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Brancaccio (Ance): «Superbonus, sicurezza a rischio con la corsa per completare i lavori»

Parla la presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili: per recuperare i ritardi sulla cessione dei crediti è necessaria una proroga di sei mesi per portare a termine i cantieri avviati

di Giuseppe Latour

Superbonus, ora le Regioni si muovono per sbloccare i crediti fermi

4' di lettura

«Ieri ci è arrivata una mail terribile. Era la moglie di un piccolo imprenditore, che non è nemmeno un nostro associato. Diceva: fate qualcosa per risolvere questa emergenza, perché mio marito, dopo più di trent’anni di lavoro, sta fallendo. Quando esce di casa, ogni mattina, non so nemmeno se lo rivedrò». La presidente dell’associazione nazionale dei costruttori edili (Ance), Federica Brancaccio, racconta questo episodio per spiegare come le vicende legate al 110% siano ormai uscite da tempo dal recinto della cronaca politico-economica, per entrare in un territorio diverso, fatto di famiglie e imprese disperate. «Riceviamo ogni giorno messaggi e telefonate di questo tipo. È più di un anno che siamo molto preoccupati; più si va avanti e più questa tensione aumenta».

Per Federica Brancaccio (nella foto) i tempi non vanno compressi per rispettare la scadenza di dicembre (Imagoeconomica)

Mercoledì la preoccupazione sarà stata altissima: il Senato ha respinto tutti gli emendamenti al decreto Asset che puntavano a una proroga del superbonus...

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Avere rigettato tutte quelle proposte ha rialzato la tensione in una maniera terribile, perché invece la proroga è necessaria. Anche se va fatta una precisazione: quando parliamo di proroga, non parliamo della riapertura della misura. Vogliamo invece consentire a chi ha già iniziato i lavori, ed è a un certo stato di avanzamento, di portarli a termine con qualche mese in più. I cantieri hanno subito un rallentamento, soprattutto a causa della difficoltà di monetizzare i crediti. Bisogna poterli concludere in un tempo congruo e non lasciare contenziosi, imprese fallite, famiglie disperate e anche impalcature abbandonate e lavori a metà in tutte le nostre città. E c’è un’altra cosa che ci preoccupa di questa bocciatura.

Quale?

Temiamo che, nel tentativo di farcela a ogni costo e di rispettare la scadenza di dicembre, si comprimano i tempi di lavorazione in maniera incompatibile con la qualità delle opere e la sicurezza dei lavoratori. Adesso si è scatenato un effetto panico che va evitato.

Rinnovate la richiesta di sei mesi in più?

Sì. Probabilmente, a questo punto, bisognerà aspettare la legge di Bilancio. Ma se ci sarà un rinvio è bene che il Governo dia un segnale subito, che si sappia il prima possibile, per evitare la paura che sta caratterizzando questi giorni.

La proroga del superbonus è legata al tema dei crediti incagliati. Ora anche Eurostat ha acceso un faro sul problema.

Su questo sintetizzerei il mio pensiero con una battuta: non avere trovato una soluzione al problema dei crediti incagliati è quello che rischia davvero di far saltare i conti. Il pericolo adesso è che, tra poco, vadano di nuovo riclassificati i conti del paese, a partire dal 2020. Avere frenato sulla monetizzazione dei crediti potrebbe avere un impatto pesante sui prossimi bilanci pubblici. Non dimentichiamo che, su questo, il Governo aveva promesso una soluzione, la famosa piattaforma, che non è mai arrivata.

Ora, però, ci sono diverse altre proposte sul tavolo, come la certificazione dei crediti e la conversione in Btp.
Cosa ne pensa?

Il problema di queste proposte è legato ai tempi; non sono cose che consentono di sbloccare il mercato domani mattina. Mentre si cerca una soluzione, noi stiamo vedendo speculatori che comprano il 110% al 50 o al 60 per cento. E li chiamo speculatori, ma vorrei usare termini ben peggiori. Le imprese, pur di prolungare la loro sopravvivenza, vendono a qualsiasi prezzo. Ma il Paese, in questo modo, paga il costo del 110% e anche quello dei successivi fallimenti. Serve, invece, una soluzione seria e istituzionale.

Di che tipo?

Quella che stiamo proponendo da tempo: il coinvolgimento delle grandi partecipate pubbliche nell’acquisto di crediti. Se iniziassero a comprare, darebbero un segno di fiducia per tutti, oltre che un’iniezione di liquidità immediata.

Ora le Regioni si stanno muovendo in questa direzione. Basilicata e Lazio sono arrivate per prime. Secondo lei è sufficiente?

Sulle Regioni faccio, anzitutto, una considerazione. Se, dopo essere state bloccate a febbraio, hanno studiato un nuovo meccanismo per provare a risolvere questo problema, è il segno che si tratta di una questione enorme. Le Regioni hanno il polso dei territori, vedono il dramma delle famiglie, per questo si sono mosse. Vedo, però, un problema di tempi: speriamo che facciano presto ad attuare queste leggi. Se tutte le Regioni si attivassero, forse non basterebbe a risolvere completamente il problema, ma non ci andrebbe lontano. Mi chiedo, però, quante sono le partecipate che non rientrano nel perimetro della Pa e che, quindi, possono comprare crediti? Su questo forse andrebbe fatta chiarezza.

Sullo sfondo resta un tema del quale si è discusso molto in questi mesi: la riforma strutturale dei bonus casa. Secondo lei è ancora attuale?

Le proposte sono moltissime. C’è la nostra, ci sono quelle di sindacati, ordini professionali, ci sono proposte di legge in Parlamento: ne parliamo e affrontiamo il tema con interesse. Oggi, però, mi pare una questione un po’ stridente. Diciamo che a gennaio 2024 arriva una splendida legge su bonus casa, efficientamento e sicurezza, che avrà percentuali di agevolazione riviste e che si sarà fatta anche la battaglia a Bruxelles per avere dei fondi europei. Resteranno, però, le imprese che sono saltate, i contenziosi in condominio, le famiglie rimaste fuori casa. Secondo lei chi crederà a queste agevolazioni? Quanto tempo servirà perché i cittadini ritrovino fiducia in questo sistema?

Dal vostro osservatorio, tutti questi fenomeni rischiano di avere un impatto negativo sull’andamento dell’edilizia?

Sicuramente. Abbiamo già dei segnali di calo di numero di ore lavorate rispetto allo scorso anno e di calo della produzione. Ovviamente se il Pnrr dovesse andare a regime, è chiaro che potremo di nuovo invertire la tendenza. Però, in questo momento un rallentamento c’è.

Ultimo punto: cosa pensa delle polemiche su un presunto nuovo condono?

Quando si parla di abusi e condoni, noi siamo assolutamente contrari. Voglio dirlo chiaramente: non condividiamo nulla che possa essere un colpo di spugna su qualsiasi irregolarità. A questo proposito, va però aggiunto che il ministro Salvini ha ragione quando sottolinea la confusione tra l’abuso di speculazione o di pericolo e le piccole irregolarità, molte delle quali causate da norme anacronistiche. Sarebbe interessante aprire una riflessione su milioni di pratiche di condono in attesa di risposta, dal condono del 1985 in poi. In mezzo a quelle, ci sono anche case abusive in situazioni di pericolo delle quali rischiamo di non sapere mai nulla.

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