Brexit, a 5 anni dal referendum il verdetto è ancora sospeso
Londra rivendica i successi nelle vaccinazioni e la bassa disoccupazione ma le tensioni in Irlanda del Nord e i nodi del commercio estero sono fattori di preoccupazione
di Nicol Degli Innocenti
3' di lettura
LONDRA - Un compleanno celebrato dai sostenitori e ignorato dagli europeisti: sono passati cinque anni esatti dal referendum che, il 23 giugno 2016, sfidando i sondaggi e sorprendendo gli esperti, aveva sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea.
Il risultato, una vittoria di stretta misura, aveva mostrato un Paese spaccato a metà tra “Leave” e “Remain”. Cinque anni dopo, le stesse divisioni restano, ma i sostenitori di Brexit hanno vinto. Il loro leader di allora, Boris Johnson, ora è primo ministro e ha consegnato ai suoi elettori quella “Brexit dura” che aveva promesso, privilegiando la riconquista della sovranità su considerazioni economiche.
Sono passati cinque anni ma Brexit resta una questione ancora aperta e controversa. Il dissidio tra Bruxelles e Londra sui controlli alla frontiera in Irlanda del Nord è cronaca di oggi e non ci sono facili soluzioni in vista. Anzi, la crisi politica potrebbe portare a elezioni anticipate in Irlanda del Nord che diventerebbero inevitabilmente una sorta di referendum sul Protocollo e sugli accordi firmati da Johnson pur di uscire dalla Ue.
Verdetto prematuro
Un bilancio di Brexit è difficile anche perché la pandemia ha confuso le acque, bloccando l'attività economica e gli spostamenti. È pressoché impossibile distinguere se la recessione britannica, la peggiore da oltre tre secoli con un calo annuale del 9,9% del Pil, sia stata interamente dovuta al coronavirus oppure anche a Brexit.Il crollo degli scambi con la Ue quest'anno forse è dovuto solo al Covid-19, ma è lecito pensare che l'introduzione di controlli doganali e le barriere non tariffarie al confine abbiano avuto il loro peso. Quanto ai cittadini, non potendo viaggiare verso destinazioni amate come Francia, Spagna e Italia a causa di lockdown e restrizioni, ancora non hanno potuto toccare con mano cosa significhi la fine della libera circolazione delle persone.Il giudizio è quindi sospeso sull'impatto di Brexit sull'economia e sulle persone.
Londra in cerca di accordi commerciali
È troppo presto per pronunciare un verdetto credibile. Il Governo di Johnson dichiara comunque vittoria: l'economia sta ripartendo alla grande, il crollo dell'interscambio è dovuto solo a “problemi di rodaggio”, e in ogni caso il commercio con altri Paesi extra-Ue a breve sostituirà e sorpasserà gli scambi con l'Europa. Le intese commerciali siglate finora da Londra sovrana hanno un impatto molto limitato e rappresentano una percentuale minuscola dell'interscambio con la Ue. L'ultimo di una breve serie, l'accordo con l'Australia, vale lo 0,02% del Pil e ha messo in allarme agricoltori e allevatori britannici che temono di essere spazzati via da una concorrenza massiccia e con meno paletti su tutela dell'ambiente e degli animali, utilizzo di ormoni e così via.
L'obiettivo di Londra, però, è ben più ambizioso: in primo luogo entrare a far parte del Partenariato Trans-Pacifico (TPP11) che rappresenta economie in forte crescita. Allo stato attuale gli 11 Paesi del Tpp, tra i quali ci sono il Canada, il Giappone, Vietnam e Cile, rappresentano solo l'8% dell'export britannico ma Londra prevede che la percentuale aumenti. Il secondo obiettivo è un accordo commerciale con gli Stati Uniti, che però per ora non sembra essere tra le priorità del presidente Joe Biden.
La City limita i danni
Nell'immediato Johnson può giustamente rivendicare alcuni successi come un tasso di disoccupazione che, nonostante la crisi, è salito solo al 4,7% contro una media Ue del 7,3%, grazie soprattutto al generoso programma di sostegno del Tesoro. La City londinese ha perso alcuni pezzi – gi scambi in euro sono passati a Amsterdam, mille miliardi di asset sono stati trasferiti all'estero e migliaia di banchieri hanno lasciato Londra alla volta di città europee – ma non ha subìto l'esodo pronosticato da alcuni.
Il successo dei vaccini
Il grande successo del programma di vaccinazione di massa – si prevede che tutti gli adulti avranno ricevuto almeno la prima dose entro metà luglio – ha puntato i riflettori su un altro vanto britannico: il settore della tecnologia e della scienza. Tradizioni secolari di eccellenza sono state rafforzate dal sostegno finanziario dello Stato, con i risultati che tutti hanno visto: lo sviluppo di un vaccino in tempi record, 500mila vaccinazioni e un milione di tamponi al giorno, che vengono sequenziati in quindici centri specializzati per individuare le diverse varianti. Nessun Paese europeo può vantare tanto.
Brexit non c'entra, ma il senso di ottimismo che le cose stiano migliorando, sia sul fronte Covid-19 sia sul fronte dell'economia, contribuisce a minimizzare gli aspetti negativi dell'uscita dalla Ue.
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