Brexit, colpo alla May: la questione irlandese lega Londra alla Ue a tempo indefinito
di Angela Manganaro
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Quasi come fosse una vendetta della Storia, la questione nordirlandese condanna il Regno Unito a rimanere legato all’Europa suo malgrado. Quasi come se i britannici dovessero ancora pagare le colpe di un lungo e doloroso conflitto fra cattolici e protestanti, il secondo giorno di dibattito parlamentare dei cinque previsti a Westminster (si vota l’11 dicembre) segna un altro duro colpo al già fragile accordo firmato dalla premier Theresa May con i 27 leader Ue il 25 novembre.
Il colpo al testo concordato con la Ue e a tutta la strategia di May, sta nelle sei paginette che il governo è stato costretto a pubblicare oggi: il parere legale sull’accordo per Brexit che l’attorney general Geoffrey Cox aveva inviato alla signora May. La quale non avrebbe voluto che il parere uscisse dalle segrete stanze del numero 10 di Downing Street, ma non ha avuto altra scelta dopo che ieri la maggioranza che la sostiene è stata battuta dal voto sulla mozione presentata dai laburisti che imponeva al governo di far conoscere per intero il parere dell’avvocato del governo.
Dopo il parere dell’avvocato della Corte di giustizia europea che reputa possibile un dietrofront britannico dalla Brexit senza l’accordo degli altri partner - e di fatto mette zizzania a Londra perché pone le basi giuridiche di un secondo referendum - arriva dunque questo parere interno che definisce testualmente il Regno Unito «intrappolato legittimamente e a tempo indeterminato» nel backstop del confine nordirlandese, in quella rete di protezione che evita frontiere e barriere fra le due Irlande ma di fatto lega parte del Regno Unito - l’Irlanda del Nord - all’Unione europea che il resto del Paese è determinato a lasciare. I brexiteer conservatori guidati da Boris Johnson sono scandalizzati all’idea di rimanere legati alla regole Ue da cui vogliono fuggire. La situazione nordirlandese, sostiene il procuratore Cox, dipende da una «decisione politica» ma lo status quo permarrà finché i negoziati sui futuri accordi commerciali continueranno anche dopo l’addio ufficiale fissato il prossimo 29 marzo. Finché non si definità la futura partnership commerciale, al confine fra Irlanda e Irlanda del Nord, sarà stallo.
Che la situazione si stia mettendo male per Theresa May e che la premier sia sempre più sola è confermato dalla preoccupazione del cancelliere dello scacchiere Philip Hammond che ammonisce sui pericoli di lasciare un percorso prestabilito - il dibattito sull’accordo per Brexit - per inoltrarsi in un «territorio inesplorato»: tutti i politici devono essere ben consapevoli delle conseguenze, ha detto il cancelliere ai membri della commissione Finanze.
Il parere dell’attorney general non fa che indebolire una May già provata da queste prime ore di dibattito parlamentare - difesa solo dall’ex avversaria per la leadership Andrea Leadsom, leader dei Comuni che continua a sostenere il diritto del governo a tenere riservato il parere legale - e rende sempre meno probabile il già incerto voto dei dieci deputati unionisti nordirlandesi che sostengono il governo di minoranza di May e da settimane gridano allo scandalo per un accordo indigesto. Nigel Dodds, vice leader del partito unionista, definisce il documento di Cox «devastante». Dal che si desume che se non cambia qualcosa nei prossimi giorni la signora May ha perso il voto dei suoi alleati di governo.
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