Brescia, la rivoluzione 4.0 parte dal basso
di Matteo Meneghello
3' di lettura
«Ho già i robot, ho anche il gestionale, il 4.0 non è certo una novità». Tra le centinaia di imprenditori che nei giorni scorsi hanno affollato a Brescia, il convegno organizzato dall’Associazione industriale bresciana sulle prospettive dell’Industria 4.0, si sente la stessa litania. La realtà è che i grossi gruppi - sul territorio sono una novantina i conglomerati manifatturieri di una certa dimensione, fatturano 14,2 miliardi e danno lavoro a 46mila addetti - hanno già intrapreso con successo un percorso di automazione.
Ma i piccoli, spesso ricchi di idee e privi di risorse, sono preoccupati di perdere terreno. La rivoluzione digitale si inserisce proprio nel mezzo, nel tentativo di saldare i due anelli e di fare esplodere le potenzialità accumulate negli anni. Questa, almeno, è la convinzione di Aib. «Vanno sviluppate queste competenze lungo i cluster e le filiere presenti sul territorio, dobbiamo sfruttare questo fenomeno per creare valore aggiunto e migliorare la soddisfazione dei clienti» ripete il presidente di Aib, Marco Bonometti. «Se lavoriamo solo per ottenere incentivi fiscali non otterremo nulla» sintetizza Giancarlo Turati, titolare di un’azienda di networking informatico e vicepresidente di Aib con delega alla Piccola impresa.
A pochi giorni dalla pubblicazione delle norme attuative per l’applicazione degli incentivi, Brescia si presenta ai blocchi di partenza della «rivoluzione 4.0» con grandi aspettative. Lo spettro delle tecnologie abilitanti individuate dal Mise è ampiamente presente, con punte di eccellenza in alcuni ambiti. La robotica ha una tradizione radicata: sul territorio operano realtà leader a livello nazionale come Gnutti Transfer, Tiesse Robot, e aziende come Evolut e Automazioni industriali. Altra competenza-chiave è quella di Gefran (sensoristica e componenti per l’automazione industriale), una delle prime aziende italiane a capire le potenzialità dell’Iot. Accanto a questo know how specializzato si affiancano gli investimenti «in house» di grosse multinazionali tascabili come Lonati (meccanotessile), Camozzi (impiantistica e pneumatica), Beretta (armiero), Feralpi (siderurgia).
Sfruttando la forza d’urto dimensionale, ognuna di queste realtà ha investito, in proprio, nello sviluppo di progetti di 3d design e addictive manufacturing, realtà aumentata, e ha già esplorato l’utilizzo dei big data e del cloud per l’ottimizzazione dei processi. Ci sono poi realtà come Sabaf, Sirap Gema, Copan, Cembre, che hanno dimostrato lungimiranza, investendo in automazione in questi anni. Il terreno, insomma, è fertile. «Questa non è rivoluzione - spiega Angelo Baronchelli, alla guida Ab holding, realtà che fornisce impianti di cogenerazione - è evoluzione. Quindici anni fa abbiamo iniziato a fornire impianti connessi con la nostra centrale di controllo, in grado di raccogliere i dati di funzionamento. Proseguiremo in questo solco».
Si tratta di percorrere l’ultimo chilometro, e questo compito spetta ad Aib, che ha annunciato, pochi giorni fa, la creazione di un digital innovation hub (in sigla dih). «Ci aspettiamo una buona dose di rinnovamento - dice Paolo Streparava, vicepresidente con delega all’innovazione -, ma se non si focalizzano le opportunità si rischia di replicare gli errori del periodo delle dotcom». Il dih erogherà servizi a supporto delle esigenze di informazione-contaminazione, formazione, consulenza tecnologica e assistenza fiscale delle imprese in cerca di un’accelerazione attraverso il piano 4.0. «Ora dobbiamo coinvolgere tutti - aggiunge Turati -. È inutile concentrarsi solo sui robot: non è cambiato l’interfaccia di una macchina utensile che si fa la rivoluzione 4.0». La collaborazione tra ambiti diversi è già realtà nel progetto recentemente varato dal cluster della mobilità lombardo coinvolgendo 28 aziende, per la maggioranza bresciane. Si tratta di utilizzare i veicoli come dei sensori attivi per definire lo stato del manto stradale.
Un progetto che ha riscosso l’interesse dei manutentori, dei gestori delle reti stradali, delle compagnie di assicurazione. «C’è molto lavoro da fare - spiega Turati -: bisogna sensorizzare la sospensione, georeferenziare il dato, verificare che non sia un falso positivo, inserirlo in un contesto di mappatura del territorio e di infomobilità».
A valle di queste dinamiche resta il nodo della formazione. La Fondazione Aib sta lavorando per portare a Brescia un Its della meccatronica (sul modello degli istituti già attivati a Milano e a Bergamo). Si pensa anche a un master. È stata inoltre definita , con le associazioni industriali di Mantova e Cremona, una convenzione con l’Università degli Studi di Brescia.
loading...