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Brasile: con l’export un avanzo primario che fa del paese una guida nel subcontinente

La sfida agli Usa nei rapporti con la Cina

di Marcello Minenna

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5' di lettura

Luiz Inácio Lula da Silva da gennaio di quest’anno è alle prese con il suo terzo mandato presidenziale; il Presidente, che avviò nel 2003 il suo primo mandato con il programma “fame zero”, sa che deve ancora confrontarsi con questo problema dato che sono oltre 30 milioni - in base all’indagine condotta dalla Rede Brasileira de Pesquisa em Soberania e Segurança Alimentar e Nutricional - i brasiliani che non hanno niente da mangiare.

Nonostante la permanenza di discriminazioni e disuguaglianze (fra le più alte del mondo, cfr. Figura 1) ed un reddito pro-capite annuo inferiore ai 10,000 dollari, il Paese delle immense risorse naturali negli ultimi venti anni è profondamente cambiato; istruzione obbligatoria fino a 17 anni, secondo paese al mondo per produzione di energia da fonti rinnovabili, un PIL che, dopo un brillante recupero a “V” post-pandemico, si proietta a superare la Russia con un tasso di disoccupazione ben sotto il 10%, aspettative di inflazione che per il 2025 dovrebbero centrare l’obiettivo del 3% previsto nel mandato della Banca Centrale. A questo si aggiungono un sistema finanziario evoluto con un mercato dei capitali che ha accolto oltre 100 quotazioni in borsa di società negli ultimi cinque anni e che ha sviluppato PIX piattaforma in grado di gestire pagamenti in tempo reale h24 7 giorni su 7, una rete di accordi fiscali internazionali e la compliant con i principi contabili internazionali. Non a caso a gennaio il Consiglio dell'Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha votato all’unanimità l’invito al Brasile di aderire all’organizzazione.

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INDICE DI DISEGUAGLIANZA (COEFFICIENTE DI GINI) PER ALCUNI PAESI
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Il Paese resta comunque in doppio deficit sia in relazione al bilancio pubblico che in quello delle transazioni dell'economia reale; relativamente ai conti pubblici approfondendo meglio si coglie come in realtà il Brasile sia in avanzo primario, cioè al netto degli interessi sul debito pubblico, è un Paese virtuoso e non spende più di quando introita e, per quanto riguarda il conto corrente, l'economia carioca esporta più di quanto importa.
Per approfondire queste dinamiche e dove si stanno indirizzando i nuovi corsi di politica economica di Lula vale quindi la pena di esaminare le registrazioni contabili della bilancia dei pagamenti. L'esame del conto corrente (Cfr. Figura 2) mostra le transazioni dell'economia reale tra residenti in Brasile e non; emerge uno strutturale saldo negativo che però va opportunamente interpretato.

BRASILE - CONTO CORRENTE
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Il Brasile, infatti, importa merci per oltre 290 miliardi di dollari ma ne esporta per oltre 340 conseguendo un surplus commerciale di rilievo. Le componenti sono varie, seppur con un peso crescente delle materie prime (Cfr Figura 3).

INDICE DI CONCENTRAZIONE DEI BENI ESPORTATI
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La produzione agroalimentare (ripartita un terzo nell'allevamento e due terzi nell'agricoltura) è la base del 25% del PIL ed ha conseguito il secondo più alto livello di produzione agroalimentare degli ultimi 34 anni. Il Brasile si conferma primo produttore ed esportatore di zucchero, caffè, succo d'arancia, soia e comunque ai primi posti anche nella carne, tabacco, alcool, mais, cotone, latte, frutta, cacao e miele. Un ruolo chiave è stato anche giocato dall'esportazioni di minerali ferrosi come riporta il saldo commerciale di oltre 50 miliardi di dollari registrato dall’Istituto Brasiliano delle Miniere (Ibram).
Un terzo di queste esportazioni sono salpate alla volta di Pechino raggiungendo il saldo record di circa 50 miliardi di dollari che consolida così il ruolo della Cina come primo partner commerciale del Brasile seguito, neanche troppo a ruota, dagli Stati Uniti d'America.
Ed è proprio su questo profilo che dalle prime dichiarazione del “terzo” Lula emergono i primi grattacapi per Biden nonostante le strette di mano durante la visita a Washington di Febbraio.
Lula infatti, arrivato a Pechino a metà dello scorso mese di aprile, non solo ha firmato accordi per 10 miliardi di dollari – che vanno dal 5G all'aerospaziale, passando per l'agricoltura e coinvolgendo anche il coordinamento della comunicazione – ma ha anche dichiarato: “ogni notte mi chiedo perché tutti i paesi sono obbligati a commerciare usando il dollaro”. È nella direzione della de-dollarizzazione dell'economia mondiale ha proposto l'adozione dell'Yuan in vece del dollaro per i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Il progetto – dichiarazioni a parte – ha un sostegno finanziario non solo negli accordi bilaterali tra le due banche centrali ma anche nella progettualità bancaria che questi Paesi condividono, la New Development Bank, una sorta di World Bank dei Paesi BRICS con una capacità di fuoco di 100 miliardi di dollari. Non solo. Nelle aspirazioni di Lula c'è anche la defibrillazione dell'UNASUR, l'ambizioso progetto di unione economica e politica dei Paesi del Sudamerica nato nel 2004 (ma miseramente naufragato nel 2018) per dare una voce unica al Sudamerica nella definizione di accordi commerciali con il resto del mondo.
Il settore chimico e petrolchimico copre oltre il 10% del PIL, è previsto in crescita e ad oggi il Brasile resta il secondo produttore mondiale di cellulosa e di biocombustibili.
Su petrolio e gas naturale il Paese ha poi trovato il suo eldorado nel pre-sale. I nuovi giacimenti trovati sotto uno strato di sale marino al largo delle coste del Brasile hanno infatti cambiato lo scenario energetico dell'economia carioca da importatore a esportatore. Si stima nei prossimi 5 anni una produzione che sfiorerà i 200 miliardi di dollari e 600 mila posti di lavoro.
Non è quindi il fronte “merci” ad impensierire il Brasile. Il problema che affossa il Conto Corrente sono infatti i “redditi primari” e i “servizi” che qualificano il contraltare di quegli imponenti investimenti diretti che il mondo intero ha effettuato negli ultimi 15 anni (Cfr. Figure 2, 4 e 5). Le attività industriali “impiantate” in Brasile, se da un lato infatti producono ed esportano, dall'altro generano utili che quindi tornano alla casa madre (straniera) e richiedono servizi informatici, di ricerca e sviluppo, legale, ingegneristico che vengono acquisiti fuori dal Paese e che ovviamente seguono con un lag temporale l'andamento dei redditi primari nella usuale dinamica del reinvestimento degli utili.

BRASILE - REDDITI PRIMARI
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BRASILE - CONTO FINANZIARIO
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Il Paese mostra inoltre una buona solidità finanziaria. Un contributo importante deriva in primis da un sapiente dimensionamento delle riserve in valuta estera (Cfr. Figura 5) pari a oltre il 15% del PIL e in grado di coprire il debito in valuta estera che nei Paesi emergenti è una delle principali fonti di instabilità vista la velocità con cui le valute locali si deprezzano e i tassi di interesse si proiettano negli spazi numerici a due cifre.
Questo aspetto contribuisce ad attirare anche investimenti di portafoglio; come emerge dalle dinamiche della bilancia dei pagamenti (Cfr. Figure 4 e 5) negli anni si può dire, senza perdite di generalità, che il Brasile sia diventato il safe heaven tra i Paesi in via di sviluppo cioè quei Paesi che non raggiungono i 10.000 euro pro-capite annuo.
Il Presidente Lula riprende quindi il comando di un Brasile assai differente da quello del 2003; un Paese che ha la legittima ambizione di consolidare la svolta ESG (Environment, Social, Green), che vuole distribuire acqua potabile e collettare tutta la Nazione nei prossimi 10 anni e traghettare l'industria verso i paradigmi 4.0 dell'”autoottimizzazione” – in cui i sistemi oramai digitalizzati e “connessi” sono in grado di auto adattarsi e configurarsi in maniera ottimale – nonostante il basso costo del lavoro che ovviamente ostacola la robotizzazione.
Insomma, il Brasile è pronto per una strategia economico-industriale-finanziaria all'insegna dell'autonomia; Il destino di 220 milioni di abitanti è pertanto collegato alla capacità del Presidente di non essere “vassallo di nessuno” come gli ha suggerito Macron. Su quest'ultimo aspetto i segnali sono confortanti vista l'ambizione di fare del Brasile il “centro di gravità” del Sudamerica e il prossimo membro permanente nel Consiglio di sicurezza dell'ONU. In bocca al lupo!

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