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Brexit, effetti sulla casa: più tasse agli stranieri e prezzi all’insù dal 2021

In caso di accordo con la Ue, la fine dell’incertezza rilancerà le compravendite. Ma se un «no deal» dovesse indebolire la sterlina, potrebbe avverarsi l’effetto «calamita» degli investitori esteri

di Laura Cavestri

(REUTERS)

4' di lettura

E ora che la Brexit ha una data – a questo punto – certa, cosa succederà al mercato immobiliare? Andrà meglio. Paradossalmente? Mica tanto. Da tempo, per analisti, operatori del real estate e della stampa britannica, l’urgenza era uscire dal limbo dell’incertezza, dei rinvii e dei veti incrociati in Parlamento. Si proseguirà sulla tassazione ( in crescita) per i proprietari stranieri di casa – a questo punto, tali saranno anche i cittadini Ue – ma riprenderanno anche le compravendite, da mesi strozzate dall’incertezza.

Sbloccare il mercato
Secondo gli analisti di Savills, una Brexit accompagnata da un accordo con la Ue segna la fine dell’incertezza e porterà a un immediato rilancio delle compravendite. Un’uscita senza intesa dovrebbe portare, invece, nell’immediato, a un indebolimento della sterlina che renderebbe “attrattivo” il mercato immobiliare del Paese per gli investitori esteri, soprattutto arabi, russi e del Far East. Con aumenti medi, nei prossimi 5 anni, dei prezzi degli immobili, nel Paese (non solo a Londra), fino al 15 per cento.

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«Il risultato elettorale – ha spiegato Lucian Cook, head of UK residential research di Savills – andrà a sbloccare il mercato delle compravendite che era in stallo da mesi con gli operatori alla finestra in attesa di capire la situazione. Tuttavia, esiste anche la possibilità che ciò indurisca anche le aspettative di prezzo di alcuni venditori. Le transazioni riprenderanno ma non subito i prezzi, che ci attendiamo in più sostenuta ripresa a partire dal 2021. Se cresceranno dopo, come previsto, i prezzi delle case aumenteranno del 4,5% nel 2021 e quindi del 3% all’anno ogni anno fino al 2024».

Riteniamo credibile, ha proseguito Cook, «che il governo prosegua sulla via di un ulteriore supplemento del 3% sull’imposta di bollo per gli acquirenti che non risiedono nel Regno Unito. E questo potrebbe sostenere, nell’immediato, la domanda degli acquirenti stranieri di acquistare prima che la tassa venga imposta».

Infine, la sterlina. «Dovrebbe rafforzarsi – ha concluso Cook – man mano che si chiarisce l’incertezza politica. La finestra temporale per trarre benefici da eventuali investimenti immobiliari, è quindi limitata e potrebbe catalizzare una ripresa dei prezzi nel centro di Londra nei prossimi cinque anni (che dovrebbe recuperare il calo del 20% che si era verificato dal 2014). »

Siccome però a Londra i prezzi sono già molto alti, in valore assoluto, potrebbero crescere nelle città di seconda fascia, come Liverpool, Manchester, Birmingham. Nella capitale britannica, si profila – sempre secondo Savills – anche un aumento degli affitti medi (+18,8% a Londra sempre nei prossimi 5 anni) e del 13,1% nel resto del Regno Unito.
Dal 2015 a oggi l’aumento nel numero di complessi di appartamenti costruiti da società apposta per affittarli è stato del 478%, dalle 6.600 unità del 2015 alle quasi 42mila di fine 2018.

«È probabile – ha spiegato Jon Neale, Head of UK Research & Strategy at JLL – che si verifichi un rimbalzo dell’attività nei mercati del leasing e degli investimenti con il ritorno della fiducia degli investitori e delle imprese. Ma la direzione del viaggio a lungo termine non è ancora chiara. Un «no-deal» è ancora un rischio reale. Il desiderio di negoziare contemporaneamente un accordo commerciale con gli Stati Uniti è un ulteriore fattore di tensione. Nell’immediato, la maggiore libertà di cui Johnson potrà godere porterà a maggiori investimenti nei servizi pubblici, in particolare i trasporti regionali, che potrebbero portare a significativi benefici per il settore immobiliare e della rigenerazione fuori Londra.

«I conservatori – ha aggiunto Guy Grainger, Emea Ceo di JLL –hanno fatto molte promesse sulla Brexit, ma la decarbonizzazione entro il 2050 è la meno ambiziosa. Il 40% delle emissioni di carbonio proviene dagli edifici, quindi il settore immobiliare dovrà assumersi la responsabilità di combattere la crisi climatica».

Tasse in aumento per gli stranieri
Benché, a meno di ventiquattr’ore non siano giunte conferme in tal senso, gli operatori danno in arrivo il supplemento del 3% della cosiddetta “imposta di bollo” (“stamp duty”) per i cittadini stranieri, che potrebbe colpire ben 70mila acquisti e generare circa 140 milioni di euro annui di maggiore gettito per l’Erario britannico.
La tassa viene calcolata a scaglioni. Al momento pesa per il 5% su case con prezzi tra 250mila e 925mila sterline, al 10% su proprietà che costano tra 925mila sterline e 1,5 milioni di sterline e sale al 12% per le dimore oltre 1,5 milioni. L’inasprimento porterebbe gli scaglioni, rispettivamente, all’8, al 13 e al 15 per cento.

«Il settore immobiliare rimane quello in cui ci si attendono le principali variazioni fiscali a breve – hanno sottolineato gli esperti di Hogan Lovells – Il 2019 ha già visto l’introduzione dell’imposta, per i non residenti, sulle plusvalenze da cessioni di terreni nel Regno Unito (indipendentemente dalla loro destinazione, commerciale o residenziale). Nel 2020 è previsto il passaggio dall’imposta sul reddito a quella sulle società per i redditi da capitale guadagnati da non residenti. Infine, ci attendiamo l’aumento dell’imposta di bollo per gli individui e le società non residenti nel Regno Unito che acquistano abitazioni di proprietà in Inghilterra e Irlanda del Nord».

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