Brevetti hi-tech, la Commissione europea apre un nuovo contenzioso con Pechino
Bruxelles rimprovera al governo cinese di ostacolare le aziende europee ogni qualvolta queste vogliono chiedere giustizia nei tribunali europei quando i loro brevetti vengono utilizzati illegalmente o senza appropriato compenso
dal nostro corrispondente Beda Romano
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BRUXELLES – In un momento di crescenti incomprensioni con la Cina, la Commissione europea ha annunciato oggi, venerdì 18 febbraio, di avere aperto un nuovo contenzioso con Pechino dinanzi all’Organizzazione mondiale del Commercio. In questo caso la vicenda riguarda il delicatissimo campo della protezione dei brevetti nel settore ad alta tecnologia. Agli occhi di molti osservatori, la vicenda conferma il tentativo cinese di difendere e rafforzare la propria sovranità tecnologica.
Bruxelles rimprovera al governo cinese di ostacolare le aziende europee ogni qualvolta queste vogliono chiedere giustizia nei tribunali europei quando i loro brevetti vengono utilizzati illegalmente o senza appropriato compenso. “Le aziende europee hanno il diritto di chiedere giustizia a condizioni eque quando la loro tecnologia viene usata illegalmente”, spiega in un comunicato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis.
Una vicenda giuridica, economica e politica
Secondo Bruxelles, dal 2020 la magistratura cinese ha deciso di emettere ordinanze che impediscono alle imprese europee di difendere i propri interessi nei tribunali occidentali. Nei fatti, le corti cinesi sostengono che i beni finali sono spesso prodotti in Cina e che la competenza è quindi dei tribunali cinesi. Utilizzano la minaccia di pesanti multe per dissuadere le aziende europee dal rivolgersi alla loro magistratura nazionale.
Dietro a questa tendenza si nascondono due obiettivi. Il primo è economico. Le autorità cinesi vogliono in questo modo tentare di strappare tariffe basse quando per esempio Huawei negozia con una controparte europea l’acquisto di particolare tecnologia occidentale. Il secondo obiettivo è più politico: la Cina vuole imporre nuovi standard mondiali nel contenzioso relativo alla proprietà intellettuale, oltre che difendere la propria sovranità tecnologica.
Da un punto di vista finanziario, i danni in ballo sono notevoli – le stime parlano di miliardi di euro. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, la questione è stata trattata in via bilaterale con Pechino in varie circostanze e in vari formati, ma senza successo. Ragion per cui la Commissione europea ha deciso di discuterne in sede Omc. Se dopo una prima fase di consultazioni i nodi restano sul tavolo, la questione sarà affidata a un arbitrato.
La vicenda emerge mentre si moltiplicano i segnali di nervosismo cinese in questo campo. Parlando di recente ad analisti finanziari, il presidente della società cinese Semiconductor Manufacturing International (SMI), Zhao Haijun, ha detto di temere la tendenza europea ed americana di rafforzare la produzione domestica di chips. La preoccupazione delle aziende cinesi è di assistere a una frammentazione del mercato. Attualmente Smi produce meno del 10% di quanto abbiano bisogno i suoi clienti cinesi.
In questi mesi il confronto con la Cina su questo versante ha riguardato tra l’altro aziende tedesche, francesi e olandesi. Non è il solo motivo di screzio con il paese asiatico. Di recente la stessa Commissione europea ha annunciato di avere aperto un contenzioso con la Cina a proposito del blocco cinese delle importazioni dalla Lituania, dopo che il governo baltico ha autorizzato l’apertura a Vilnius di un ufficio di rappresentanza di Taiwan, l’isola separatista in conflitto con Pechino.
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