Brexit, niente visto a chi non parla inglese ed è poco qualificato
Introdotta una tabella “a punti” che esclude i lavoratori senza competenze specifiche. Ma gli europei possono rimanere fino a sei mesi senza visto. Monito del Labour: danni a ristorazione e industria
di Roberto Da Rin
2' di lettura
«Qui si parlerà solo inglese o tornatevene a casa vostra». È il messaggio choc riportato su un volantino, intitolato Happy Brexit day, appeso giorni fa a Norwich, in Inghilterra. A darne notizia era stato il quotidiano “Independent”. Lo scatto è diventato virale su Twitter. «Non tollereremo chi parla altre lingue. Se non sai l'inglese tornatene a casa tua, nel tuo Paese», si legge nel volantino.
«Parole intollerabili» , è stato il commento del Consiglio comunale della città a nord est di Londra, aggiungendo che la polizia sta indagando su quanto accaduto. Eppure, pochi giorni dopo, pare che il governo segua proprio questa linea di chiusura e intransigenza.
Gli effetti di Brexit sui lavoratori europei
Il Regno Unito ha ufficialmente abbandonato l'Unione europea in accordo con i trattati siglati a fine gennaio e i nuovi provvedimenti di politica migratoria sembrano drastici: le forme espressive utilizzate sono «full control», pieno controllo dei confini, «per la prima volta da decenni», «eliminare le distorsioni». Tra quelle che vengono definite distorsioni – secondo la nuova linea di Boris Johnson, presentata in un documento di 10 pagine – vi sarebbe la riscrittura di varie norme. E ne verrebbe introdotta una che dal 2021, alla fine del periodo di transizione, impedisce l'ingresso in Gran Bretagna a chi non parla inglese, oltre che ai lavoratori con un basso grado di specializzazione.
Le proteste del turismo
Le prime contestazioni sono arrivate dal settore del turismo e della ristorazione, il più colpito da queste linee guida. I vertici delle istituzioni industriali parlano già di gravi danni all'economia, conseguenze disastrose per la perdita di posti di lavoro e la possibile chiusura di molte attività commerciali.
I laburisti avversano il programma di Johnson specificando che anche il settore sanitario verrebbe duramente colpito.
Modello «a punti»
Il modello migratorio cui si ispira Johnson è quello adottato dall'Australia.
Il governo presenterà una tabella “a punti” e l'aspirante lavoratore straniero dovrà ottenerne almeno 70. La griglia prevede dei crediti, in altre parole un punteggio da 0 a 20 punti per ogni singola specificità: il titolo di studio alto (PhD) in ambiti in cui la domanda di lavoro è forte dà 20 punti. Il salario che verrebbe corrisposto è un'altra voce rilevante: se è superiore a 25.600 sterline i punti sarebbero 20, ma se il salario è compreso tra 20.000 e 23.000 i punti incassati dal candidato sono pari a zero. A fare punteggio, invece, la qualificazione per settori con carenza occupazionale nel Regno Unito.
Insomma una corsa a ostacoli per scoraggiare e addirittura impedire l'accesso a chi non ha i requisiti definiti necessari.
Il 70% dei cittadini europei in Uk non ha i requisiti
Con i nuovi criteri, secondo il Comitato sulla migrazione - un ente indipendente usato dal governo come consulente - il 70% dei cittadini europei entrati nel Regno Unito dal 2004 a oggi non avrebbe i requisiti per lavorare nel Paese.
Brexit, va ricordato, prevede un periodo di transizione della durata di 11 mesi che permetterà a Londra e Bruxelles di mettere ordine a tutte le pendenze economiche in essere; oltre agli aspetti migratori, i futuri rapporti commerciali costituiscono la matassa più intricata da dipanare.
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