vuoi conquistare qualcosa, devi sudartelo. Dopo sarà anche più bello».


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